Così è (se vi pare)

Il disprezzo dei piaceri: la nostra felicità


     La nostra felicità può essere anche definita altrimenti, nel senso che lo stesso concetto può essere espresso con parole diverse.(…) E, quindi, sarà lo stesso se dirò: "Il sommo bene è l'animo che disprezza i doni della fortuna e si compiace della virtù" oppure: "È un'indomita forza d'animo, esperta delle cose, serena nell'azione, dotata di grande umanità e sollecitudine nei riguardi degli altri". Ma si può definire ancora dicendo felice quell'uomo per il quale il bene e il male non sono se non un animo buono o un animo cattivo, che pratica l'onestà, che si compiace della virtù, che non si lascia esaltare né abbattere dagli eventi fortuiti, che non conosce altro bene più grande di quello che lui stesso è in grado di procurarsi, per cui il piacere più vero sarà il disprezzo dei piaceri. E se vuoi dilungarti, si può ancora presentare lo stesso concetto sotto vari e diversi aspetti, lasciandone intatto il valore; che cosa, infatti, ci vieta di dire che la felicità consiste in un animo libero, elevato, intrepido, saldo, che lascia fuori di sé timore e bramosia, che considera unico bene l'onestà e unico male la turpitudine e tutto il resto un vile coacervo di cose che non tolgono né aggiungono nulla a una vita felice e che possono venire o andarsene senza accrescere o diminuire il sommo bene? . 
. A un comportamento così saldo, si voglia o no, seguirà una ininterrotta serenità e una profonda letizia che nasce dall'intimo, perché si rallegra di quel che ha e non desidera nulla di più di quanto le è proprio. Ebbene, tutto questo non ripaga ampiamente i meschini, futili, effimeri moti del nostro fragile corpo? Il giorno in cui si sarà schiavi del piacere lo si sarà anche del dolore; e tu vedi a quale spietata e funesta schiavitù dovrà soggiacere colui che sarà posseduto alternativamente dai piaceri e dai dolori, i più capricciosi e dispotici dei padroni; quindi bisogna trovare un varco verso la libertà. E nessun'altra cosa può darcela se non l'indifferenza nei riguardi della sorte: allora nascerà quel bene inestimabile, la pace della mente che si sente al sicuro, e l'elevazione spirituale, e, una volta scacciati i timori, dalla conoscenza del vero una gioia grande e immutabile e l'amabilità e la disponibilità dell'animo, che di queste cose godrà non in quanto beni, ma in quanto nate da un bene che è suo proprio.  Seneca, De vita beata, (I sec. d. C.)