VOLANTINAGGIO

CATTIVO USO DELLA MEMORIA


Nel giorno in cui veniamo, per così dire, indotti (non senza interventi, in qualche modo, coercitivi da parte dei media ), a richiamare alla mente le vicissitudini di un popolo, che, oltre 70 anni fa, subì, in Europa, un’orrenda persecuzione per questioni razziali, io comincio a manifestare una certa sensazione di disagio. E giustifico questo mio malessere portando come esempio altre vicende di egual efferatezza, in cui né i discendenti delle vittime di allora né gli appartenenti allo stesso gruppo etnico si sono mai spesi in maniera tanto insistente ed ingombrante nel sollecitare attenzione riconoscimento e condanna, da parte dell’intero globo terracqueo, per quanto subìto in determinate circostanze storiche (penso al genocidio degli armeni ad opera della Turchia di inizio-‘900…; penso ai musulmani di Bosnia-Erzegovina massacrati, in tempi molto più recenti, da Serbi e Croati…; penso ai molteplici altri casi che potrebbero essere citati, rovistando nel museo degli orrori del mondo…). Perché, se c’è oggi un paese che non può permettersi di piagnucolare, pretendendo comprensione e assoluzione indiscusse, per tutti i misfatti che, da sempre, compie ai danni dei suoi confinanti (e non solo…), quello è Israele. Se lo fa, in nome delle traversìe patite dal popolo ebraico nei ghetti, nei vagoni della morte, nei campi di concentramento, dovrebbe anche guardare alla condizione di chi, per causa sua, non dispone di una terra, di uno stato, di un futuro. Se, poi, è, ancora una volta, la propria esistenza ad esser messa in discussione, vale la pena ricordare a quanti sono soliti trarre conclusioni affrettate che la presenza di Israele in Palestina è frutto di un indiscutibile atto di usurpazione ai danni delle popolazioni arabe che, da centinaia di anni, abitavano quelle lande, comminato con la complicità e l’influenza delle potenze coloniali del secolo scorso. L’aggressività e l’arroganza di Israele nel rivendicare il diritto ad impossessarsi di sempre crescenti porzioni di territorio palestinese per edificarvi alloggi per gl’immigranti di fede ebraica, nonché di pretendere dalla comunità internazionale il riconoscimento di Gerusalemme come propria capitale dovrebbero essere riguardati come un mero attentato alla pace mondiale, e, di fatto, come il problema nella mai raggiunta stabilità di quell’area. Lecito, quindi, tener viva la memoria, purchè questo avvenga senza enfasi mediatica, e soprattutto non faccia perdere di vista il presente, ben lungi dall’aver mostrato giustificazioni plausibili al contegno di Israele e dei suoi governanti.