arancione

Post N° 569


Giovanna e MeredithAltri due fiori calpestati e lasciati nel fango, strappati da quella mano che per natura dovrebbe accarezzare, proteggere, aiutare.Che uomo è quello che con la sua forza approfitta di una donna più debole? la violenta, la stupra, la uccide spegnendo per sempre quel sorriso , quello sguardo fiducioso e aperto alla vita.Chi sei per poterti arrogare questo diritto?Perché sempre questa cieca violenza su donne indifese ?Resto sgomenta e senza parole, non c’è rispetto, non c’è morale.l’efferatezza, la mancanza di pietas pare siano all’ordine del giorno ormai ;laddove dovrebbe esserci civiltà c’è invece la violenza più brutalee per la prima volta ho provato anche io un brivido di paura.--------------------------voglio riportare qui la risposta di gianor, trovo che sia davvero da leggere Ma non solo la violenza contro le donne è sessuata. Anche le esplosioni di violenza che segnano la cronaca quotidiana delle nostre città parlano di uomini che uccidono per un banale diverbio, che sterminano la famiglia dopo un licenziamento o per un conflitto economico. Anche in questo caso si tratta di una violenza fatta da uomini strettamente legata al loro essere uomini. Un uomo che subisca un’offesa, perde l’onore su cui si fonda la sua virilità. Non può sopportarlo, come non può sopportare una donna che gli dica di no o che lo lasci. Ogni storia ha una svolta quando quella donna smette di essere e di percepirsi vittima, la donna picchiata che chiede il divorzio, la ragazza rumena che denuncia il suo “protettore”. Eppure la legge, l’immagine televisiva, il senso comune continuano a vederle vittime: donne e bambini bisognosi di tutela più che portatrici di diritti. Le donne vittime e gli autori di violenza ridotti a marginalità, devianza, patologia. Resta invisibile il sottile filo che lega tutti alla comune appartenenza a un universo maschile, comune nella sua variabilità. Che immagine del maschile emerge da queste storie? Uomini incapaci di stare in una relazione con una donna riconoscendone l’autonomia e la libertà e portati a esprimere la propria frustrazione in una violenza che paradossalmente diviene misura della propria passione o del proprio dolore. Non basta denunciare la violenza, non basta stigmatizzarla, ridurre in una prospettiva di “civilizzazione dei costumi” quella che è invece, per me, una domanda di senso sulle relazioni tra le persone e degli uomini con se stessi. Non possiamo combattere la violenza con il richiamo a una virilità che ne è stretta complice ridefinendo un ordine che interdica il “naturale istinto predatorio maschile” o ne regoli l'espressione, ma esplorare, reinventare e rivivere questo desiderio, senza rinunciarvi. Costringere una donna ad un rapporto sessuale, comprare sesso lungo un viale di periferia, vivere la sessualità come il portato di un bisogno fisiologico “basso” e per sua natura predatoria: cosa mi dicono queste cose, oltre alla dimensione di violenza che le segna e all’inscindibile legame col potere, se non una desolante miseria? Dobbiamo riuscire a leggere questa miseria e proporre a noi e agli altri uomini un’altra vita, un’altra qualità delle relazioni e della sessualità. Per uscire dalla violenza, ma anche per noi.E la politica è un nesso necessario.Dolce giorno.Gian