ricomincio da quì

Ipocrisie di un natale che non è più...


Cosa ci sta accadendo? Dove stiamo andando? Cosa stiamo cercando?In questi giorni di frenesia collettiva rido e piango più del solito. Rido guardando il mondo degli “esseri umani” correre senza sapere dov’è diretto. Piango pensando che di umano c’è ben poco. In mezzo al delirio collettivo, mi sento come un cane che tenta di attraversare la strada sulle strisce pedonali (ho notato che i cani sono gli unici ad usarle), quasi per istinto di sopravvivenza,  mentre rischia di essere travolto da auto che non hanno un cuore e un cervello esattamente come chi le conduce.  Mi sento come un gatto che rovista nei cassonetti e salta fuori all’improvviso rischiando di morire nell’indifferenza comune. Non c’è tempo, non un destino, non c’è fede. Non c’è niente. Io il natale spesso l’ho trascorso fuori, lontano migliaia  di miglia dalle uniche persone che amavo e che mi amavano. Ho sentito davvero la solitudine più misera e schifosa, quella che una volta entrata dentro di te non ti abbandonerà mai per il resto della tua vita. Strano il natale a Cartagena de Indias, a maniche corte, in giro per le spiagge e la città vecchia, mentre freddo e pioggia gelida lambivano le case dei miei cari, della mia Italia. Strano vedere persone denutrite in Tanzania quando, nella stessa notte,  c’era chi si abbuffava del superfluo fino a stare male, proprio mentre gli occhi di un bimbo mi imploravano per ricevere tra le mani “solo” una mela o un tozzo di pane. Dentro provavo vergogna per l’unico pasto fugace che avevo consumato in tutta la giornata, nel riposo tra i turni di guardia, nonostante avessi prelevato qualcosa dalla cambusa anche per quegli occhi e per quelli di chi, come quell’anima innocente, mi supplicava ingiustamente. Nessuno dovrebbe supplicare qualcun’altro per poter vivere. Nessuno.Umani, razza in pericolo di estinzione.Ad accogliermi al mio rientro c’era la gioia dei miei, la voglia di raccontarsi e di condividere l’incondivisibile attraverso foto, parole e ricordi che sarebbero appartenuti per sempre solo a chi li aveva vissuti. Il contatto fisico era una sorta di sosta di rifornimento al distributore della felicità e dell’amore vero, di un carburante che bruciando produceva solo gioia e serenità. Era come ritornare bambino a Natale di qualche anno fa, anche in pieno agosto, senza le strenne e le canzoncine, senza le poesie e gli auguri, con gli abiti leggeri ed i cappotti ben conservati e appesi a riposare negli armadi. Natale era tutto l’anno. Della notte tra il 24 e il 25 dicembre ricordo la messa notturna, l’attesa di babbo natale con un occhio chiuso ed uno aperto per scoprire l’impossibile, l’attesa di un dono modesto e stupendo nella sua semplicità (potevano essere anche solo dei quaderni nuovi per la scuola), la possibilità di vedere i cuginetti e gli altri bambini come me che non vedevo durante il resto dell’anno. La sorpresa e lo stupore prima di tutto. Magia.Con il passare degli anni io ho maturato un percorso interiore che mi ha portato lontano fisicamente e spiritualmente da certi ambienti, ho raggiunto delle consapevolezze e dei traguardi non necessariamente materiali. Non sono cattolico e non credo in nessuna religione. Ma il presepe e l’albero, quando ero a casa, ero io a farli e a prendermene cura. Ne rispetto il significato vero, oltre alla tradizione e ai ricordi ad essi legati. Questo è per me il vero Natale, non un natale qualunque.Un mese fa tante parole inutili per accusare o difendere un pezzo di legno e plastica e non il suo valore reale, quello che dovrebbe renderlo meno impersonale. Il Crocefisso.  Si lottava a suon di insulti per mantenere o cancellare il diritto per quell’oggetto di occupare qualche centimetro quadrato sui muri. C’era chi si scagliava contro gli stranieri e le loro usanze senza sapere che in Italia ci sono italiani che pagano le tasse come me e che come me magari non partecipavano alla rissa ritenendola inutile e sterile, nel rispetto di cose non rispettate da chi avrebbe dovuto farlo, senza capire che è davvero assurdo entrare in un aula di giustizia e trovare il crocefisso sopra la scritta “la legge è uguale per tutti”. Ed ora? Accusatori e difensori occupati nella scelta di vacanze dell’ultima ora, di regali senza un’ anima, di cose inutili, troppo distratti da altro per potersi occupare di simili ”sciocchezze” e di qualsiasi avvenimento, positivo o negativo, che l’anno che sta per passare ha consegnato alle nostre menti e alla storia, degli stessi accadimenti per cui si finge di mobilitarsi salvo dimenticarsene dopo due o forse tre giorni. Tutto scuote le coscienze e tutto, con la stessa facilità, scivola via come fa la pioggia su un impermeabile. Più che freddi auguri di circostanza, vorrei che ognuno si augurasse la possibilità di fare autocritica, fuori da ogni stereotipo, moda assurda, pregiudizio, fobia, credenza, ingerenza esterna o convinzione. Vorrei che l’utopia di un mondo meno complicato e meglio abitato potesse prendere corpo dal microcosmo di giustizia e diimpegno sociale che ognuno di noi può costruire attorno a se, senza inveire contro chi la pensa diversamente, senza sfoderare l’inutile arma dell’appartenenza politica o religiosa, pensando che in fondo, alla nascita, abbiamo tutti due occhi, due braccia, due gambe, un cervello (che pochi useranno da adulti), un cuore e tanto altro ancora. Proprio come quel bambino divenuto così famoso, che dicono sia nato in una notte di oltre 2000 anni fa e che ancora fa discutere di se nel bene o nel male. Io mi auguro di ritrovare un pò di serenità ed è questo che auguro anche a voi, tanta serenità!