La libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli non è più quella di una volta. Quando ero giovane (tre-quattro anni fa) era frequentata da persone interessate a libri e incontri culturali, giovani coppie che portavano i bambini ai laboratori di lettura e signore anziane che leggevano romanzi in lingua.Sabato scorso volevo trascorrere un pomeriggio culturale con il colui, e siamo andati fiduciosi alla “Feltrinelli grande”, come la chiamano i napoletani. Era piena come un uovo: orde di ragazzini che sciamavano dai libri dei comici agli stand dei calendari; mocciosi aggrappati alle colonne pur di non andare nella zona bambini; coppie dallo sguardo smarrito, della serie “Me l’immaginavo con più mobili, l’Ikea”. E soprattutto, la specie aborrita dalla webmater: gli occupanti di divani. Sempre quando ero giovane, trascorrevo intere “giornate Feltrinelli”, sui santi e benedetti divani di pelle, con una pila di libri affianco e qualche pausa caffè. Ho letto uno sproposito di libri che non avrei mai comprato, e ho comprato più libri di quelli che avrei mai pensato, spronata dalla lettura. Adesso è un’impresa trovare un posto libero, visto che i divani sono sempre occupati da gente intenta a far riposare il proprio culone. Sguardo perso nel vuoto e piedi allungati, giusto per dare fastidio anche a quelli che non vogliono sedersi. E non è che si riposano e ripartono. No, stanno piazzati lì almeno un’oretta.Oppure, ci sono quelli che stanno aspettando qualcuno, e si piazzano sul divano sfogliando libri senza leggerli e consultando in continuazione il cellulare. MI è toccato un incontro troppo ravvicinato con uno di questi esemplari: l’unico posto libero è vicino ad una signora over50, lunghe unghie laccate di rosso, bionda innaturale, suoneria del cellulare più rumorosa di una banda di bersaglieri.Sfoglia libri immortali tipo “Chocolat”, leggendone molto lentamente solo il primo e l’ultimo capitolo. Dopo aver fatto lo stesso giochetto con un altro paio di libri, fa per alzarsi; io guardo speranzosa verso il colui, che vaga per la libreria alla ricerca di un posticino. Lei capta il mio sguardo, si gira verso di me e mi dice con espressione gioiosa: “Ma io non me ne sto andando, vado solo in bagno! Ci aveva sperato, eh? aveva coltivato la speranza!! ”e ride con soddisfazione. Immedatamente dopo, con lo stesso tono gaio: “Mi guarda la borsetta?” E trotterella verso il bagno.A quel punto, ho avuto un impulso irresistibile di prendere la borsetta, svuotarla sul pavimento, ballare sopra il suo contenuto e andare via. Invece, mi sono limitata ad alzarmi brontolando.Mentre giro per la libreria predicando ancora contro la signora, noto che ci sono un sacco di persone con cani. E’ una cosa che non mi piace; oltre alla mia antipatia personale per i cani, non mi pare mica tanto igienico, considerando che ci sono molti bambini. Anche se si tratta di qualche yorkshire e qualche cosino peloso alto trenta centimetri. Figuratevi la mia reazione quando vedo una signora alta, anzi bassa un metro e quaranta con una graziosa cordicella in mano, alla cui estremità è attaccato un pastore tedesco grosso come pochi altri. Guinzaglio, museruola? Macchè. La tipa incrocia il mio sguardo irato e fa fare un passo avanti al cane, come a dire “Prova a venirmi vicino che ci divertiamo”, e si percorre, metro dopo metro, TUTTA la libreria, tutti e tre i piani, con il bestione al lato.Giuro che la prossima volta che vado alla Feltrinelli mi porto al guinzaglio un cavallo, e guai a chi osa dirmi qualcosa.
Del declino della Feltrinelli.
La libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli non è più quella di una volta. Quando ero giovane (tre-quattro anni fa) era frequentata da persone interessate a libri e incontri culturali, giovani coppie che portavano i bambini ai laboratori di lettura e signore anziane che leggevano romanzi in lingua.Sabato scorso volevo trascorrere un pomeriggio culturale con il colui, e siamo andati fiduciosi alla “Feltrinelli grande”, come la chiamano i napoletani. Era piena come un uovo: orde di ragazzini che sciamavano dai libri dei comici agli stand dei calendari; mocciosi aggrappati alle colonne pur di non andare nella zona bambini; coppie dallo sguardo smarrito, della serie “Me l’immaginavo con più mobili, l’Ikea”. E soprattutto, la specie aborrita dalla webmater: gli occupanti di divani. Sempre quando ero giovane, trascorrevo intere “giornate Feltrinelli”, sui santi e benedetti divani di pelle, con una pila di libri affianco e qualche pausa caffè. Ho letto uno sproposito di libri che non avrei mai comprato, e ho comprato più libri di quelli che avrei mai pensato, spronata dalla lettura. Adesso è un’impresa trovare un posto libero, visto che i divani sono sempre occupati da gente intenta a far riposare il proprio culone. Sguardo perso nel vuoto e piedi allungati, giusto per dare fastidio anche a quelli che non vogliono sedersi. E non è che si riposano e ripartono. No, stanno piazzati lì almeno un’oretta.Oppure, ci sono quelli che stanno aspettando qualcuno, e si piazzano sul divano sfogliando libri senza leggerli e consultando in continuazione il cellulare. MI è toccato un incontro troppo ravvicinato con uno di questi esemplari: l’unico posto libero è vicino ad una signora over50, lunghe unghie laccate di rosso, bionda innaturale, suoneria del cellulare più rumorosa di una banda di bersaglieri.Sfoglia libri immortali tipo “Chocolat”, leggendone molto lentamente solo il primo e l’ultimo capitolo. Dopo aver fatto lo stesso giochetto con un altro paio di libri, fa per alzarsi; io guardo speranzosa verso il colui, che vaga per la libreria alla ricerca di un posticino. Lei capta il mio sguardo, si gira verso di me e mi dice con espressione gioiosa: “Ma io non me ne sto andando, vado solo in bagno! Ci aveva sperato, eh? aveva coltivato la speranza!! ”e ride con soddisfazione. Immedatamente dopo, con lo stesso tono gaio: “Mi guarda la borsetta?” E trotterella verso il bagno.A quel punto, ho avuto un impulso irresistibile di prendere la borsetta, svuotarla sul pavimento, ballare sopra il suo contenuto e andare via. Invece, mi sono limitata ad alzarmi brontolando.Mentre giro per la libreria predicando ancora contro la signora, noto che ci sono un sacco di persone con cani. E’ una cosa che non mi piace; oltre alla mia antipatia personale per i cani, non mi pare mica tanto igienico, considerando che ci sono molti bambini. Anche se si tratta di qualche yorkshire e qualche cosino peloso alto trenta centimetri. Figuratevi la mia reazione quando vedo una signora alta, anzi bassa un metro e quaranta con una graziosa cordicella in mano, alla cui estremità è attaccato un pastore tedesco grosso come pochi altri. Guinzaglio, museruola? Macchè. La tipa incrocia il mio sguardo irato e fa fare un passo avanti al cane, come a dire “Prova a venirmi vicino che ci divertiamo”, e si percorre, metro dopo metro, TUTTA la libreria, tutti e tre i piani, con il bestione al lato.Giuro che la prossima volta che vado alla Feltrinelli mi porto al guinzaglio un cavallo, e guai a chi osa dirmi qualcosa.