Signora mia

Di Hugh Grant canterino


Sabato sera in Cilento a casa dei miei, già posizionati in poltrona a guardare Notti sul ghiaccio. Mia sorella e io abbiamo compassione l’una dell’altra e ci portiamo reciprocamente al cinema.  La scelta cade su Scrivimi una canzone (titolo originale Music and Lyrics) con Hugh Grant e Drew Barrymore.Il cinema dove andiamo (sala unica, ovviamente) è un corridoio: lungo e stretto, file composte da sette poltrone sette, che affacciano sullo schermo più piccolo del mondo. Rivestimenti, acustica, colori e qualità della proiezione portano ad uno strabiliante viaggio nel tempo: sembra di stare negli anni ’70- inizio anni ‘80, quando presumibilmente la sala è stata costruita, nella sua originaria funzione di cinema porno. L’atmosfera d’annata  ha comunque il merito di immergere lo spettatore nel film, che narra le vicissitudini di un’ex stella del pop anni ’80, interpretata da Hugh Grant. Il suo personaggio, Alex Fletcher, ha avuto un grosso, effimero successo negli anni ’80 con la band Pop! (la sua figura mi sembra ricalcata su Andrew Ridgeley dei Wham! -per intenderci, quello dei due che non era George Michael-). Vivacchia esibendosi in fiere agricole e riunioni di liceo per un pubblico di nostalgiche. Gli arriva un’importante opportunità di riscatto quando una diva del momento, Cora, gli propone di scrivere una canzone per lei (Cora è invece un patchwork di Christina Aguilera, Britney Spears e Shakira: piuttosto inquietante). Lui non è in grado di comporla e lo aiuta Sophie Fisher (Drew Barrymore), una ragazza strampalata e talentuosa. I due – che ovviamente finiscono ad amoreggiare sotto il pianoforte - compongono la canzone, che piace a Cora, la quale però intende snaturarne lo spirito con improbabili inserti sexy- buddisti (giuro). Questo provoca la scissione della coppia Alex –Sophie perché lei è troppo pura per accettare le ciniche regole del mercato (giuro anche stavolta). State comunque tranquilli perché l’happy end giunge inevitabile come la ghigliottina per Maria Antonietta.La trama è, con tutta evidenza, esile e prevedibile. Soprendentemente, però, il film è carino e funziona. Credo che questo sia dovuto in primo luogo alla bravura degli attori. Hugh Grant è fantastico nel (solito) ruolo dell’uomo simpatico e disincantato che riscopre le emozioni, e ha un ottimo feeling con Drew Barrymore, specializzata in ruoli di fanciulle svaporate e geniali.Il secondo motivo per cui il film si può vedere è la rievocazione degli anni ’80. Il videoclip iniziale
vale da solo il prezzo del biglietto: Hugh Grant, ringiovanito e messo sotto un notevole toupet, canta con gli altri componenti del gruppo Pop! la loro hit Pop!goes my heart. Un tripudio di citazioni, parodie e strizzate d’occhio ai clip anni’80, che si ripropone nel corso del film, che cerca di mettere in ridicolo del revisionismo musicale e della piattezza del pop di oggi. In più, Hugh Grant canta sul serio, e non è così male.I limiti del film sono altrettanto evidenti: tanto per dire, la canzone su cui si incentra la trama  è una melassa allucinante. Inoltre non si capisce perché i versi composti nel corso del film siano proposti in un’orripilante traduzione italiana, mentre quando alla fine il brano viene cantato  da Cora e Alex in un concerto, è in inglese con i sottotitoli. Sottotitoli che, peraltro, NON ENTRAVANO sul suddetto schermo più piccolo del mondo. Per chi capiva l’inglese, bene: per gli altri è restato un mistero come mai Drew Barrymore sia tornata indietro con le lacrime agli occhi.Insomma, si esce dal cinema con allegre canzoncine simil anni ’80 in testa, e soprattutto con la consolante convinzione che ci sono uomini come Hugh Grant- davvero spettacolare per bellezza e ancheggiamenti-, che migliorano con l’età. Ragazze, c’è speranza.