Signora mia

Imparare a insegnare - II- i professori


Pioggia e vento, l’emergenza spazzatura, fulmini e tempeste, la rielezione di Berlusconi: nessuna calamità più o meno naturale impedisce lo svolgimento dei corsi SIS  (specializzazione per l’insegnamento dell’inglese) che frequento da qualche mese.Le 3 ore di lezione che ne valgono 4 (mistero esplorato qui) sono tenute da professori universitari, di indubbia preparazione, chiara fama e sfavillanti caratteristiche. Ci sono diverse tipologie: Il giovin professore. Circa trentacinque anni, molto preparato e altrettanto cordiale, strega la platea per l’aspetto stropicciato, la barba bionda di un paio di giorni e uno sfolgorante paio di occhi azzurri, di cui pare essere del tutto inconsapevole. Dal primo giorno di corso popola i sogni erotici di diverse studentesse: alla fine del corso, anche quelli degli studenti, dal momento che agli esami si è rigorosamente attenuto al 30 politico. 
Il vecchino salterino. Madrelingua inglese, ha settant’anni, cinquanta dei quali passati ad insegnare. Dotato di una folta, scomposta chioma bianca, veste in modo inappuntabile, con l’orologio sul polsino della camicia; appena entrato in classe incute un po’ disoggezione, ma bastano due parole, un sorriso e quattro salti perché tutto si chiarisca: è appena arrivato da un tè con il Cappellaio Matto.Un passato di attore alle spalle, incanta la platea per tutta la lezione, e alla fine ci si rende conto di aver anche imparato qualcosa. Voci di corridoio dicono che tra gli esaminatori ci sia anche lo Stregatto, e, dopo due ore di lezione con lui sembra un’ipotesi più che probabile. Lo psicologo newage. Cinquantenne dal cranio rasato e dal sorriso in apparenza gentile: in realtà è un’emiparesi facciale. Assolutamente negato per l’insegnamento, trascorre le 25 ore del suo modulo (che tratterebbe della psicologia dello sviluppo) discettando di  varie amenità, tra cui:-           Il fatto che da quando è diventato buddista non si ammala più;-          da quando ascolta musica newage gli si è aperto non so che chakra precedentemente intasato;-          sono cinque anni che è buddista e finalmente a Natale ha trovato il coraggio di dire a sua madre che (cito testualmente) “Non voglio più bene a Gesù ma a Buddha”; -          che il suo eroe preferito è Siddharta, insieme al Gabbiano Jonathan Livingston (che, per inciso, è uno degli uccellacci letterari più aborriti dalla vostra webmater);-          che dedica diverse ore al dì alla masturbazione;-          che ritiene anche la musica pop una forma d’arte (ed è restato molto deluso quando nessuno ha fatto una piega a questa scandalosa rivelazione); E fin qui potrebbe anche andar bene, tutto sommato; in fondo sono le sue opinioni. Ma se uno psicologo che si occupa di adolescenti si dichiara orgogliosamente omofobo? E se racconta di aver cominciato a fare consulenze alle coppie mentre si separava tragicamente dalla moglie? E se annuncia di non seguire persone troppo cattoliche perché “il cattolicesimo va contro i miei principi buddisti”? Mai incontrato uno psicologo con tale bisogno di andare da uno psicologo.  (Preciso alle mie lettrici psicologhe e/o buddiste che ho grande stima di entrambe le categorie: anche dopo quest’incontro). La strega di Macbeth. Docente di mezza età, dalla voce flautata in pubblico e tagliente se si rivolge a un singolo studente, distribuisce voti rigorosamente a casaccio, secondo le proprie simpatie. Esordisce dicendo che ha insegnato alle scuole superiori un paio di mesi trent’anni fa, e procede a spiegare come si insegna alle superiori. La sua idea di “far apprendere divertendosi” è quella di proporre ai liceali un’analisi metrica di una ballata medievale scozzese, da paragonare poi (strizzata d’occhio perché sta per svelare un trucco di quelli col botto) a una misconosciuta canzone di Bob Dylan, degli anni ’70. Mi chiedo: con cosa mi colpiranno i miei studenti quindicenni davanti a Bob Dylan, se quando comincerò ad insegnare sarà  fuori moda perfino High School Musical? L’intellettuale insospettabile. Sessantenne, piccola e tonda come una matrioska, ha un’eccezionale proprietà di linguaggio che, unita a un’ottima preparazione e a una forte tendenza alla logorrea, le consente di parlare ininterrottamente di qualsiasi argomento, dalla cultura popolare inglese alla fila alle Poste di Firenze – esclusa ogi attinenza con la didattica, of course –. Dipinge con le parole la rivoluzione inglese del 1688, ti porta per mano attraverso il movimento beat, ti presenta Copernico e Galileo come non li avevi mai visti. La lezione scorre veloce e interessante, ma la parte migliore deve ancora arrivare. Al momento di andare via si alza rivelando di indossare un pantalone con la cerniera completamente aperta, da cui fa capolino un mutandone bianchissimo, altezza ombelico. Continuando a discettare di struttura profonda della letteratura, trattiene il fiato, tira su la zip, saluta e va via. Questo sì che è stato un momento formativo.