Signora mia

Silver Plated


Non che Acciaio, superpremiato bestseller dell'esordiente Silvia Avallone, sia scritto male, e l'idea
non era nemmeno malvagia: narrare cosa succede nei condomini-alveari di Piombino, città faticosamente industriale in un mondo post-industriale. Peccato che il punto di vista scelto sia essenzialmente quello del buco della serratura, con un indugiare morboso sulla poco credibile sessualità di di due tredicenni e sui loro sgangherati nuclei familiari. Famiglie dove non ci si fa mancare niente, ché questi poveri o sono piccoli criminali, o drogati, o violenti signora mia. E quindi o finiscono in galera, o si prostituiscono o fanno un incidente sul lavoro...che tempi, mia cara, che tempi... altro tè? La venticinquenne Silvia Avallone è troppo giovane e socialmente lontana per sapere di cosa stia davvero parlando (non che io lo sappia meglio di lei, ma almeno non ho provato a raccontare stereotipi da lotta proletaria ). Così la sua intenzione di spietata denuncia sociale diventa uno sguardo da dama di carità in visita nei bassifondi. Personaggi tagliati con l'accetta, incongruenze narrative, cliché (se tuo padre ti picchia diventi lesbica perché odi tutti gli uomini, se sei del Sud sei una moglie sottomessa eccetera), parolacce intese come flusso di coscienza.E dopo quest'eccitante immersione in mezzo ai proletari, la nostra  autrice  torna nella sua villetta a servire pasticcini agli amici editori su un bel vassoio di silver plated.