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Il sequestro Moro visto dagli americani, un filmaccio da vedere. Quando, nel bel mezzo del pathos, è spuntato Fabio Traversa nei panni di un capo brigatista (il "triste squallido" di Ecce Bombo, per intenderci) non ho potuto fare a meno di ridere: è il limite di molti attori, soprattutto italiani, caratteristi loro malgrado ed incapaci per questo di uscire dai ruoli impostigli da chi prima li usa e poi li getta (vedi Moretti, Verdone). Qualche spunto è però interessante, considerato l'anno di uscita: il 1991. In un paese come l'Italia, telecomandato a distanza, è addirittura probabile che la verità - o la cosa più simile ad essa - possa venire proprio dall'estero. Meglio ancora se dagli Stati Uniti, paese in cui il sequestro Moro è stato prima concepito e poi pianificato. Assolutamente improbabili gesta e atteggiamenti brigatisti, incarnati dall'uomo coi pugni in faccia, Lou Castel, e da quel poveraccio di Mattia Sbragia, capro dimostrativo di una generazione di illusi e col phisique du role del perfetto brigatista (vedi Il Caso Moro e Guido che sfidò le Brigate Rosse). Su Valeria Golino nulla da dire, è stata più che distrutta in altre sedi; sorprende più che altro l'enorme sproporzione tra quantità e qualità del suo Cinema, mai si era vista attrice così pessima lavorare tanto con firme pure prestigiose (Montaldo, Salvatores). Viene da pensare: dov'è finita la Magnani? Ah già, è morta.