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X-Factor: stendiamo un velo pietoso

Post n°9 pubblicato il 28 Maggio 2008 da jungle.rain

E’ terminato ieri, con la vittoria di un gruppo vocale chiamato Aram Quartet, il cosiddetto “talent show” X Factor. Non volevo aprirmi a considerazioni al riguardo, ma credo che, dato che ne parlano tutti, anche io sia in dovere di scriverci qualcosa su. Ci sarebbero mille cose da dire, ma mi limiterò a prendere in esame soltanto le più eclatanti.

I quattro finalisti, Tony (il giovane con le gambe paffute e il labbro oscillante), gli Aram Quartet, Emanuele e Giusy (la donna con un ascesso tonsillare perenne) sono stati da subito definiti “artisti”: ma non credete che per essere artisti serva qualcosa di più? Cercherò di essere più chiaro: conoscete Yngwie Malmsteen, il grande chitarrista? Facendo un veloce giro su Youtube quanti video di ragazzini di età compresa tra i 15 e i 18 anni vedete rifare suoi grandi classici in maniera impeccabile? Eppure l’artista è solo l’abbondante Malmsteen, perché LUI ha inventato quelle canzoni, quell’armonia, quello stile, insomma: lui ha creato, gli altri hanno solo copiato. E’ per questo semplicissimo motivo che per me i 4 finalisti di X Factor, come stanno a tutt’oggi le cose, non possono essere considerati artisti. Hanno fatto solo cover nell’arco delle 12 settimane del programma, e per prepararsi ad esse sono stati anche assistiti da vocal coaches di grande fama (come per esempio il nostro Michele Fischietti, amico di Jungle). Nella finale, quando dovevano mostrare davvero quanto valevano, l’unico a presentarsi con la farina del suo sacco è stato Emanuele Dabbono (anch’egli amico ufficiale e supporter del nostro portale), ragazzo che guarda il caso aveva una band alle spalle con tanti live nei locali più ignorati del globo. Su di lui solo un fattore appare un po’ enigmatico: dice di aver scritto oltre 700 canzoni… non sarà un po’ esagerato? La notizia puzza di bufala!

Tornando agli inediti rimanenti, come la storia televisiva insegna sono stati tutti e 3 il frutto di pianificazioni di artisti più o meno affermati ed esperti di musica. Insomma, ancora una volta per i ragazzi acclamati come artisti il lavoro è consistito nell’eseguire opere altrui. Praticamente, hanno ancora una volta coverizzato cose non loro, seppur in maniera inedita. Che pena! E dire che di Artisti (con la A maiuscola) locali veri ce ne sono e anche molti… Il diciannovenne Tony, annunciato come un piccolo prodigio, potrebbe solo che far ridere a gruppi (sul per giù suoi coetanei) che cantano (egregiamente), scrivono e compongono pezzi  come per esempio Circle, Seniors, Despite I Bleed. La piccola Giusy (piccola nelle dimensioni, non nell’età), che ha il potere di far sembrare uguali un cowntry, un reggae e un heavy metal tanto è statica e noiosa, sembra essere l’unica donna sulla terra capace di coverizzare canzoni difficili (se Nancy Sinatra può essere considerata difficile); bè, personalmente io preferisco la nostra cara e sconosciuta Valentina Campanari dei Frozen Flower…  se non altro lei sa giungere a tonalità elevate e non ha una cornacchia in bocca quando pronuncia le parole! E se a Giusy la Ventura ha dato per la maggior parte canzoni che, come  direbbe lei, potrebbero essere definite “gigione”, la nostra zona può rispondere con la per niente scontata e ottimamente eseguita versione di Sweet Child O’ mine della sopra citata Valentina Campanari. Ma che volete farci, per le alte sfere italiane i veri artisti non sono le nostre bands, che sputano sangue e sudore lottando contro locali sempre più restii ad ospitarli per fare live, che scrivono canzoni bellissime e che cantano con grande maestria pur senza vocal coaches… sono ragazzi a cui vengono messe in bocca canzoni studiate a tavolino e a cui si impone finanche come muoversi sul palco!

E’ innegabile che gli Aram Quartet, vincitori di questo programma, abbiano (almeno per la metà) splendide voci e anche un pizzico di carisma, ma ancora non si può dire che essi siano artisti. Questo ce lo dirà solo il tempo. Anche se scettico al riguardo, non manco di augurargli tutta la fortuna possibile.

Prima di concludere tengo a focalizzare su un altro piccolo dettaglio riguardante il brano messo in scena proprio dal gruppo vincitore, scritto da uno dei giudici, Marco Castoldi (meglio conosciuto come Morgan). Quest’ultimo, come al suo solito pieno di citazioni illustri e rimandi famosi (non sempre esatti, come per esempio l’anno di vittoria al Festival di San Remo di “Per Elisa”… ma per fortuna che c’è la Maionchi a correggere!), definisce l’inedito da lui scritto un pezzo che potrebbe esser stato fatto dagli Who con un testo Orwelliano. Da una tale descrizione ci si aspetta davvero un capolavoro, e invece qualche secondo dopo ci si trova atterriti ad ascoltare un brano che, più che rimandare a George Orwell, sembra affondare le radici nel surrealismo: non si sa da che parte ascoltarlo! I quattro martiri selezionati cercano di interpretare lo scempio musicale come meglio possono, ma ogni tentativo sembra vano. Neanche le parole si salvano: la tanto gettonata frase “Chi beve solo acqua ha qualcosa da nascondere”, attorno alla quale il felino giudice (perché, a voi non sembrava un gatto?)diceva di aver incentrato tutta la sua eruditissima riflessione, era solo il primo ridicolo tassello di un testo raccapricciante. La bionda Ventura cerca di fargli notare questo piccolo dettaglio, ma Morgan stizzito ribatte che la altisonante frase è nientepocodimeno che di Charles Baudelaire, il più famoso tra i poeti maledetti francesi. Si Morgan, per carità, bella citazione, ma non te l’ha insegnato nessuno che le frasi assumono significato o meno in relazione al contesto in cui si trovano? Tu hai semplicemente appiccicato una frase normalissima (che in un contesto diverso sicuramente avrebbe assunto grande rilievo) in una canzone capace di far cadere le braccia in terra anche al più tenace degli ascoltatori!

Oltre a questo, come alcuni esperti hanno fatto notare, la (presunta) canzone sembra troppo nello stile Bluvertigo, dove per Bluvertigo non si intende l’ex gruppo musicale di Morgan, bensì l’antitesi stessa della musica, un flagello che il mondo artistico in toto sperava fosse terminato con la fine dell’arcaico gruppo del signor Marco Castoldi.

Molto altro ci sarebbe ancora da dire, ma dato che ritengo che l’argomento “X factor” riguardi poco o niente il mondo musicale credo sia meglio concludere qui. Ci si risente la prossima edizione (forse).

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 29/05/08 alle 20:25 via WEB
fai tanto quello esperto, ma almeno rain ha scritto tutte cose correttamente senza sbagliare nulla, tu invece che sai tutto di tutto, nemmeno sai che si scrive CLUSTER e non CLUSTERS! ignorante! grande rain, continua così fratello!
 
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Non si pone spesso attenzione sull’importanza delle radio nel veicolare e diffondere musica, eppure queste, pur non avendo più lo sconfinato potere di un tempo, continuano a detenere il coltello dalla parte del manico per ciò che riguarda i gusti della maggioranza delle persone. Al centro commerciale, in un negozio, a volte anche al lavoro, in macchina o in casa ciò che ci martella le orecchie sono i suoni che provengono dalle frequenze radiofoniche. Si sentono le stesse canzoni decine di volte, finchè quasi automaticamente si giunge a conoscerne a memoria il motivo.
Prestando un po’ di attenzione è facilissimo notare come le radio italiane in linea di massima selezionino i brani operando un vero e proprio “razzismo musicale”: un piccolo esempio? L’ossessività con cui vengono proposte canzoni di artisti come ad esempio Laura Pausini o Eros Ramazzotti, e la rarità con cui vengono fatte ascoltare le produzioni di gruppi invece famosi all’estero come Lacuna Coil o Linea 77… ma non solo! Per fare un esempio sugli artisti più gettonati abbiamo utilizzato due esempi italiani, ma forse ho un po’ sbagliato: la quantità di musica italiana che viene messa in onda è assolutamente irrisoria se paragonata a quella straniera. Molte stazioni si giustificano adducendo il pretesto che in Italia manca innovatività o uno stile personale: questa tesi è più che ovviamente falsa… basta pensare a gruppi come Subsonica o Bugo, assolutamente scartati dai programmi radiofonici!
Vi chiedete il perché le radio emarginino alcuni artisti, emancipandone altri? Bè, proviamo a darvi una risposta noi… perché si pensa troppo alla commercialità, all’orecchiabilità! A questo punto viene logico dire: “Le radio DEVONO pensare alle cose commerciali perché sono quelle che piacciono alla massa!”. Bè, a questa tesi sono da ribattere alcuni fatti storici: Elvis Prasely quando ancheggiò per la prima volta in tv era commerciale? Eppure è considerato il re della musica! E i Pink Floyd? Hanno rivoluzionato la musica! E con loro gente del calibro di Jim Morrison, Genesis, Nirvana…
Concludiamo con un augurio: che le radio la smettano con la loro dannata dittatura e inizino a dare spazio a tutti… dovrebbe essere veramente il pubblico a decretare chi merita fama e chi no, selezionando i propri artisti preferiti tra i molti che le radio dovrebbero mettere a disposizione di tutti gli uditori.

Rain, Laura Liguori

 

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