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La Casoria ricusata non la vuole più nessuno...


© foto di Micri ComunicationLa Corte d’Appello di Napoli è un Inferno in estate. Posta appena un piano sopra il Tribunale, ne rappresenta il salto di quantità in ogni senso. Sia estetico che morale. Deve essere vero che l’Inferno sia quel posto dove arrivi e nessuno sa darti le indicazioni. Giro i due livelli salendo le scale e sudando l’impossibile ma nessuno sa dirmi dove si trova. In quel momento. Neanche quelli che lo sanno. I gradini sono micidiali. Sono pure fertili, perché sembra che a ogni rampa figlino. Una volta fatti, possono darti anche l’ergastolo ma di scendere da lì non hai più voglia. E poi è un po’ come se il grosso della pena l’avessi già scontato. Incontri caldo e gente quietamente sudaticcia, legalmente disperata. Tanta che capisci perché in Italia si dica che le cause si vincano solo in Appello. L’aula dove si deciderà la ricusazione del Presidente Casoria è la 317, giusto un centinaio di numeri dalla 216 del processo che potrebbe amputare. Me la indica l’avvocato Russo, il sostituto di Vitiello, sempre il primo ad arrivare. Impeccabile ed educatissimo. Come sempre. Ci sono solo due avvocati cui ho visto fare la riverenza nelle aule. Uno è Trofino, l’altro è proprio Vitiello. Che la Juve abbia ingaggiato un potente notabile di onorata stirpe, lo si capisce anche da una Aula Vitiello spuntata un po’ a tradimento nei miei giri di perlustrazione per scacciare neon e tempo. Sono le dieci e l’udienza dovrebbe tenersi a mezzogiorno. Nell’aula 317 c’è come dicevo il secondo livello dei piccoli crimini cui sono abituato a mescolarmi al piano di sotto. In attesa si decida di discuter di pallone, un poverino vecchiettino al gabbio con le manette a bracciale passerà le ferie a Poggioreale dopo il rinvio a settembre del suo caso. Un altro ospite delle patrie galere invece è in pena per la confisca dei suoi beni e si scambia segnali in codice con la donna. Non guardo. In questi casi è meglio. Arrivano Trofino, Prioreschi e pure Moggi. Il direttore è di passaggio. Confabula coi suoi avvocati e se ne va. Intanto mezzogiorno è passato da un pezzo. Si teme un rinvio. L’ennesimo. Pare che come la volta scorsa manchi il relatore Di Girolamo. Me ne fa partecipe il braccio destro di Trofino, ragazzo in gamba, napoletano e juventino sfegatato. Il timore è che possano rinviare, e rinviare e ancora rinviare. Persino a dopo la sentenza. Possibile una ricusazione dopo la sentenza ? “Le vie della giurisprudenza sono infinite”. Trofino a un certo punto sbotta. Si fa largo tra gli avvocati dei clan con naturalezza. Come un pugile farfalla. Batte i pugni sul tavolo. Bisogna discutere della ricusazione, basta. Ok. La Corte decide per la camerale. La camerale è la riunione in Camera di Consiglio, ovvero mettersi tutti, avvocati, corte e parti in una stanzetta appena dietro l’aula. Seguo il gruppetto sino alla porta chiusa. Il cancelliere mi chiede perché sto lì e non devo inventarmi nulla. Sono un ex ragazzo sveglio. Basta che io pronunci il nome Trofino che a lui basta e avanza. Ci ritroviamo a fumare insieme nel piccolo strettoio che fa da corridoio. Fumiamo proprio sotto il cartello Vietato fumare. Origlio come un guardone. Poco ci manchi spii dal buco della serratura. Da dietro la porta sento solo due voci. Quella del Presidente, un po’ a chioccia, donna, tutte donne anche questo collegio. Quella di Trofino, spiccia, diretta e di diritto. Pare si voglia far acquisire un verbale di una udienza, quella del 15 Marzo. Son più di cento pagine. Trofino si rifiuta nettamente di leggere ‘sta roba. Non ne vuol sapere niente. Ad un certo punto sbotta. Dice che basta, è ora di finirla. Si riapre la porta. Mi dicono il procuratore ha chiesto il rigetto della ricusazione. Decisione al massimo entro cinque giorni. Pure le parti civili(quel simpatico della Federconsumatori di Campania, quello che non ha chiesto un euro), è messo a verbale, si associano. Ovviamente pure i difensori degli imputati. Insomma tutti. Le voci messe in giro da Lepore a mezzo Vitiello non erano dunque una trappola. Non c’è più un cane a voler ricusare la Casoria. Pure ci fosse ancora, non se l’è sentita di farsi le scale.