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Da Calciopoli a Imbrogliopoli...


di M. LancieriC’è un film che andrebbe fatto vedere a scuola: In the name of the father. Narra la storia (purtroppo) vera di un gruppo di persone che negli anni ’80 furono accusati e condannati ingiustamente per atti di terrorismo.Si trattava di un periodo particolarmente truce di attività dell’IRA e il popolo pretendeva un colpevole per l’esplosione di un pub in cui persero la vita 5 persone e ne rimasero ferite 65. La polizia si concentrò su un gruppo di squinternati e montò un castello di accuse che condussero alla condanna di 11 irlandesi per attività terroristica.Dopo molti anni, un detective riprese in mano il caso e scoprì che la polizia aveva mistificato la realtà, nascondendo prove e testimonianze a discarico dei “presunti colpevoli”. Il caso fu riaperto e i 10 superstiti (Giuseppe Conlon era nel frattempo morto in carcere) rimessi in libertà.Questa vicenda sconvolse l’opinione pubblica inglese a tal punto da costringere le istituzioni a rivedere tutte le procedure relative alle indagini sui presunti terroristi e a ridurre notevolmente il potere degli inquirenti nei confronti dei sospettati.Il film, tratto dal romanzo autobiografico di Gerry Conlon, è una lezione di vita. Quando lo vidi per la prima volta, cambiò la mia percezione sui fatti e il mio modo di pensare a coloro che la stampa ci serve come criminali su piatti d’argento.La storia ci insegna che il più delle volte chi è condannato per “volontà popolare” è innocente: basta pensare a quanto accadde 2000 anni fa a Gerusalemme.Senza volere mescolare sacro e profano o confondere una vicenda sportiva con un drammatico attentato, il processo che si sta celebrando a Napoli fa tornare alla mente la narrazione di Gerry Conlon. In pochi anni, siamo passati da Calciopoli, a Moggiopoli, a Farsopoli, fino all’ultima scoperta: Imbrogliopoli. Sono fasi diverse di una stessa vicenda, nella quale si disse inizialmente che andava fatta piazza pulita in un calcio diventato marcio, salvo poi concentrarsi su un gruppo ristretto di persone (Moggi su tutti) ed una sola squadra: la Juventus. Un club con una storia ultracentenaria di successi in Italia e nel mondo venne spazzato via in pochi giorni, grazie ad un “processo” da barzelletta celebrato nella hall di un hotel. Un’autentica farsa, che negli anni trascorsi nell’aula di Napoli si è rivelata essere qualcosa di peggio: un imbroglio. Non solo si è montato un processo senza alcun fondamento, ma ci si è addirittura preoccupati di rendere la vita impossibile alle difese. Una vicenda come questa meriterebbe titoli a nove colonne sulle prime pagine di tutti i quotidiani, non tanto per l’aspetto sportivo (che però sembra essere l’unico a stuzzicare le fantasie di gran parte degli italiani), quanto per la completa mancanza di etica di troppi protagonisti di questa vicenda.E invece… quegli stessi giornali che titolavano “Processateli” non più di 5 anni fa e che sventolavano i propri cappi, confondendo un paio di conversazioni private con una sentenza di condanna a morte, ora sembrano essere ammutoliti. Le vicende umane di persone che hanno perso anni di vita e, in alcuni casi, anche la salute, evidentemente non interessano a nessuno? Il popolo voleva le esecuzioni in piazza e le ha ottenute. Ora si scopre che i giustiziati non erano carnefici, ma vittime di un sistema autoreferenziale che ci ha imbrogliati per oltre un lustro. Ma sui giornali di queste cose è meglio non parlare: e allora avanti con il compleanno di Totti e i balletti della Canalis!http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1882