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La Stampa - "Quello che non sapete su Calciopoli". La verità dell'investigatore pentito ...


Fonte: di Guglielmo Buccheri per "La Stampa"
Ora che le sentenze di primo grado su Calciopoli sono in campo - 16 i condannati, 5 anni e 4 mesi la pena per Luciano Moggi, di un anno e 3 mesi quelle per Diego ed Andrea Della Valle e Claudio Lotito fuori dal processo, e in attesa dell’appello, c’è un mondo in movimento. Il calcio è impegnato a trovare una pace, oggi impossibile, fra chi è coinvolto nei fatti di cinque anni fa e chi, quei fatti, li vuole tenere distanti. E, una pace con se stesso, adesso, la vuole trovare anche chi quello scandalo l’ha vissuto dall’altra parte, ovvero con le cuffie in testa e un computer davanti agli occhi dove ascoltare le intercettazioni di Calciopoli.C’è un investigatore che parla, racconta, descrive i contorni più discussi del Grande Scandalo. Un investigatore dei dodici che si dividevano fra le migliaia di colloqui intercettati nelle stanze di via in Selci a Roma. «Eravamo dodici, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. Ma non pensate alle bobine di una volta: ci sono computer, entri con la password...e ognuno seguiva una singola utenza...Poi, alla fine, ogni sera, si faceva la riunione, io ho seguito questo, io quell’altro e alla fine ecco il resoconto...», così Roberto, nome di fantasia. La carta d’identità è sul tavolo: l’investigatore la fa vedere ad alcuni giornalisti e chiede che il suo nome non venga svelato sul giornale. Parla per voglia di verità e lo fa perché spera che qualche magistrato, magari quello dell’appello, lo chiami come teste. Per Roberto «alcune cose prima c’erano e sono sparite, altre non c’erano e sono comparse...». L’investigatore sente che è arrivato il momento (il suo) per fare chiarezza su alcuni passaggi dell’inchiesta, da lui svolta sotto gli ordini dei suoi superiori. Così, Roberto, si sofferma sulle sim svizzere («Quando vai ad intercettare una scheda straniera, in questo caso Svizzera, devi chiedere l’autorizzazione. E loro cosa hanno fatto? L’hanno chiesta, ma, nel frattempo, hanno già attaccato il telefono, ma, a quel telefono, non parlavano. In quindici giorni, questa scheda, non ha fatto niente...), ripercorre il giorno del pranzo che, secondo l’accusa di Calciopoli, rappresenta l’architrave del patto per salvare la Fiorentina quando Diego ed Andrea Della Valle incontrano l’allora designatore Paolo Bergamo e l’allora vice presidente della Figc Innocenzo Mazzini in un ristorante sopra Firenze («...io so che non hanno parlato di niente, sono sicuro che l’audio c’è...) e precisa come, fra i suoi stessi superiori, ci fosse chi avrebbe voluto che l’indagine si fermasse non portando a nulla di rilevante («Arcangioli disse basta, Auricchio voleva andare avanti...»). Attorno a Calciopoli c’è un mondo in movimento: ieri l’ex arbitro Paolo Dondarini, condannato con il rito abbreviato, ha presentato un esposto alla procura di Roma sulle intercettazioni inutilizzate.