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Il calcio solo per chi ha cuore…


di G. Fiorito"Non ho niente - dice col sorriso l'ad rossonero -. Pace fatta con la Juve? Sì, ma non è un problema di pace. Certo, Certo. Smaltita la rabbia per il gol-non gol? Lasciamo stare, guardiamo avanti. Io sono un grande tifoso del Milan. Faccio di professione l'amministratore delegato, ma il mio cuore è da tifoso del Milan e quindi il mio cuore sta come quello di tutti i nostri 7 milioni di tifosi. Un po' rabbioso? No, no... ho detto che sta come il cuore di tutti gli altri tifosi milanisti. Il cuore continua a sanguinare." Mattinata di assemblea di lega quella del 2 marzo. L’antipasto di polemiche suscitate da Milan Juventus è stato piccante. Sono riprese le conversazioni telefoniche tra Andrea Agnelli e Adriano Galliani, tornati a più miti consigli. Secondo SKY la telefonata sarebbe partita da Torino, secondo Tuttosport da Milano, con il fine comune della conferma di Beretta, che secondo A. Agnelli non può essere messa in discussione a marzo. Galliani avrebbe alzato la cornetta, ma con la morte nel cuore, ancora sanguinante per quel gol fantasma non convalidato. Alla faccia di chi spinge per abbassare i toni. Le alzate di voce, le sgomitate, i pugni, le accuse di fare la spia, le discese negli inferi dello spogliatoio al limite dell’illecito erano solo il primo atto dello psicodramma abilmente diretto dal dirigente rossonero. Oltre alle scuse ad A. Agnelli sarebbero arrivate anche quelle per Pirlo, ignominiosamente declassato sul banco degli imputati da bandiera di una vita in rossonero. Uno che lo stile può insegnarlo agli altri e spero trovi in bianconero il rispetto e la stima che la sua classe di calciatore e di uomo meritano. Secondo atto. Galliani nella parte del tifoso affranto, offeso e addolorato.Mettiamo subito in chiaro che, come diceva Sofia Loren nel film Matrimonio all’italiana di Marcello Mastroianni colpito da malore: “L’infarto, dotto’, a chi non ce l’ha il cuore non gli può venire” . Anche ammesso che un milanista ex juventino come Galliani possa averne uno, qualche considerazione ci sta. Se non una risata.Mentre il processo sportivo del 2006 massacrava la Juventus e gli juventini, il signor Galliani se ne usciva abbastanza integro da andarsi a disputare e vincere la CL. Nonostante al telefono con Meani avesse lasciato intendere eccome di interloquire con Collina, suo designatore in pectore e lo stesso addetto agli arbitri si fosse premurato, come ha ribadito l’ennesima intercettazione scovata dai legali e consulenti di Moggi, di scegliergli arbitri e guardalinee. Nel giubilo non solo della tifoseria rossonera, ma anche della nostra dabbenaggine bianconera non ancora sufficientemente al corrente della sua influenza. Quella che ancora sabato sera abbiamo toccato con mano negli spogliatoi di San Siro. Dove un dirigente milanista ha aggredito verbalmente la terna arbitrale per non aver convalidato il gol fantasma di Muntari, condizionandone la serenità di giudizio al punto che il risultato è stato l’annullamento del primo gol di Matri.Motivo del sangue versato dai cuoricini rossoneri, inopportunamente accostati all’immacolata immagine. More solito in quel di Milano. Anche l’illibato signore nerazzurro ha detto la sua. Loro, gli onesti per antonomasia, non sono sporchi, brutti e cattivi come Buffon e tutti gli juventini, perciò avrebbero rivelato all’arbitro che era gol. Se hanno tutta questa voglia di dire la verità, non hanno che da rinunciare alla prescrizione. Proprio il massimo eroe della spudoratezza che hanno per presidente, non solo si prese uno scudetto non suo pur sapendo di aver telefonato ad arbitri e designatori, ma anche con la consapevolezza di aver spiato illegalmente concorrenti ed esponenti del mondo del calcio. Senza nemmeno degnarsi di venire a Napoli a rendercene conto in qualità di testimone convocato, dopo aver fatto pure un salto di nascosto (della FIGC) dalla signora Boccassini.Dulcis in fundo parliamo dei gol fantasma, spiacevolissimi episodi che accadono ancora nonostante la nostra vita sia interamente pervasa dallo sviluppo tecnologico. La responsabilità appartiene ai parrucconi ai vertici delle istituzioni sportive. Non solo in Italia. Ogni anno se ne contano decine e accade che ne rimanga vittima anche la Juve. Il 5 dicembre 2010, nel corso di Catania Juventus Pepe la buttò dentro per primo, Morimoto agguantò il pareggio e una traversa capricciosa di Quagliarella cacciò il pallone in rete facendolo schizzare fuori di rimbalzo. Il gol non fu convalidato. La Juventus si riportò in vantaggio con lo stesso Quagliarella. Un po’ come è successo con Matri a San Siro. Dell’accaduto si sono perse le tracce nella memoria collettiva, nelle trasmissioni sportive e sui giornali. Solo la paziente opera di ricerca di alcuni juventini che non ci stanno all’insulto gratuito e all’accusa facile lo ha tirato fuori dal dimenticatoio. Né per recriminare, né con il cuore sanguinante. Solo affinché le regole siano uguali per tutti. Se possibile, anche le lamentele. Scarica GiulemanidallaJuve News, clicca qui
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