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Gazzetta. Arbeicht macht frei?


di G. FioritoIl lavoro rende liberi. Era la scritta che campeggiava all’ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti e, come recita wikipedia, “assunse nel tempo un forte significato simbolico, essendo in grado di riassumere in sé tutta la menzogna, la crudeltà e la barbarie dei campi di concentramento nazisti, nei quali i lavori forzati, la condizione di privazione inumana dei prigionieri e soprattutto il destino finale di morte, stridevano con grottesca ironia rispetto all’apparente candore etico del motto”. Stamattina, 7 giugno 2007, è comparsa sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport. Suggestiva immagine di sfondo alla visita che i calciatori della nazionale azzurra hanno fatto ad Auschwitz. Edificante, direbbe qualcuno. Può darsi. A me sembra invece che si sia toccato uno dei picchi più bassi ai quali il giornalismo, se così merita ancora di essere chiamato, italiano sia mai sceso.La Gazzetta dello Sport ci ha abituato da tempo, per tenere alta la fama di testata sportiva più diffusa d’Italia e tra le prime in assoluto, un primato che non vuole perdere costi quel costi, alle sue dissertazioni gossipare e ad abbinamenti piuttosto infantili con gadget che suscitano ilarità. Ricorderete la recente accoppiata Gazzetta + Holly e Benji, successiva a quella con Lupin III. E’ vero che un giornale ha diritto a scegliersi una linea editoriale, tuttavia una testata giornalistica nata nel 1896 e ricca di tradizione dovrebbe forse porsi dei limiti e riconoscere che in prima pagina va messa in rilievo la notizia del giorno, con le altre a contorno, quelle che gettano un’occhiata più o meno felice ai dintorni dello sport. La notizia del giorno è la dichiarazione con la quale Tavaroli ha affermato sotto giuramento al processo Telecom di Milano che i dossier illegali ai danni di Vieri, De Santis e altri esponenti del mondo del calcio tra i quali Luciano Moggi e Antonio Giraudo gli furono commissionati da Moratti e furono eseguiti in collaborazione con Facchetti.Sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport l’importanza delle notizie è sovvertita e basta fare un giro nell’archivio del giornale per rendersi conto che il rilievo dato alle notizie varia a seconda della necessità di attaccare o proteggere qualcuno. Hanno fatto scuola in questa direzione i titoloni del maggio/giugno 2006 contro Luciano Moggi e la Juventus e quelli recenti usati per dare risalto al coinvolgimento in scommessopoli di Antonio Conte e alcuni giocatori bianconeri e persino ex come Criscito.Le affermazioni di Tavaroli nell’udienza del processo Telecom di Milano non si esauriscono con le dichiarazioni riguardanti Moratti e Facchetti, poiché l’ex capo della Security di Telecom ha risposto alle domande del pm sul tema dei dossier sull’acquisto di Telecom da parte di Pirelli nel 2001 e del fondo Oak Fund, richiesti secondo la sua testimonianza da Buora e Tronchetti Provera e sui rapporti tra Telecom e i servizi segreti, in particolare sul giornalista di Famiglia Cristiana e consulente Telecom Sasinini, che gli avrebbe presentato il generale Mori.Sul dossier del vicedirettore del Corriere della Sera Mucchetti, in ordine a rapporti su fughe di notizie che interessavano la stampa riguardo alla cessione del gruppo Pirelli Cavi, ha affermato che l’incursione nel computer RCS fu "una stupidaggine sesquipedale" della quale si assume la responsabilità.La Gazzetta dello Sport fa parte del gruppo RCS, ma preferisce nascondere queste informazioni ai lettori dietro il paravento di una notiziola di contorno e un’illustrazione che rimanda alla Shoah. Proprio come accadde il 27 maggio del 2010, quando nel corso della presentazione del libro di Giuseppe Narducci sui desaparecidos proprio uno dei giornalisti del giornale rosa, Valerio Piccioni, fu avvistato in compagnia di Massimo Moratti, dell’ex pm di calciopoli e di Attilio Auricchio mentre il processo di Napoli, che li riguardava tutti da vicino, stava vivendo una fase calda per la scoperta delle intercettazioni che riguardavano l’Inter. Anche allora un genocidio servì da copertura?Il Presidente della RCS Sport Flavio Biondi ebbe a dichiarare il 19 giugno 2011 nel corso dell’annuale workshop delle aziende partner dell’Inter: “In RCS nasciamo interisti e per noi era un'ambizione avere l'Inter tra i nostri partner sia dal punto di vista umano, sia da quello della passione”. Gent.mo signor Andrea Monti, lei è sicuro che il lavoro la renda libero?http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=2308