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Quando il fallimento è totale


Parliamo spesso del fallimento totale del nostro calcio senza comprenderne realmente la gravità. Prendiamo spunto da argomenti di attualità per meglio capire cosa significa ridimensionamento ed assenza di aspettative.E’ un fallimento parlare di calcio solo attraverso gli scandali, eppure l’attuale realtà italiana è questa. Più che vedere la parata di campioni che in fila attendono di fare il loro ingresso nel campionato dalla grande tradizione, vediamo sfilare i campioni nelle procure accusati di combine e illeciti. Sembra così lontana l’immagine di chi vedeva l’Italia come la massima espressione calcistica; il campionato dove tutti i grandi atleti avrebbero voluto militare. Eppure quel tempo non è così lontano, basta andare indietro di qualche anno per accorgersi del passo indietro compiuto.La crisi economica ha invece radici antiche. Se oggi Petrucci si complimenta con Galliani per aver ceduto due campioni quali Ibrahimovic e Thiago Silva al PSG, bisogna ricordare che sempre Petrucci è stato testimone di quelle operazioni di finanza creativa, senza mai intervenire per impedire alle grandi società - nel rispetto delle regole - di indebitarsi troppo per rimanere competitive: missione impossibile senza la necessaria programmazione degli investimenti e della valorizzazione del settore giovanile che poche realtà hanno portato avanti. Solo permettendo di bypassare le regole, ottenendo in cambio quell’appoggio politico necessario per mantenere le poltrone, hanno fatto credere di saper governare. Scelte scellerate di politica sportiva hanno lasciato solo cumuli di fallimenti oggi ben visibili. Il bilancio del calcio italiano è negativo,ogni giorno qualche articolo è lì a ricordarcelo; le nuove norme sul fair play impongono un doppio controllo sui bilanci delle società che devono rispettare parametri di conformità stabiliti dalla Uefa e quello che fino a ieri è stato permesso in Italia per ragioni politiche, come il decreto salva-calcio, è impensabile ottenerlo in Europa. Da qui la necessità di tagliare i costi a partire dagli esosi stipendi e la conseguente diaspora dei campioni. Difficile comprendere come il Presidente del Coni possa complimentarsi per quella che a tutti gli effetti è la dimostrazione di come poco appetibile sia oggi la realtà calcistica italiana, senza soldi e senza fascino. Persa la possibilità di far fronte alle esigenze legate alle alte pretese dei top player per rientrare nei parametri imposti dal fair play, l’occasione che si è presentata sembrava quella ideale per far crescere il vivaio italiano lanciando giovani promesse anche in squadre blasonate. L’ultima operazione, quella che vede protagonista il giovane Verratti, mostra come di fallimento si possa parlare anche in questa direzione. Convocato da Prandelli, a lungo corteggiato dalla Juventus e dal Napoli, ha finito per essere ceduto alla ricca squadra francesce. Una realtà non più attraente nemmeno per chi in Italia è cresciuto.Gli stadi sono obsoleti; la legge sugli stadi non è ancora stata approvata pur avendo fatto un piccolo passa avanti, e forse rimane il paravento dietro cui coprire altri interessi. Due realtà si sono distinte autofinanziandosi: la Juventus, che ha aperto lo scorso anno i cancelli dello Juventus Stadium e l’Udinese che ha di recente ottenuto il via libera per il nuovo Friuli. Le stesse società, Juventus e Udinese, furono casualmente le uniche realtà che non aderirono al decreto spalmadebiti. Per il resto rimangono le immagini di progetti faraonici con cui qualche quotidiano riempie lo spazio alla voce “sponsorizzazione”.La desolazione aumenta se solo pensiamo alla doppia bocciatura ottenuta da questo governo del calcio per ospitare gli europei e alla più recente legata alla mancata presentazione per la candidatura ad ospitare le Olimpiadi.Non può essere considerata tutta una casualità e non è possibile continuare a fingere che non ci siano dei responsabili per questo stato atavico del calcio. La realtà è che il potere dato in mano a chi colleziona fallimenti è talmente grande da far si che è sempre più difficile spodestarli, anche davanti alla collezione di disfatte così evidenti.In realtà non è stato fatto null’altro da parte di Abete, Petrucci e compagnia cantante, se non lavorare per mantenere i propri privilegi il più a lungo possibile.Nuove leggi, interventi chiarii atti a salvare questo sport, una giustizia sportiva credibile che non sia solo un’arma per esercitare potere, quando saranno oggetto di esame approfondito che porti a riforme concrete?Pubblicato sul giornale nr 30 di :