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Agnelli a Repubblica: "La vittoria unisce la Juve di ieri e di oggi, l'Iter contro la FIGC va avanti.


 Fonte: Repubblica© foto di Giuseppe Celeste/Image Sport
Andrea Agnelli ha parlato a Repubblica intervistato da Maurizio Crosetti e Aligi Pontani: "La vittoria unisce la Juve di ieri e quella di oggi. La prima cosa, l'unica. Non saprei dire quante volte siamo arrivati secondi in campionato, non tengo il conto dei fallimenti. Se l'anno scorso fossimo arrivati secondi sarebbe stato un pessimo risultato. Nel calcio moderno, arrivare secondi o terzi o quarti porta comunque voci di ricavo, ma per la Juve non basta, è chiaro. L'obiettivo e' vincere e raggiungere e mantenere l'equilibrio economico. Se vinci pesi, e se pesi conti. Quando arrivai nel 2010, l'attività dell'azienda Juventus era fortemente compromessa, a parte il progetto per il nuovo stadio. Oggi abbiamo di nuovo una società forte e una squadra forte. Senza risultati, la parola potere è astratta. Nelle stanze che contano, però, la Juve è di nuovo un interlocutore. Lo scudetto degli invincibili e' un primato che può essere solo eguagliato, mai battuto. In quest'anno e' tornata la consapevolezza, il senso di quello che siamo da oltre un secolo. È un magnifico destino: vincere. Abbiamo giocato per quattro mesi senza allenatore ed è sembrato normale: di questo ringrazio tutti i dipendenti della Juventus, la nostra macchina viaggia ai 350 all'ora. Ora la Juve chiede di cambiare radicalmente, innovare, riformare. Il calcio, ma in fondo tutto lo sport ha bisogno di una svolta. La priorità sono gli stadi, l'unico nostro prodotto è la partita. Dunque, serve un perfetto contenitore: senza il teatro, lo spettacolo muore. Sky e Mediaset sono d'accordo, il telespettatore cambia canale quando vede la diretta dentro uno stadio vuoto e brutto. Gli stadi si possono costruire anche senza una legge apposita: noi ci siamo riusciti, ed è un modello legato ad accordi pubblicitari, oltre ovviamente ai mutui del Credito Sportivo. Anche piccoli club ci possono provare. o penso che invece servirebbe un vero ministro dello sport: le ingerenze ci sono comunque, anche se informali. Capisco che il Coni tema quelle formali, però è un rischio da correre. Il calcio rappresenta poco meno del 2 per cento del prodotto interno lordo del nostro Paese, la serie A paga circa un miliardo di euro all'anno di tasse. Stiamo parlando di una passione popolare che riguarda almeno 40 milioni di persone, tutto lo sport intendo, non solo il pallone: una responsabilità sociale vera. Occorre riscrivere l'intero quadro normativo attraverso un testo unico dello sport: si cambi la legge sul professionismo sportivo, si faciliti l'impiantistica e si tutelino i marchi. Questo lo deve fare un soggetto politico. La questione non è avere venti club in A quanto averne ancora 102 professionistici ".Danni alla FIGC: "È un iter che va avanti. Bisogna aspettare il terzo grado di giudizio della giustizia ordinaria, molto meno rapida di quella sportiva".L'articolo 39 del codice di giustizia sportiva per riavere gli scudetti: "La legge stabilisce che quel jolly, sia pure importante, possa essere usato una volta sola. Dunque, bisogna farlo nei tempi giusti: appunto dopo l'ultimo grado di giudizio nei processi ordinari su Calciopoli".Le stelle sulla maglia: "Lo stemma della Juve è più importante delle stelle, quelle non sono un problema. Mi interessa di più che sulla maglia ci sia lo scudetto. La Juve ne ha vinto statisticamente uno ogni quattro anni dalla sua fondazione e uno ogni tre da quando è gestita dalla mia famiglia".Sulla giustizia sportiva: "Ora è in mano a una sola persona, sempre quella, il presidente federale che di fatto nomina tutti i giudici attraverso il consiglio federale. Accusa e giudizio sono in mano a un unico soggetto, il quale sceglie pure la commissione di garanzia. Questo è contrario ad ogni principio di indipendenza e terzietà della magistratura. Esistono i concorsi, no? Ed esistono persone che occupano certi posti da decenni. Guardate, non voglio che si parli di una ricetta Agnelli. Non ho questa presunzione. Voglio però che si pongano i temi sul tavolo, che si offrano soluzioni. Sulla responsabilità oggettiva ribadisco quello che pensavo cinque mesi fa, e che ora starà pensando il Napoli, la cui vicenda mi ha impressionato. Se tre miei tesserati si mettono d'accordo e scommettono, io che ci posso fare? Sono dipendenti infedeli, mica posso pedinarli. Ma il danno che ne ricevo è enorme. L'omessa denuncia, di fatto rappresenta anche un freno all'indagine penale: non si parla davanti ai pm per evitare di essere condannati dai giudici sportivi per omessa denuncia".Sul presidente di Lega: "Penso che il consenso che sta convergendo su Andrea Abodi non sia da disperdere: lo sostengono già undici club molto eterogenei tra loro, con interessi diversi, e questo conta. Un esempio di riforma sono le squadre B, con un loro campionato. Noi siamo favorevoli, sarebbe un ulteriore incentivo a valorizzare i vivai. Eviterebbe di dover mandare i giovani fuori dopo la Primavera, quando non sono ancora pronti per il salto in prima squadra".Rapporti con Moratti: "La nostra rivalità non morirà mai, e neppure cambierà mai la diversa visione di quanto accadde nel 2006. Dopo di che, sarebbe autolesionista non collaborare alle politiche di sviluppo".Sul futuro: "Juve-Celtic, sorteggio che non avremmo sgradito a priori, e sono curioso di visitare il Celtic Park. Per la Champions ci proveremo, siamo la Juve. Per intanto si continua a sognare. E poi bisogna rivincere lo scudetto: una volta può succedere, due è più difficile".Sul mercato: "Abbiamo già la miglior difesa e il miglior attacco. Il mercato invernale è atipico: se ci saranno occasioni, ben vengano. Vorrei ricordare che Barzagli, Pirlo e Pogba sono stati presi con 300 mila euro".Conte: "Quei famosi quattro mesi hanno visto la crescita di tutti. Difendere il nostro allenatore in quel modo è stata la cosa più normale del mondo: mi è bastato guardarlo negli occhi una sola volta, in primavera, per fidarmi di lui. E se poi qualcuno vuole provare a giocare oltre venti partite senza allenatore, si accomodi".Infine Del Piero: "Se uno sceneggiatore avesse immaginato l'addio del capitano nel suo stadio, sollevando il trofeo dello scudetto, sarebbe stato preso per pazzo. Quando Ale è uscito dal campo, per venti minuti nessuno più guardava la partita: tutti gli juventini del mondo guardavano solo Del Piero, un finale perfetto".