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Conte striglia la Juventus: «Che mancanza di fame!»


La strigliata alla presenza dei dirigenti: il tecnico non ammette altri errori. Il tecnico ha addebitato anche una “mancanza di fame”, caratteristica fondamentale per una squadra non ricchissima di talento. E vuole una reazione immediata contro il Milan«Rialziamoci subito»Marchisio, niente lesioneTutto sulla Juve
© LaPresseTORINO - Juve-Samp il giorno dopo. Antonio Conte giunge a Vinovo in compagnia di Fabio Paratici attorno alle dieci. L’umore non è quello dei giorni migliori, basta uno sguardo per averne conferma. La sconfitta con i blucerchiati brucia, il modo in cui è maturata di più. Nemmeno le gravi omissioni dell’arbitro Valeri giustificano quanto è accaduto nella ripresa. Si presentano uno dopo l’altro anche i protagonisti di quegli sconcertanti 90’, poi è il turno del presidente Andrea Agnelli e di Beppe Marotta , come sempre capita nei passaggi cruciali della stagione. Questo indubbiamente lo è un passaggio cruciale, perché la Juve ha appena preso una di quelle botte che lasciano il segno. E deve rialzarsi subito, evitare di concedersi all’offensiva dei rivali e vedere incrinate le proprie certezze. Non è la classifica a esigerlo, quella resta più che confortante nonostante la crescita del Napoli, considerato in casa bianconera l’unico vero rivale per la corsa al titolo. E’ Conte a pretenderlo. Squadra a rapporto, dunque. Volti tirati, zero voglia di scherzare. Il tecnico bianconero non alza la voce, questo almeno è il messaggio che filtra. Ma la sua è una disamina accorata, lucida, a tratti feroce. Riecheggiano le parole che il tecnico mai vorrebbe pronunciare: «Presunzione, mancanza di fame». Si analizzano le manchevolezze. Tre i concetti chiave. PUNTO PRIMO - L’intensità è l’arma principale della Juve, quella che le ha consentito di tornare a essere la locomotiva del calcio italiano. Quella che gli scout mandati in giro per il mondo cercano di individuare negli juventini di domani. La linea guida di una squadra così simile al proprio condottiero. Nell’intervallo con la Sampdoria l’intensità ha invece lasciato strada al calcolo. Con un gol di vantaggio e i blucerchiati ridotti in dieci è subentrata nei singoli la convinzione di aver già vinto e il pensiero è andato alla successiva sfida con il Milan. Il risultato è che invece di fare dieci metri di corsa per pressare gli avversari, più di un giocatore ha lasciato l’incombenza ai compagni e la Samp ha ripreso coraggio. Un primo errore. PUNTO SECONDO - La poca voglia di sacrificarsi è presto sfociata in una sorta di anarchia tattica. Di norma la Juve è bella a vedersi perché armonica nei movimenti collettivi e, come si dice in gergo calcistico, “corta”. I secondi 45’ con la Sampdoria hanno invece visto la squadra presto spaccata in due, con ampi spazi a disposizione dei centrocampisti blucerchiati per ribaltare l’azione. I vari Obiang, Krsticic, Poli e soprattutto Eder a fare opera di raccordo prima si sono affacciati, poi hanno guadagnato campo per farsi spavaldi, dal momento che i dirimpettai, Pirlo in testa anche se non solo Pirlo, faticavano a seguirli. Forse ha pesato anche la durezza degli allenamenti sostenuti in questo periodo (per mettere benzina fino a maggio, da febbraio gli impegni ravvicinati non lo consentiranno). Ma è un fatto che nella prima mezzora questa sensazione di pesantezza non si era avuta, erano gli juventini ad arrivare primi sul pallone. Il che sta a significare che forse più che le gambe sono state le teste a smettere all’improvviso di funzionare. E su questo tasto ha battuto Conte.