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Tosel fa figli e figliastri?


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di P. Cicconofri“La linea di principio che va seguita è quella del rispetto dei ruoli e delle professionalità di chi arbitra, tenendo conto che quelli italiani sono arbitri di qualità. Si devono valutare i singoli episodi, si possono esprimere delle critiche legittime, però questo non deve portare a una delegittimazione. I toni usati sono eccessivi, serve una comunicazione diversa da parte di tutti quelli che fanno parte del mondo del calcio, sia esso un dirigente, un grande tecnico, un amministratore delegato, un presidente di società o un grande giocatore. Dobbiamo cercare di dare il buon esempio. Ora riprendono le competizioni internazionali e nessuno in Europa ci farà sconti sul versante dei comportamenti e del rispetto, che è un principio cardine della Uefa”. Giancarlo Abete.Non se la sente di essere super partes, anzi, a vedere la puntualità con cui bacchetta solo la Juventus (senza mai nominarla) sembra quasi che non aspetti altro per fare la sua bella apparizione pubblica e raccogliere i consensi di quell’opinione antijuventina che, in Italia, finisce per essere usata come giustificante per una condanna: potenza delle chiacchiere da bar. Non entriamo nel merito delle contestazioni seguite a Juventus-Genoa, se n’è parlato anche troppo, ma vorrei focalizzare l’attenzione su un altro particolare introducendo un nuovo argomento: è forse questa l’unica protesta plateale che ha visto protagonisti tesserati/dirigenti della massima serie? Certo che no, ma è l’unica a essere stata punita con una condanna così severa ed esemplare.Ricordiamo qualche episodio. Il 25 febbraio 2012, il sito di Mediaset.it (non un caso), riporta la seguente notizia: “Il gol regolare non convalidato a Muntari ha scatenato la rabbia di Adriano Galliani, che nell'intervallo si è lamentato con Tagliavento”. Il Giudice Sportivo, dott. Gianpaolo Tosel ha punito il gesto con l’ammonizione con diffida “per avere, al termine del primo tempo, al rientro negli spogliatoi, rivolto ad alcuni tesserati della Società avversaria espressioni provocatorie ed irrispettose; infrazione rilevata dai collaboratori della Procura federale”. Il 7 gennaio 2013, Tosel punisce Pavel Nedved, dirigente della Juventus con “l’inibizione a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C. a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società nell’ambito federale a tutto il 31 gennaio 2013”, “per avere, a fine gara, durante il rientro negli spogliatoi, rivolto agli Ufficiali di gara espressioni insultanti”. Sempre il 7 gennaio 2013, lo stesso Tosel ammonisce con diffida ed ammenda di 10.000,00 € Pulvirenti Antonio ”per avere, al 48° del secondo tempo, contestato platealmente l'operato arbitrale allontanandosi dalla panchina aggiuntiva con gestualità irrispettosa nei confronti del Quarto Ufficiale; recidivo.” Arriviamo al 28 gennaio 2013, l’onnipresente Tosel punisce Marotta: “Inibito a svolgere ogni attività in seno alla F.I.G.C a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società nell’ambito federale a tutto il 18 febbraio 2013”, “per avere, al termine della gara, negli spogliatoi, contestato l'operato degli Ufficiali di gara, rivolgendo all'Arbitro, con atteggiamento intimidatorio, espressioni ingiuriose.” C’è una linea di demarcazione ben chiara da evidenziare al di là del tifo. Entrambi i dirigenti juventini sono stati inibiti a svolgere ogni attività, a differenza di Galliani e Pulvirenti, solo ammoniti con diffida. Fate attenzioni anche al momento in cui si sarebbero verificate le contestazioni: per i dirigenti Juventini a fine gara, quando l’esito della partita era acquisito; per gli altri due dirigenti, la plateale contestazione è avvenuta a match in corso, magari condizionando il prosieguo della gara. Sarà sicuramente un caso, ma richiamando alla mente la famosa partita del gol di Muntari, nel secondo tempo, dopo lo sfogo di Galliani, fu annullato un gol regolare siglato dall’attaccante juventino Alessandro Matri. Una compensazione per riparare al precedente errore?La bestia nera resta la Juventus. Le sanzioni riservate al mondo Juventino seguono una logica diversa da quella utilizzata per tutti gli altri. Una diversa valutazione questa, nella piena consapevolezza di poter abusare, non proprio equamente, del potere della giustizia sportiva, che finisce per alimentare evidenti disparità di trattamento.Quello che chiediamo è una semplice riflessione e solo dopo aver analizzato i fatti: come può un giudice sportivo (appoggiato dalle alte cariche federali) operare in modo così sfacciatamente di parte? E’ evidente che la discriminante non è più quella dell’infrazione ma il colore della maglia. E qualcuno vorrebbe anche fare la paternale… vero Abete?Pubblicato da Professione Calcio: ANNO 5 - N° 5 - 7 febbraio 2013