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I (cattivi) modelli da (non) seguire


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di F. FilippinPoco più di un anno fa, era gennaio, il Presidente federale Abete, all'evidenza già in campagna elettorale, così si esprimeva: “Il Napoli è un modello che combina alla perfezione una sana strategia finanziaria con dei risultati sportivi eccellenti. E' un esempio di società virtuosa». Resta un mistero sul perché il modello da seguire dovesse essere proprio il Napoli e non qualche altra società, quale per esempio quella del Nord-est che da anni acquista giovani sconosciuti, che valorizza e rivende, affacciandosi anche (pur con i comprensibili limiti) alla ribalta europea, o quella, questa volta del Nord-ovest, che, pur senza una legge sugli stadi e senza regali pubblici (alla faccia di chi sostiene il contrario) ha realizzato l'unico stadio italiano a dimensione europea, di cui non dobbiamo vergognarci, ma di cui possiamo anzi vantarci al di fuori dei confini italiani.La frase, di per sé, non suscitò grande interesse, anche perché pronunciata da chi non va mai al di là delle solite frasi fatte del tutto dimenticabili. E' trascorso, come detto, un anno, e di acqua sotto i ponti ne è passata, e qualche sassolino possiamo a buon diritto togliercelo.Solo pochi mesi dopo la dichiarazione di Abete, infatti, la società modello Napoli si è resa protagonista di una delle sceneggiate più vergognose della nostra storia calcistica recente, in occasione della Supercoppa, giocata a Pechino proprio per dare visibilità al malandato calcio italiano (anziché nell'unico stadio italiano a dimensione europea di cui sopra). Ovviamente tutto fu giustificato e subito dimenticato.Altra questione: in occasione della partita Napoli-Catania, la società partenopea riceve la visita degli osservatori del Viktoria Plzen, prossimi avversari europei. E qui accade l'assurdo, con gli ospiti costretti, a causa pioggia che ha allagato la tribuna stampa per l’inefficienza della copertura, a guardare la partita in televisione nella saletta allestita in tutta fretta per far riparare i giornalisti.Pioggia, non diluvio universale, ma sappiamo che per lo stadio San Paolo è più o meno la stessa cosa.Una bella figura internazionale, insomma. Non basta. E' di pochi giorni fa la notizia (in realtà una vecchia questione che si ripropone periodicamente, in Italia e in Europa e che non viene mai affrontata) che la Uefa avrebbe minacciato il Napoli della mancata concessione della licenza per giocare le competizione europee al San Paolo nella prossima stagione, nel caso in cui non vengano date precise garanzie dell'esecuzione dei lavori urgenti di cui lo stadio (nel quale di recente si sono verificati pericolosi, ma più che prevedibili, distacchi di intonaci), necessita. Qualcuno potrebbe dire che responsabile di queste ultime disavventure è il Comune di Napoli più che la società calcio, ma ci pare che una “società modello”, “virtuosa” sotto i punti di vista, dovrebbe tenere sott'occhio la situazione e non limitare i rapporti con le istituzioni al parere (ovviamente favorevole) al rinvio di una partita scomoda. Ultima chicca: il calcio italiano, affamato di punti per il ranking UEFA, sembrava aver tirato un po' su la testa con cinque squadre qualificate nelle coppe europee, contro avversari (a parte il Barcellona, ovviamente) alla portata. Il Napoli, davanti ad uno stadio semivuoto, ritiene, all'evidenza, la coppa una seccatura da sbrigare con il minimo sforzo, per non distogliere l'attenzione e le energie dall'unico suo vero obiettivo: il campionato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, per la gioia delle federazioni portoghesi e francesi che continuano a sognare una rimonta sul nostro calcio.Di tutte queste cose, però, chi sta ai suoi vertici, appena riconfermato, pare non interessarsi, visto il silenzio che regna dalle parti della FIGC. Non so se davvero il Napoli possa essere preso a modello; di certo, però, è un perfetto esempio dello stato del nostro calcio: isterico, schizofrenico e terribilmente provinciale.http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=2812