juveland

Juve, tra cuore e ragione. Ma il sistema calcio è malato


Il club bianconero ha ottime ragioni per tenere la rotta disegnata dal suo piano industriale, ma ci vuole il cuore di un commercialista per accettarlo. Il tifoso vuole coltivare le aspirazioni che ha sempre visto crescere da novantanni a questa parteVOTA Ha ragione?Marotta sul mercatoVIDEO Ascolta Marotta
© LaPresseTORINO - C'è qualcosa di poco juventino nello spietato realismo di Beppe Marotta e nella sua analisi economico-sportiva. «Accontentarsi di vincere in Italia, in attesa di colmare il divario con le grandi d’Europa» è una frase che difficilmente comparirà sul colletto delle magliette bianconere al posto dell’immortale motto bonipertiano: «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta». Perché se l’estrema onestà dell’amministratore delegato è merce preziosa in un contesto di illusionisti e venditori di fumo, d’altra parte pare troppoestrema, nel suo volare così pericolosamente basso. Passato il Bayern, non è passata la voglia di crederci. La Juventus ha ottime ragioni pertenere la rotta disegnata dal suo piano industriale, restando quindi lontana da certe operazioni di mercato. E il contesto italiano non aiuta: il nostro “sistema calcio” è un malato grave che contagia anche società virtuose come quella bianconera, zavorrandone i ricavi e, quindi, le ambizioni internazionali. Tutto vero, chiaro, sacrosanto: ma ci vuole il cuore di un commercialista peraccettarlo, quello del tifoso juventino vorrebbe tendere verso ambizioni più alte, coltivare le aspirazioni che ha sempre visto crescere da novantanni a questa parte, da quando, cioè, la famiglia Agnelli è entrata nella storia della Juventus. E l’ha cambiata per sempre.