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Juve di più. Si tifa meno, si tifa peggio?


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 di G. Fiorito Repubblica ha dedicato un ampio spazio a un sondaggio effettuato sul tifo calcistico in Italia, che negli ultimi quattro anni sembra aver subito una mutazione degna di qualche riflessione. Soprattutto alla luce della considerazione alla base del reportage, che legge nel calcio il borsino sociologico dei vizi e delle virtù della nostra società. Partiamo dalla buona novella e lasciamo la chicca per il finale.L’incremento del 2% circa di tifosi bianconeri obbedisce all’effetto scudetto, piacevolmente prolungatosi per due anni, ma sortisce una conseguenza non da poco, portando al rialzo l’indice di antipaticità juventina fino a raddoppiarlo. Niente male rispetto alla tendenza generale, anche se il dato, rapportato agli altri risultati dell’indagine, non è da sottovalutare. L’analisi nuda e cruda dei numeri parla di un progressivo disinnamoramento degli Italiani per il pallone quantificabile ormai in un preoccupante 30% e difficilmente ipotizzabile prima di calciopoli. L’articolo, zeppo di grafici che promette consultabili su di Repubblica .it, individua 3 cause responsabili dell’allontanamento degli italiani dagli stadi: gli scandali, il razzismo che alimenta un clima di scarsa sicurezza, la perdita di appeal del nostro campionato di massima serie, connesso alla fuga dei piedi buoni verso altre Leghe ritenute più appetibili persino dagli amanti italiani del calcio. Capitolo scandali. Calciopoli non viene citata, ma aleggia come uno spettro, tanto che nove tifosi su dieci non hanno più fiducia negli arbitraggi, cioè nei direttori di gara, cioè nei “giudici”. Passaporti falsi, bilanci truccati e calcio scommesse non rientrano tra gli interessi di Ilvo Diamanti, l’autore del pezzo. Capitolo razzismo e sicurezza degli stadi. Udite udite: “…solo la Juve ha costruito uno stadio che tenga conto di esigenze di socialità e sicurezza” . Capitolo diaspora giocatori e scadimento campionato italiano: il declino del tifo è il risultato del declino economico del paese. La Germania signora dei mercati diventa sempre più signora dei campionati. La penuria di capitali ha portato in Italia investitori e capitali stranieri. Roma e Inter hanno già inaugurato il new deal. Repubblica non si sogna nemmeno di sondare perché la Juventus, unica società a essere stata seriamente danneggiata dagli scandali, abbia costruito l’unico stadio e incrementato la tifoseria, mentre la maggiore beneficiaria di quel disastro che alla lunga è venuto a pesare come una zavorra su tutto il nostro sistema calcio, abbia dovuto svendersi al migliore offerente. Nonostante il 60% dei tifosi guardi con sospetto e ostilità a questo cambiamento. Forse noi italiani siamo degli inguaribili romantici? Forse c’erano mecenati che usurpavano l’adulazione dei giornali e delle istituzioni sportive? Ma c’è di più. L’indagine ha scoperchiato il vaso di Pandora. Il tifo non è solo il sentimento e l’atteggiamento suggerito dalla splendida parola inglese “supporter” . Tifare una squadra di calcio da noi non significa, o almeno non significa solo né per tutti, amarla e prodigarsi per incoraggiarla e sostenerla. Il tifo assume in Italia due particolari connotazioni. La prima consiste nel tifo contro e il 56% per cento dei tifosi non si vergogna di ammetterlo. Dal terzo grafico in alto a destra alla pagina 19 del numero di Repubblica di Domenica 22 Settembre, si evince che vantando la Juventus il primato di antipaticità, si prende la fetta più larga di tifo contro. Questa speciale classifica vede nell’ordine le stesse tre squadre che continuano a contare qualcosa anche fuori dai confini “naturali”: la Juve; l’Inter, alla quale gli Juventini si sentono tenuti a ricambiare il favore; il Milan, che staccato di oltre 12 punti evidentemente riesce a godere dei benefici della rivalità acerrima delle nemiche giurate in bianconero e nerazzurro. Le altre squadre non vengono nemmeno prese in considerazione. Roma e Napoli comprese. Non essendo né molto amate, né molto odiate, odiano. La seconda connotazione emersa dal sondaggio è relativa alla geografia del tifo, che solo per il 20% porta i tifosi dentro lo stadio, riservando alle tv e in misura minore a internet la fruizione delle competizioni e i guadagni. Tuttavia gli stadi si tingono di bianconero, certificando ancora una volta che la squadra “nazionale” per eccellenza è la Juventus, l’unica ad accendere entusiasmi extraterritoriali. L’ultima “eroina”, insomma, a riunirci sotto la stessa bandiera. Scoperto l’uovo di colombo, Ilvo Diamanti sente l’esigenza di tirare le somme e si ricorda che sta scrivendo per Repubblica. Anzi, gli sovviene di essere un giornalista italiano, al soldo di editori che non hanno a cuore il mestiere dell’informazione, ma l’orientamento del sentimento popolare. Il sondaggio condotto da Demos-Coop con la collaborazione di La Polis-Università di Urbino e Medialab-Vicenza non ha motivo di non godere di credibilità, anche perché, per chi mastica calcio, certifica la scoperta dell’acqua calda. Repubblica è un giornale che si caratterizza anche per l’ampio spazio riservato ad argomenti e tematiche culturali e di costume, spesso in modo egregio. Eppure non ha resistito alla tentazione di orientare spiegando con lacune ampie i perché, tutt’altro che superficiali, essendo il calcio la quarta voce dell’economia italiana, del tracollo dello sport più amato dagli italiani. Invece di puntare il dito su una serie di illeciti commessi negli anni passati da chi ha guidato in modo dissennato alcune società di calcio e sulla facilità con la quale la Federazione e le autorità giudiziarie di questo paese hanno assolto alcuni e condannato altri, è riuscito a trasformare l’esercizio dell’informazione in un attacco al presidente del Milan. Intendiamoci. Il presidente del Milan ha notevoli responsabilità nel deterioramento dei rapporti tra calcio e giustizia e calcio e finanza, anche se è sempre riuscito a farla franca. Ma Ilvo Diamanti preferisce, con una piroetta degna di un abile pattinatore, mostrarci come l’inasprimento dei nostri vizi più che delle nostre virtù degli ultimi anni sia manifesto nell’ultimo video del presidente del Milan, il quale non avrebbe evocato più la nazionale di calcio, come 20 anni fa, quando nel paese c’erano pulsioni legate alle identità locali, ma anche a quella nazionale. Avrebbe preferito invocare il localismo ultrà, la sfiducia negli altri e nelle istituzioni, dulcis in fundo, “le polemiche contro i ‘giudici’, pardon: gli arbitri”. L’uomo nel video “non si rivolge agli ‘italiani’. Ma ai militanti e agli ultrà”.E pensare che 7 anni fa anche Repubblica ci aveva fatto credere che era tutta colpa di Moggi. Calcio, il declino del tifoIn curva solo gli ultras (Repubblica)   http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/articoli_dettaglio.asp?id=3183