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Galliani: lascia o raddoppia?


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  di G. Fiorito    Galliani lascia il Milan. O forse no. Il tormentone potrebbe tenere banco sugli organi di informazione almeno per una settimana, forse fino alla vigilia di Natale. Perché il dirigente che ha accompagnato per un trentennio il Milan ai successi che tutti gli riconoscono, si sente tradito dal ricambio generazionale che percorre come una febbre lo stivale e come un virus ha colpito anche la società rossonera, specialmente dopo che è stata ufficializzata la “decadenza” di Silvio Berlusconi a causa delle disavventure giudiziarie nelle quali è incorso. La nuova sede del Milan di via Rossi in zona Portello appare così piuttosto vacante nonostante la doppia investitura Galliani/Barbara Berlusconi. 34 anni di reggenza sullo scranno del padre padrone sono troppi e Galliani non vuol saperne di accettare che two is meglio che one. Se Allegri ha provato a definire “una fuga di notizie” (Link) la licenza con la quale Balotelli avrebbe ostentato un comportamento troppo rilassato e poco rispettoso degli impegni presi con la squadra, spingendosi al mancato rispetto degli orari di allenamento (Link),i tifosi (Link) non sono sembrati volersi assumere la responsabilità di sostenerla in un momento di crisi evidente. Tra gli striscioni esposti dalla curva sud del Diavolo si è letto di tutto per tutti e anche questo: “Mentre consumate i vostri giochi di potere ridate al Milan il blasone che deve avere''. Balotelli non può avere sulle sue spalle la forza necessaria per sopportare il peso di una situazione che riflette nei gangli societari il malessere di un uomo che ha costruito tanto e forse ha preteso troppo. Il Milan di oggi vive o forse sopravvive della crisi di Berlusconi, così come Super Mario, sebbene sia andato a segno nel turno di CL, non trova riscatto nella crisi del Milan, anche perché, in una simbologia stupefacente, il crepuscolo della sua condizione contrasta con l’aurora limpida di un talento puro e inattaccabile come quello di Kaka, che al suo cospetto brilla insopportabilmente. I nodi vengono al pettine. Non si può vivere, recita un proverbio delle mie parti, sempre mangiando i frutti maturi e rispedendo al mittente quelli acerbi. Non è bene che finché si riesce a tirare fuori il meglio dalle situazioni in cui la sudditanza psicologica al potere distribuisce doni si mostri tracotanza, per poi scagliare pietre e rinnegare tutto nel momento del bisogno. Sottigliezze difficili da digerire in curva, qualunque essa sia. Galliani l’avverte l’odore della sconfitta. E’ abituato a vincere, ma sa che un tempo fu pure juventino e c’è un modo solo per sopravvivere in un mondo di squali: trasformarsi. Del resto le ha provate tutte. Dopo aver portato il Milan per tante volte al successo, spingendo fino all’inverosimile e guardandosi da tutti gli uccelli paduli, servendosi di doppie cariche, di scuderie e di preservativi, ha messo mano anche alla dialettica pur di salvare il salvabile e di indorare la pillola, spiegando ai suoi tifosi che dovevano essere di più larghe vedute e fermarsi a considerare che in un’ipotetica classifica di un campionato che si assegni ogni cinque anni sarebbe il Milan il vincitore. Povero Diavolo, la tredicesima di campionato, come nel gioco inverosimile della Cabala, nell’avvincente intersecarsi dei numeri che hai voglia sempre a liquidare come caso, ha decretato la sua ennesima caduta.Battendo il Livorno la Juventus ha raggiunto il Milan nella speciale graduatoria escogitata da Galliani, con 318 punti realizzati negli ultimi cinque campionati di serie A. Di onorevole rimane per il “vecchio” dirigente la sua fama e di sicuro un futuro, grazie al potere che nonostante i risultati modesti degli ultimi tempi sul campo verde, non è affatto sbiadito. Da gennaio è presidente di Lega. Per tutto l’anno ha tessuto una tela fitta di rapporti. Per anni ha avvicinato la galassia Fininvest agli introiti favolosi che la Infront le garantisce. Ufficialmente ha dichiarato che Berlusconi sarà sempre il suo presidente. L’uomo politico che Auricchio non vedeva alla presidenza onoraria del Milan di calciopoli e che invece era tra i tre/quattro più potenti d’Italia sta cercando forse di fare la cosa giusta pensando di associare ancora una volta cariche pubbliche e rossonere. Così ha offerto a Galliani un’ultima poltrona da senatore della repubblica o da europarlamentare come candidato di primo piano di Forza Italia, con il beneplacito di Alfano. Altrimenti c’è sempre un posto caldo in Fininvest (<a href="http://www.blogo.it/...-come-senatore/">Link</a>). Tutto per allontanare lo spettro di una liquidazione plurimilionaria, spauracchio del diktat che in nome di un nuovo regime di parsimonia Marina Berlusconi avrebbe imposto alle aziende di famiglia. Il geometra di Monza ne ha fatta di strada e non si ritroverà ad elemosinare, questo è certo. Una solida rete di interessi di quelle che tutti i tribunali italiani hanno contestato al solo Moggi come un’associazione a delinquere deve pure averla, alla luce pure di certe intercettazioni lette a suo tempo per le quali spostava le giornate di campionato al posto del dirigente bianconero e si faceva carico di certe richieste dell’ex arbitro Paparesta, che lungi dallo starsene rinchiuso nello spogliatoio del Granillo inoltrava per l’Asso biodisel, l’azienda per la quale lavorava (Link e Link). Prima dell’impegno di coppa Galliani ha dichiarato ai microfoni di SKY di sentirsi ancora giovane per qualche carica di rappresentanza. Se cambiasse casacca al Milan l’addio costerebbe forse ancora più caro. (Link). Parametri anche questi. Con tanti zeri in più.