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Se pure Bettega rievoca l’orgoglio Juve..


Se pure Bettega rievoca l’orgoglio Juve  
«Ricordo ai ragazzi che qui grandi campioni hanno giocato fieri in Uefa e perfino in Intertoto». Uno strano volo tra rabbia e rimpiantiAMSTERDAM, 18 febbraio - «Ma dove minchia vanno questi?». Non è proprio un oxfordiano il pas­seggero diretto a Catania che incrocia di pri­ma mattina i giocatori della Juventus all’aeroporto di Caselle, evidentemente un tifo­so deluso o un detrattore alquanto sboccato. Lo chiede, anzi se lo chiede, ad alta voce men­tre sfilano accanto a lui Felipe Melo e Diego, poco più avanti ci sono Roberto Bettega e Jean Claude Blanc, poco più avanti ancora Alena Seredova e Sonia Del Piero. Gruppo vacanze Piemonte? Mannò. Vanno ad Am­sterdam per la Europa League, “questi”, e l’aria non è quella spensierata delle trasfer­te di Champions, non è nemmeno un’aria. Solo Gigi Buffon dà il cinque con il pugno chiuso (una nuova moda?), mentre gli altri hanno le facce legittimamente incavolate (note di cronaca: Amauri il più nero) di chi pensava di passeggiare in paradiso e inve­ce deve sbattersi all’inferno. Forse è meglio così, che alla Juventus siano incavolati il giusto, come lo sono i giocatori dell’Inter che hanno la fame dei cannibali stampigliata addosso. E infatti non smettono di vincere. L’esempio viene dal nemico? Pazienza. Non ci sarà la musichetta della Champions, non ci sarà nulla che ricordi un passato glo­rioso. Anni fa ad Amsterdam ogni partita era una battaglia, ogni contesa una storia da scrivere in maiuscolo. Anche per l’Ajax, comunque, vale il c’era una volta, però guai a illudersi. LA CONCENTRAZIONE - Il minimalismo di oggi, l’atmo­sfera strana del charter, le pagine di giorna­le aperte sul confronto tra Milan e Manche­ster o sul tonfo del Real, raccontano una Ju­ventus diversa, cambiata dal corso degli eventi, sulla via della guarigione ma non in salute, rancorosa, avvitata sul concetto di orgoglio e di rivincita. «Come va? Bene, sem­pre... », butta lì Blanc, stretto della sua giac­ca di velluto blu, le scarpe tanto a punta che potrebbe schiacciare una formica in un an­golo. Il presidente ci crede. Bettega invece è avvolto in un cappotto beige e pare concentratissimo: per lui è un ritorno pure questo, dopo l’antipasto della tournée a Jeddah, l’Europa rimane “cult” ancorché sia dise­gnata attorno a un torneo minore. «Ricordo a tutti che la Grande Juventus ha disputa­to l’Intertoto e la coppa Uefa»: che sia di buon auspicio per i ragazzi di Zaccheroni. Già, Zac. Pacioso e rassicurante, accomoda­to sull’aereo in prima fila a fianco di Alessio Secco, il ds in gessato grigio. «E’ dura ma è una sfida stimolante. Qui sto d’incanto, da Dio se dovessimo battere l’Ajax...», confessa con le mani nelle tasche della giacca a ven­to societaria l’uomo al quale la proprietà e la dirigenza hanno consegnato le chiavi del de­stino. Se lo erano dimenticato, ora sta viven­do una seconda giovinezza con un chiodo fisso: vincere. Psicologo e allenatore, Zacche­roni ha colpito per la sua semplicità e la sua professionalità: «E’ un tecnico preparatissi­mo, gli bastano cinque minuti per spiegare come gioca l’avversario», sottolinea Secco. Una rarità, a quanto sembra. Chissenefre­ga se lo chiamano «Il Piadina» per via del­le sue origini romagnole, chissenefrega di tutto, a questo punto della stagione. John Elkann, cioè il capo, pretende la zona Cham­pions e l’Europa League: il primo è il più piccolo dei traguardi, la seconda un succes­so agognato da almeno quattro anni. Riu­scirci con un tecnico in scadenza non è una vergogna, le cose di cui arrossire sono altre.