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Moggi, Juve, arbitri: spiati già dal 2002


Moggi, Juve, arbitri: spiati già dal 2002  Tavaroli: ««Tronchetti mi ha messo in contatto con Moratti». L’ex capo della security Telecom sarà chiamato al processo di Napoli: dovrà svelare chi e perché gli ha ordinato quelle indagini e quali informazioni ha raccoltoTORINO, 5 giugno - Spiati dal 2002. La Juventus, Luciano Moggi e una serie di arbitri (fra cui De Santis) ve­nivano tenuto sotto controllo dalla security della Telecom. Lo ha rivelato Giuliano Tava­roli, ex responsabile della se­curity Telecom, in un’intervi­sta a la Repubblica pubblicata ieri. La famigerata “Operazio­ne Ladroni”, com’era stata bat­tezzata in codice l’indagine pri­vata condotta dagli 007 di Ta­varoli sul mondo del calcio, era insomma iniziata anche prima di quanto si sapesse finora. «La pratica ladroni riguarda le in­dagini sui rapporti fra la Ju­ventus e gli arbitri. Risale al 2002, quando un arbitro ber­gamasco ( Nucini, ndr) e ami­co di Giacinto Facchetti un giorno scoppia e racconta i re­troscena di quella che diven­terà Calciopoli. All’Inter vanno in fibrillazione e così Tron­chetti Provera consiglia a Moratti di chiamarmi». Così Tavaroli parla a la Repubblica, stabilendo una data d’inizio al­l’indagine, per altro già nota. Nella lunga intervista, Tavaro­li usa toni molto duri nei con­fronti del suo ex datore di lavo­ro, che ha sempre negato di avergli ordinato indagini sulla Juventus e sul mondo arbitra­le, lasciando capire che quelle furono iniziative degli uomini della security. Uomini che Tronchetti ammette solo di aver messo in contatto con Massimo Moratti e Giacinto Facchetti (dopo che Nucini aveva allertato l’amico Fac­chetti sui rapporti fra Moggi e un nutrito gruppo di arbitri di serie A). IL PUZZLE - Un altro tassello sulla genesi di calciopoli trova, insomma, una collocazione nel complesso mosaico del quale mancano ancora molte tesse­re. Quelle che potrebbe mette­re lo stesso Tavaroli, insieme con Emanuele Cipriani, tito­lare dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto alla quale Tava­roli si appoggiava: entrambi, infatti, saranno sentiti come testimoni a Napoli (probabil­mente dopo la pausa estiva), chiamati dalla difesa di Moggi a spiegare frangenti e partico­lari delle loro indagini su Ju­ventus e sull’ex dg. Non biso­gnerà, quindi, aspettare molto per conoscere le verità di Tava­roli sul calcio, quelle mai piena­mente esplorate dagli inqui­renti del processo Telecom. «Sul calcio mi è stato chiesto pochissimo», ha spiegato lo stesso Tavaroli intervenendo a TeleLombardia venerdì sera. Del calcio gli chiederanno il 18 o il 22 giugno, quando compa­rirà davanti al giudice Caso­ria nell’aula 216 del tribunale di Napoli. LE DOMANDE - Facile che gli venga chiesto chi e perché ave­va ordinato quelle indagini. Fa­cile che lui risponda che Tron­chetti Provera lo aveva messo in contatto con Moratti e Fac­chetti (circostanza, per altro, confermata da tutti i protago­nisti della vicenda). Ma, per esempio, sarà interessante ca­pire quali informazioni emer­sero dalle indagini partite, stando a quanto dice il Tavaro­li, dal 2002. Per esempio: la Ju­ventus e Moggi venivano spia­ti anche per quello che potrem­mo definire spionaggio indu­striale? In questo senso è inte­ressante rileggere quanto det­to in aula (processo Telecom) da Fabio Ghioni, responsabile tecnico della sicurezza Telecom e, quindi, stretto collaboratore di Tavaroli. Ghioni parla di «competizione industriale» ri­ferendosi alle acquisizioni di tabulati inerenti al mondo del calcio: «Una squadra di calcio era un’azienda e faceva parte del Gruppo. Quindi, qualun­que informazione la security poteva trarre su persone ester­ne all’azienda aveva quella va­lenza ». Un ragionamento che in qualche modo riecheggia in certe spiegazioni Moggi. L’ex dg bianconero ha sempre so­stenuto di essere vittima di una sorta di “spionaggio indu­striale” da parte delle dirette concorrenti, le quali - sempre secondo Moggi - riuscivano ad avere informazioni sulle sue operazioni di mercato, renden­dole più difficili o soffiandogli i giocatori all’ultimo momento. In questo senso vale la pena ri­cordare che fra le utenze telefo­niche di cui la security Telecom acquisisce i tabulati ci sono quelle della Gea World e della Football Management, due grandi società di procuratori di cui faceva parte il figlio di Lu­ciano Moggi, Alessandro. LA TESI D’altra parte, Moggi ha sempre sostenuto che l’uti­lizzo delle “inintercettabili” schede svizzere, secondo l’accu­sa la prova più concreta dell’e­sistenza di una cupola sotto controllo dello stesso Moggi, era dovuto proprio al timore di essere “spiato” e dall’esigenza di poter condurre le sue trat­tative di mercato al sicuro da orecchie indiscrete e non per tenere contatti con gli arbitri e i designatori, come sostiene in­vece l’accusa. A questo punto avere dei particolari in più su quelle indagini condotte dalla security Telecom a partire dal 2002 potrebbe essere impor­tante per chiarire questo aspetto cruciale sia per la dife­sa sia per l’accusa di Moggi.