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SAMP-GODO !


© foto di Daniele Buffa/Image SportE si, godo. Non so voi. Io godo. La praticamente certa eliminazione della Samp dalla CL è per me fonte di goduria. Sarà una cosa poco patriottica, miserabile, magari un po’ spregevole. Ma io godo. E si, perché se il nuovo calcio italiano affonda c’è solo da goderne. Non più tardi di un mese fa noi del vecchio corso, lippitardomoggiani impenitenti, quelli che comunque voi viviate non v’hanno tolto nulla perché non si son pentiti mai, nostalgici di quelli che, quando ed è stato tanto, hanno vinto a colpi di realtà e non di cronaca, quelli che il calcio italiano è questo, poco forse niente ma questo ed amen, quello che si vede e la retorica (forse la risata) non lo seppellirà, ci han cacciati. Chiamati vecchi, sorpassati. Dedicato suonerie beote. Fatto la rivoluzione con le intenzioni per abbellire questo niente. Anziché alle intenzioni specie quelle grosse fare come sempre il processo. Processato l’arroganza dei grossi nomi in nome di Albertini. Propinato elisir di eterna gioventù chiamandoli Cassano, quello che ha preso tre pappine, Balotelli, quello così indispensabile da sbolognarlo con calma e ponderazione al Manchester sbagliato. Questo calcio italiano oramai in mano ai santi e non ai naviganti, ammalato di consigli scemi, esempi virtuosi ed oleosi, scudetti del bilancio, facce serie ma senza troppa faccia, giustizia da guida ai ristoranti, giornalismo più ignorante d’Europa, come ti giri sindromi e maestrini, ricette imbecilli, editoriali da sagra di paese, da scoperta di targhe e d’acqua calda con la banda e la fanfara, da tessera del giornalista e del tifoso, che fa spazio alle squadrette ed esilio alle squadracce, largo ai campanili e stop alle carampane, calendari comprensivi, spezzatini etici, largo ai campanili ma non alle loro squadre perché ci avanzano le seconde squadre con gli avanzi, Sacchi e Baggio insieme, il talento senza fisico e il teorico della fisicizzazione, il talento senza contenimento e il teorico del cross etico, il piccoletto e il suo sterminatore, i piedi buoni per eccellenza e quello che dopo aver vinto coi piedi buoni fatti e scovati dagli altri per piedi buoni intende proprio buoni d’animo e obbedienti, tutto e il suo contrario a lavorar per noi, questa sottospecie di condominio degli onesti purché modesti, questo sottoscala frocio e santo di quello che fu un calcio di soli uomini, questo sottoscala affollato ed approvato di quello che fu un calcio per uomini soli, questo basso impero di quello che fu un calcio arcigno, pratico ma almeno vita vera e non un esempio da seguire, questo calcio nuovo che magari fosse uno sport per signorine anziché per signorini, che vorrebbe andare ancora a scuola per imparare chissà cosa, quali valori, che vorrebbe andare a vivere in provincia, innamorato di una provincia ma non delle sue squadre, di una provincia luogo dell’anima, innamorato di una provincia per il resto del paese una cosa spesso efferata turpe ed omicida e che solo un penitente cronico come il calcio italiano alienatosi nei sogni può considerare sana. Un’estate passata a sentirne di tutti i colori, di ogni dove, a farsi giudice di gente che ha vinto non perché abbia (solo) perso ma perché non ha convinto, di un calcio italiano che non fa Raiola presidente, l’unico che quest’estate ci abbia fatto divertire, ma in mano invece ai cross belli, ai Prandelli, ai Zanetti, Fantozzi, Filini, i Pazzini. Un pranzo di lusso come il calcio italiano ridotto a una pappa. Senza sugo. Ed alla pappetta, tiè. Tre pappine. Perché il sugo c’era. Una favola grande non ha morale.