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12 vittorie o sarà rivoluzione..


© foto di ALBERTO LINGRIA/PHOTOVIEWS"Non si sono nemmeno fatti la doccia...". Questa battuta al vetriolo di Andrea Agnelli testimonia lo stato d'animo del presidente bianconero. L'unica certezza del dopo Lecce, alla Juventus, è il suo umore: nerissimo. Giornate come quella di ieri sono difficili da digerire, indipendentemente dai risvolti di classifica, perché non c'é nulla da salvare e nessuna spiegazione logica. Domani è previsto un durissimo faccia a faccia della dirigenza al completo con la squadra, ritenuta la responsabile principale della disfatta pugliese. Ma già oggi Agnelli ha regalato battute eloquenti: "Adesso voglio dodici vittorie. IL club, lo staff tecnico e la squadra sono uniti. Se tra un anno avremo gli stessi punti, allora sì che sarebbe un problema". Ma il senso delle parole del presidente è comunque inequivocabile: nessuno è più sicuro del posto. Per il momento, Gigi Del Neri non rischia, anche perché sconfessare lui e Beppe Marotta equivarrebbe a sconfessare un progetto condiviso. Ma la situazione è difficile: solo più dodici giornate da giocare, tre avversari inavvicinabili (Milan, Inter, Napoli), un solo posto ancora disponibile per la Champions, ma a sette punti di distanza da un avversario, la Lazio, da incontrare fuori casa tra due mesi. Davanti c'é anche l'Udinese e, potenzialmente, pure la Roma, che si è 'suicidata' a Genova, ma che, battendo il Bologna nel recupero, sorpasserebbe i bianconeri. I regali fatti dagli avversari alla Juventus, d'altronde, sono stati tanti, in precedenza, ma mai la squadra di Del Neri ne ha approfittato. Se si analizza il cammino incrociato tra la Lazio (l'attuale avversaria principale di riferimento per il posto Champions) e la squadra di Del Neri emerge che per ben sette volte i torinesi avrebbero avuto il match ball per avvicinare in classifica i romani e l'hanno fallito. E' successo alla giornata numero 11, quando Hernanes e compagni persero a Cesena e la Juve si fece raggiungere dal Brescia a pochi minuti dal termine; alla 14/a la Lazio pareggia in casa con il Catania e la Juve fa altrettanto con la Fiorentina; alla 17/a la Lazio vince ma la Juve al 93' butta via tre punti già in tasca a Verona; la giornata successiva fa ancora peggio: perde in casa con il Parma, mentre la squadra di Reja non va oltre il pari a Genova; sconfitta biancoceleste in casa con il Lecce, ma la Juve crolla a Napoli; alla 21/a tonfo laziale a Bologna e la Juve fa 0-0 a Genova con una Samp mai così brutta; l'ultima chiamata, prima di Lecce, è a Palermo, ma la Juve non risponde, perdendo (sia pure con la complicità dell'arbitro) mentre la Lazio pareggia a San Siro. E' proprio questa totale e ormai cronica inaffidabilità della squadra negli approcci alle partite, nelle prestazioni, nella forma fisica, nell'assetto difensivo, a preoccupare tifosi e dirigenti. Ormai il timore di perdere il posto Champions è consistente, anche se c'é ancora qualcuno che tenta di sdrammatizzare. Si è detto di una Juve immatura e per niente grande (Del Neri e Marchisio sono stati molto onesti e chiari in proposito), ma anche di una squadra provinciale nella testa, cioé inconsciamente paga della vittoria di prestigio contro una grande, ma non provinciale nelle gambe e nello spirito da mettere in campo. Domani, allenamento doppio, ma già da oggi, consegna del silenzio in casa bianconera: silenzio mediatico in tutti i campi. Per meditare. Ma soprattutto lasciare spazio ai fatti.