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È toccato a Gianfelice «sporcarsi» le mani con calciopoli


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di P. Cicconofri«C’è stato un momento in cui ho dubitato, lo devo ammettere. Io conoscevo mio padre, ma – mi sono detto – io non ero lui, per cui ad un certo punto, il punto degli attacchi a orologeria, quando avevo quasi paura ad uscire di casa, il dubbio mi ha attraversato la testa. Ma proprio in quel momento, per una sorta di destino magico – una di quelle cose a cui non do un nome, che mi prendo e tengo li –, ho trovato nelle carte di mio padre le risposte ai miei dubbi: appunti che aveva preso e che spiegavano tutto. Ho provato sollievo e una specie di vergogna per aver dubitato». Gianfelice Facchetti, intervista a Vanity Fair del 23.02.11.Ci sono momenti, proprio come quando ho letto questa intervista, in cui mi chiedo se questo gioco di protagonismo, di forza, di lucidità e di interessi, sia in fondo il modo più chiaro per capire realmente calciopoli. Se non altro fa acquisire consapevolezza sui rapporti di forza e sulle forzature mediatiche, protagoniste oggi come nel 2006.Il 15 marzo, Nucini è atteso a Napoli nella veste di teste dell’accusa per la seconda volta, a riferire su circostanze riscontrate dal ritrovamento del diario del defunto Facchetti. Casualità vuole – o attacco ad “orogologeria” – che questa intervista cada proprio nel momento appena precedente l’annuncio della sua presenza quale teste al processo di Napoli, quasi a voler confermare l’autenticità di questi appunti attraverso le parole del figlio, facendosi forza sui media ancora volta. Una vetrina, un modo per far arrivare la propria versione, consapevole che quanto successo e scoperto a Napoli è stato e forse sarà oscurato dal silenzio dei media, quando non addirittura stravolto. Gianfelice Facchetti sarà ascoltato al processo calciopoli in qualità di teste (ricusazione permettendo), un figlio che, stando alle sue stesse parole, si è fatto carico di «sporcarsi le mani» per ristabilire la verità e preservare la memoria del padre defunto, ma “ancora vivo nella memoria dei tifosi interisti e anche nei verbali di calciopoli, dove il suo nome è stato tirato in ballo da Moggi: anche Facchetti sapeva, anche Facchetti faceva”.È difficile comprendere il motivo per cui tanto ci si scandalizzi di fronte a chi si sta unicamente difendendo da una condanna che è stata possibile grazie alla ignoranza di uno spaccato che – piaccia o non piaccia – ha visto protagonista lo stesso Giacinto Facchetti. Perché, dopo avere assistito allo stillicidio di uomini e donne di pari dignità del defunto, senza che nessuno trovasse niente da dire sull’assoluta mancanza di cautela e garantismo, ora si attaccano nuovamente le stesse persone, questa volta accusandoli di volere gettare «fango»? Perché nessuno ha il minimo dubbio che quelle persone vogliano unicamente portare alla luce, nella necessità di difendersi, una realtà forse amara per qualcuno, ma certamente utile al processo in corso a Napoli? Prosegue Gianfelice: «Spero che si vada fino in fondo: sa, ristabilire la memoria è importante. Non voglio arrendermi alla logica per cui offendere va bene: al limite te la cavi con una multa, e intanto hai infangato qualcuno. Mi pare comunque che il fango gettato su mio padre sia scivolato via, la gente lo ama».È un po’ il filo conduttore di questa intervista, quello di insistere sul concetto che l’offesa e il fango siano solo quelli di chi cerca, attraverso la difesa, di rendere chiaro un sistema in cui era coinvolto anche il defunto padre, come se solo lui debba essere considerato superiore anche a fatti comprovati ed a danno di chi, nelle intenzioni, forse è ritenuto non meritevole di rispetto e di tutela.Una realtà in cui si possono definire «barboni» e «banda di truffatori » gli avversari, senza porgere nessuna scusa e senza subirne le conseguenze, ma dove si pretende di dare lezioni di moralità identificando come “offesa” il tentativo di portare alla luce, in un processo che è stato esclusivamente mediatico, quelle realtà che avrebbero impedito a uomini di pari diritti di subire le conseguenze di quella che è una guerra che ha sepolto il nostro calcio.Dispiace assistere ad una determinazione tanto forte nella negazione dell’evidenza. Ciò che probabilmente Gianfelice Facchetti non comprende è che nessuno, al contrario di quanto accadde ai tempi di farsopoli, brucerà “le streghe” in piazza. Si vuole unicamente arrivare, anche se in clamoroso e gravissimo ritardo, a scrivere la parola “fine” su un misfatto che ha devastato quello sport al quale il suo stesso padre dedicò tanto tempo e passione. Non vogliamo offendere la memoria di un padre e gli affetti puri che lo hanno legato alla sua famiglia così come possiamo comprendere la volontà di preservarne il ricordo. Noi vogliamo soltanto che venga fatta chiarezza e giustizia, spero che anche questo sia altrettanto chiaro.http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1464