JUVENTUS

Post N° 832


IERI DESCHAMPS HA FERMATO L’ALLENAMENTO, RICHIAMANDO TUTTI I GIOCATORIDIDIER ALLA CAPELLO:  "JUVE, COSI' NON VA"«Troppi sorrisi, ci vuole più concentrazione»
 Deve aver fiutato il rischio, Didier Deschamps, come spesso aveva avvertito: quando la vittoria, da obbligo diventa normalità, puoi staccare i piedi da terra e farti cattive illusioni. Allora, meglio tener svegli tutti, anche se la penalizzazione è divorata e la corsa fra i numeri positivi già iniziata. Così, ieri mattina, nel mezzo dell’allenamento al centro di Vinovo, il tecnico ha fermato il pallone e ha spiegato a tutti che c’erano troppi sorrisi: «Così non mi va bene - ha detto l’allenatore della Juve alzando il volume - uno sbaglia e l’altro ride. Invece un minimo di concentrazione ci vuole». Da uno che, solitamente, non ha i modi bruschi di Fabio Capello, fa ancora più effetto. Il richiamo dell’allenatore bianconero è arrivato mentre la squadra stava giocando undici contro undici con piccole porte (fatte piantando paletti) sparse per il campo: visto che ognuno può toccare la palla non più di tre volte, è consigliabile farla viaggiare e, soprattutto, liberarsi. Dopo alcuni minuti Deschamps ha stoppato il gioco: «Basta che qualcuno non si muova e la sua squadra fa più fatica. Così non va. Ma se volete solo correre, non c’è problema». Di spazio, fra i nove campi di Vinovo, ce n’è: senza pallone, però, è un po’ più noioso. Dopo, non a caso, è andata meglio. «Ogni vittoria ti avvicina sempre di più alla sconfitta», ha più volte ripetuto il tecnico francese. Altro modo per tenere accesa la testa ai suoi, in un campionato che, comunque, sarà eterno. Soprattutto in questi giorni, visto che le trasferte a Treviso e a Trieste non sono state proprio due gite fuori porta. Deschamps aveva richiamato la squadra anche sabato 14 ottobre, dopo la sosta per le nazionali, alla vigilia della trasferta vicina a casa Del Piero: il tecnico aveva invitato più volte i giocatori a restare concentrati su quello che stavano facendo. Chissà che avrebbe detto Don Fabio. Come il 19 aprile scorso, quando lo scudetto, ancora reale, pareva sfuggire ai suoi. Fermò il gioco più volte, poi, all’ennesima, chiamò i giocatori intorno: «Se non ci impegnamo a fondo - disse - è meglio tornare a casa». Il sermone fu per tutti, a cominciare dagli attaccanti: «Ogni partita creiamo sei-sette palle-gol, poi non riusciamo a segnare». Tutti verbali frutto di spionaggio, visto che l’attuale tecnico del Real Madrid aveva blindato ogni allenamento, innalzando palizzate. Deschamps, invece, tiene tutti fuori dalla porta solo il giorno prima della partita. E con i giocatori privilegia decisamente il dialogo, facendo ritrovare il sorriso a Trezeguet e Camoranesi, due che avevano già le valigie in mano: «L’approccio è stato diverso. Con Trezeguet sono amico, eravamo compagni in Nazionale e ho fatto leva sulla sua voglia di scendere in campo, di giocare e dare sempre il massimo. Con Camoranesi è stato più difficile, ho trascorso il mese d’agosto a parlargli cercando di conoscerlo anche dal punto di vista umano. Lui ha bisogno di una certa libertà di movimento e io gliel’ho concessa». Di Don Fabio, un buon riassunto di ciò che pensavano alcuni giocatori, l’ha fatto Del Piero: «Il fatto che nessuno lo rimpianga la dice lunga su quello che sono stati questi due anni con lui. C’era un problema di gestione del gruppo, non solo per me. Siamo riusciti a strappare uno scudetto, ma per gli uomini che avevamo siamo usciti troppo presto dalla Champions. Per come ci faceva lavorare era quello che meritavamo». Un altro che, a volte, usò toni tosti fu Marcello Lippi. A volte, secondo la leggenda, non solo toni: «Con Vieri ho avuto da ridire, ci siamo alzati l’uno contro l’altro, poi ci hanno divisi. Al ristorante abbiamo parlato ed è nato un bel rapporto». L’ex ct azzurro litigò pure con Deschamps: magari, da giocatori, si ride di più. (La Stampa)