JUVENTUS

LA PARABOLA DI ALEX


TRADITO DA JUVE E NAZIONALENessuna riconoscenza per Del Piero, simbolo bianconero ed eroe azzurro. Donadoni: "Non c´è nulla di personale. E' stata solo una scelta tecnica. Il tempo passa, bisogna accettarlo. A 33 anni ci si crede al top, ma si fa più fatica che a 27. Ci sono passato anche io.  Però finché Ale sarà all´altezza per lui non ci saranno problemi". Abete: "Grati ad Alex ma appoggiamo il ct. In azzurro ci sarà un cambio generazionale". I timori dello sponsor: "Un guaio se non rinnova con la Juve". Con il Club si è vicini alla rottura: i dirigenti stanno già cercando il suo erede. Per Lippi e Buffon è un simbolo, ma l´addio dopo 15 campionati è più di un´ipotesi.
DEL PIERO-JUVE: E' ROTTURA? - La Stampa - Strani segnali, quelli degli ultimi giorni, ben più importanti dei disaccordi contrattuali: questa volta Del Piero e la Juventus potrebbero davvero dirsi addio. Non è stata tanto la panchina di Firenze a fare capire al simbolo bianconero che aria tiri, quanto l’atteggiamento di Claudio Ranieri, con quel «per me sono tutti uguali», che aveva scandalizzato la stampa torinese quando era stato Fabio Capello a dichiararlo. Le discussioni sull'ingaggio. La mancata convocazione in Nazionale per il match con la Georgia, ha aggiunto sale alle ferite di Alex. Le cifre della duscussione sono note: biennale da 3,5 milioni per la prima stagione e da 2,5 per la seconda proposti dalla Juve, mentre il giocatore non è disposto a subire un taglio superiore al 30% del proprio ingaggio, come invece risulta dalle offerte societarie. Non è solo questione di soldi: Del Piero è stato il primo, lo scorso anno, a ribadire di voler restare anche in B, e per questo si sarebbe aspettato un pò più di riconoscenza. È anche vero che Alex non sembra accettare la dura legge dell’età: tollererebbe qualche part time, al massimo, ma non di giocarsi il posto tutte le domeniche.  Stride anche il rigore improvviso della Juventus nei confronti del suo caso, quando qualcuno fa rilevare come si siano effettuate spese discutibili, come i 16 milioni per Tiago, per non parlare dei nove sborsati per Andrade, oppure per rinnovi a giocatori poco affidabili sul piano comportamentale, come Zebina.I dirigenti lavorano per il futuroCerto, nelle stanze di corso Galileo Ferraris si sta già lavorando per costruire l’identikit dell’erede di Alex, ma non è per niente facile. Un’operazione come quella effettuata dal Milan con Pato o dal Barcellona con Messi, non è proponibile alla Juventus, perchè non ha un organico già completo e in grado di far crescere un giovane, anche sopportando il rischio che non esploda. Di campioni già fatti, manco a parlarne, perchè la Juventus non ha le risorse per competere con i grandi club. Chelsea su Huntelaar e la pista GiovincoEnnesime conferme arrivano da Londra e Eindhoven: il Chelsea, con il nuovo allenatore olandese, Ten Cate, si è buttato su Huntelaar, corteggiato a lungo questa estate dai bianconeri e il promettente difensore portoghese Da Costa ha già gli occhi addosso dell’Inter. Nè è praticabile la strada ipotizzata un anno fa dall’idealista Jean Claude Blanc, quella di costruirsi il campione in casa: il talento, ci sarebbe, si chiama Giovinco ed è in prestito all’Empoli, ma ha un fisico mingherlino ed è quasi impossibile pensare che sia già pronto per la prossima stagione. La svolta tattica di Ranieri e l'enigma TiagoPer questo Ranieri si muove cercando di costruire un 4-4-2 con due punte concrete sotto porta e un centrocampo in grado di assorbire anche un piede talentuoso, come avrebbe potuto essere (e finora non è stato) quello di Tiago, incompatibile però con lo stesso Del Piero. E se Alex non troverà l’accordo, non si vedono all’orizzonte soluzioni italiane (Galliani oggi ha smentito un interesse anche minimo del Milan) nè europee. Anche su questo entrambe le parti devono riflettere bene. LA SENTENZA DI DONADONI: "FUORI PER SCELTA TECNICA" - Repubblica - L´elogio dell´età è materia per filosofi, non per commissari tecnici: «Senza Totti e Del Piero non mi sento svantaggiato. Io vorrei avere Boninsegna e Riva. Ma il tempo passa, le cose cambiano». Se la mancata convocazione di Del Piero per Italia-Georgia di sabato a Genova sia davvero lo sfratto di Pinturicchio dalla casa azzurra, lo dirà appunto il tempo: per ora Donadoni assicura di no: «Finché dimostrerà di essere all´altezza, non avrà problemi. Certo, è normale a 33 anni fare più fatica che a 27. Uno si crede sempre al top e non lo è più, ci sono passato anch´io». Se non ci saranno nuovi affreschi in Nazionale del campione più discusso dell´ultimo decennio, da quando cioè l´Avvocato coniò per lui il soprannome da pittore rinascimentale sempre a un passo dal capolavoro e al centro di infiniti dualismi (con Baggio-Raffaello, Zola, Totti, Cassano e ora con Di Natale, Iaquinta e Quagliarella), sarà inevitabile leggere i segni del destino. Ottantacinque presenze e ventisette gol dopo l´esordio di Salerno (25 marzo ´95, 4-1 all´Estonia, ct Arrigo Sacchi), chi può mettere fine alla carriera di un fuoriclasse-simbolo della Nazionale, se non un altro fuoriclasse-simbolo, diventato ct? Gianni Agnelli pungolava Pinturicchio al capolavoro, infine realizzato in maglia azzurra: la pennellata del 2-0 alla Germania nella semifinale del Mondiale, preludio al trionfo di Berlino. La storia non è più incompiuta, però abbondano le avvisaglie dell´epilogo. E i presagi, a volerli interpretare. In Nazionale Donadoni e Del Piero si sono soltanto sfiorati, l´11 giugno 1996 a Liverpool, Italia-Russia, debutto di un infausto Europeo. Il primo tempo, ad Anfield Road, era finito 1-1, col quasi ventiduenne Del Piero esterno sinistro. Sacchi lo tolse, in staffetta col quasi trentatreenne Donadoni, da poco in esilio ai New York Metrostars. Dopo l´intervallo, nacque il secondo decisivo gol di Casiraghi, attuale ct dell´Under 21, e fu uno sfratto virtuale: Del Piero non giocò più quell´Europeo. Oggi rischia di perdere Euro 2008, se gli azzurri supereranno il loro difficile girone di qualificazione, e il motivo in fondo è lo stesso di allora: non è un centrocampista esterno, ma si adegua per ragion di stato, e quando rivendica il ruolo di seconda punta («se non mi si considera un attaccante, non mi si convochi»), come ha fatto dopo la seconda volta in tribuna con Donadoni (Kiev, dopo Tbilisi), lo frena la concorrenza. Adesso il quasi trentatreenne è lui. Donadoni ha un principio base: l´uguaglianza tra gli azzurrabili. Ha portato via via in panchina e in tribuna oppure non ha convocazioni per ragioni tecniche altri campioni del mondo: stavolta è capitato a Inzaghi e Gilardino, oltre che a Del Piero: «Non c´è nulla di personale, non c´entra quello che ha detto sul suo ruolo di attaccante: se facessi le mie scelte sulla base delle dichiarazioni ai giornali, sarei un poverino. Ho parlato ad Ale, come a Inzaghi, anticipando la mia decisione. Valuto la singola partita, per ottenere il maggiore equilibrio possibile». Iaquinta ne garantisce di più, come sta accadendo alla Juve, ma Donadoni stoppa le allusioni: «Quando dico che per Iaquinta è un vantaggio sapere giocare al centro e sulle fasce, sapere attaccare e difendere, mi riferisco a lui e basta. Non faccio allusioni alla presunta mancanza di duttilità di Del Piero». Resta la questione dell´età, dei ricambi soffocati dagli stranieri («la regola sull´obbligo di 5-6 italiani in squadra sarebbe giusta») e del tempo che scorre, implacabile: «Non parlerei di voltare pagina, ma di valorizzare i giovani, come Aquilani, Chiellini, Montolivo». Il presidente Abete è d´accordo: «La Figc appoggia le scelte del ct. L´Italia, come tutte le nazionali, è alle prese col ricambio generazionale. Comunque l´amarezza di Del Piero è comprensibile, ma non c´è nulla di definitivo». Infatti lui non smette di dipingere a casa Juve, dove non gli hanno ancora prolungato il contratto. Ostinato, pesca nei suoi tanti ricordi: «Tra i giocatori sicuri del Mondiale Del Piero non c´è», ammise ad esempio Lippi prima di Italia-Moldova, autunno 2005. Otto mesi dopo, Pinturicchio dipinse il capolavoro di Dortmund. COME UN ADDIO - La Stampa - «Premi il pancino e cinguetterà», sta scritto sulla confezione. Il gadget creato dall’acqua Uliveto per i Mondiali, un uccellino con la maglia della Nazionale, ieri era solo a Coverciano, confuso tra gli ammennicoli più o meno fantasiosi degli altri sponsor: al suo fianco purtroppo non c’era la Chiabotto e mancava pure Del Piero, che a premergli la pancia probabilmente non sarebbe uscito un cinguettio ma il suono di una robusta arrabbiatura. Alex è fuori. Niente Georgia, e poi chissà. Tira aria di non ritorno, ipotesi che inquieta anche l’azienda che fornisce acqua minerale e soldini agli azzurri. «Abbiamo rinnovato il contratto con Del Piero per il 2008 perché crediamo in lui - dice Patrizio Catalano Gonzaga, il direttore del marketing di Uliveto e Rocchetta -. Le ricerche di mercato dimostrano che il personaggio piace indipendentemente dal suo ruolo di calciatore: ha una bella immagine e ci siamo anche abituati agli alti e bassi della critica, perché è sempre sotto mira. Però se dovesse restare ancora fuori dalla Nazionale e dagli Europei un po’ ci preoccuperemmo e se davvero non rinnovasse con la Juve sarebbe una brutta botta». Neppure lo sponsor può farci nulla. Sono lontani i tempi in cui si diceva che un’industria avesse costretto la Federcalcio e Sacchi a mettere Baggio nella finale ‘94 contro il Brasile benché alla vigilia non si reggesse in piedi. «Non è la prima volta che Del Piero non viene convocato - ricorda il presidente federale, Giancarlo Abete - quindi la situazione non è nuova. Comunque la Federazione appoggia le scelte di Donadoni. Il calcio italiano deve essere grato ad Alessandro, il fatto che non sia qui non toglie nulla all’uomo e al calciatore: tuttavia, penso che ci troveremo ad affrontare un ricambio generazionale, com’è fisiologico che sia quando c’è una pluralità di giocatori oltre i trent’anni». Non è il chiavistello che chiude definitivamente la carriera in azzurro dello juventino, ma è già una spiegazione alla sua mancanza. Tramonta la generazione dei campioni del mondo. Totti e Nesta si sono chiamati fuori, Cannavaro chiuderà con l’Europeo, Inzaghi va in parcheggio, Alex ce lo faranno andare anche se non si sente invecchiato nei pochi mesi trascorsi dal bel campionato di serie B. «È successo anche a me, quando giocavo - commenta Donadoni - Pensi di essere sempre al top invece bisogna accettare l’ineluttabilità del tempo che passa: è difficile riuscirci, è umano il negarlo. Io ad esempio vorrei avere nella mia squadra Gigi Riva e Boninsegna, ma non è possibile. E non mi sento svantaggiato rispetto ai miei predecessori se in Nazionale non ho Totti e Del Piero. Li sostituiscono quelli che sono qui». Bisogna guardare in faccia le cose. I nomi meritano il rispetto, ma non è con loro che si va avanti e quanto ha dimostrato Del Piero nelle ultime settimane non è una garanzia per la Nazionale che in tre partite si gioca la qualificazione. «Gli ho parlato, come ho fatto anche con Inzaghi - spiega il ct -. Non sono uno che manda a dire le cose, i problemi li affronto direttamente e sarei un piccolo uomo se approfittassi della fiducia che mi dimostra la Federazione per fare scelte impopolari. Alex conosceva la mia decisione prima di chiunque altro. Sa che non ho condizionamenti, tantomeno me la sono presa perché dopo la partita con la Francia ha detto che non avrebbe più accettato altri ruoli che la seconda punta: quelle sono cose che lascio ai giornali. Le mie sono sempre valutazioni tecniche». In questo caso è stato più difficile attuarle? «È sempre difficile dire a un giocatore che sta a casa. Chiunque sia». E se dovesse richiamare Del Piero perché Iaquinta non recupera dalla botta al ginocchio che non l’ha fatto allenare? «Secondo voi hanno lo stesso ruolo?». Insomma, per Donadoni non è stato uno juventino a cancellare l’altro. «Iaquinta - spiega - è una punta centrale però si adatta ad altre posizioni e questo gli dà un vantaggio». L’ex udinese per il ct è una punta vera, Del Piero anche per Ranieri lo è sempre meno, o c’è chi può esserlo meglio di lui. Il ritorno di Alex così si complica. Dovrebbe inventarsi prestazioni strabilianti per convincere il Dunadùn a chiamarlo per il doppio impegno in Scozia e con le Far Oer. Oltre, c’è il vuoto: se l’Italia non si qualifica arriverà un nuovo tecnico, probabilmente Lippi, a rivoluzionare il gruppo e, se si qualifica, Donadoni dovrà comunque gestire un ricambio reso difficile dalla esiguità di talenti giovani. «Ogni allenatore passa attraverso questi momenti - dice - e non lo vedo come un problema. È vero che in alcuni ruoli si fatica: non ricordo che ci sia mai stata una serie A con tanti portieri stranieri e addirittura 4 brasiliani. Tuttavia qualcuno bravo c’è, oltre a quelli che sono qui. I difensori scarseggiano però Barzagli era al Mondiale, Bonera stava per andarci, Chiellini può fare il centrale come nella Juve e Criscito non l’ha fatto solo nelle ultime partite. Certo, sarebbe bello riavere Maldini e Baresi ma i tempi cambiano». E le mamme invecchiano, diceva una canzone. LA PARABOLA DI ALEX - Repubblica -  Forse farà come Baggio a fine carriera, e appoggerà il suo glorioso numero dieci su un´altra maglia, su diversi colori. «Ma io non ce lo vedo proprio» (Cesare Prandelli). Forse Alessandro Del Piero è veramente arrivato alla fine della Juve, cominciata per lui quindici campionati fa, con un cespuglio di riccioli in testa e ogni tocco un gol, ogni volo un gol. «Esiste il concreto rischio di perderlo» ha detto, una decina di giorni fa, Alessio Secco, e in quel momento era la Juventus a parlare.  E´ un difficile, tormentato addio, una specie di tramonto che poi magari s´interrompe e Del Piero ricomincia a giocare e a segnare, e gli rinnovano pure il contratto. Ma tutto questo appare lontano, un´ipotesi. La realtà racconta invece di un campione di 33 anni (il 9 novembre) che se ne sente addosso solo venti, e spera di essere trattato come se fosse bianconero da cento. Il suo procuratore, che si chiama Del Piero, però Stefano, ed il è fratello maggiore, cerca di monetizzare la gloria e il passato, però nessun contratto si firma più «alla carriera», e le belle parole servono solo a riempire le interviste. La lotta tra la Juventus e il suo simbolo, tra la società e la sua bandiera è una questione di soldi e orgoglio, più soldi che orgoglio. La Juve non vuole spendere, Del Piero non fa sconti. Di questo passo si saluteranno per sempre. «Ma Del Piero è la Juventus» afferma Marcello Lippi. Il suo collega Capello sostituì Del Piero trentanove volte, una specie di umiliazione sotto forma di stillicidio: eppure, neanche in quei giorni il fuoriclasse sembrava lontano dalla Juve come oggi. «Voglio vedere se alle parole seguiranno i fatti» ha detto il numero dieci, aspettando un altro tipo di numeri, quelli che si scrivono sulle buste paga. Attesa, finora, vana. In questi mesi d´ombra, nei quali Alessandro Del Piero ha pure la sfortuna di non essere in forma, e di trovarsi dunque in una posizione di ulteriore debolezza contrattuale, è diventato un clamoroso autogol l´ultimatum a Donadoni, e tra le righe pure a Ranieri: «Giocherò solo in attacco, mai più centrocampista». Forse i due allenatori non aspettavano altro. Ed è strano che un esperto di assist come Del Piero non si sia reso conto di passare il pallone all´avversario, e per di più con la porta vuota. Risultato: Donadoni non lo chiama, e Ranieri fa giocare Iaquinta vicino a Trezeguet, non sempre ma spesso. Nel modulo a due punte, il capitano rischia di essere l´esubero: la prova si è avuta a Firenze, con una panchina come neanche ai tempi di Capello (con lui, di solito, Del Piero partiva titolare e veniva levato poi). «Io non devo spiegazioni a nessuno, non devo parlare con i giocatori altrimenti farei il parlatore. Per me, loro sono tutti uguali». Con queste parole d´accompagnamento (di Ranieri) è difficile che Del Piero possa ottenere dal presidente e dall´amministratore delegato un trattamento di favore. E se è giusto che il campione chieda di non essere pagato a cottimo, con un triste contratto a rendimento, è altrettanto giusto che la Juventus valuti la realtà e non la storia, le prospettive tecniche e non le linee di credito morali. Anche se Buffon dice «ricordiamo quanto Alex ha dato a questa maglia», riferendosi alla discesa in serie B. «Escludere è la cosa più difficile» ha spiegato Donadoni, parlando forse a nome di tutti quelli che tolgono dal campo non solo un calciatore ma un pezzo di memoria, staccando in qualche modo la fotografia dall´album, scollandola dalla cornice. E proprio a un album assomiglia la galleria fotografica nel sito ufficiale di Del Piero, il luogo dove ormai il campione consegna in esclusiva le sue parole, le sue brevi epigrafi. Una specie di «second life»: era meglio la prima. «Spiace non far parte del gruppo azzurro, però in bocca al lupo» è l´ultima esternazione, elegante anche se non originalissima (ma cosa doveva dire, di essere contento?), quattro righe di testo con un sacco di bianco intorno. Anche lui, ormai, è così. Con tanto vuoto intorno. IERI LA SIMPATICA CONSEGNA DEL TAPIRO AD ALEX - La Stampa - Ci vuole il Tapiro per far sorridere Alex Del Piero: «La Nazionale? C’è la busta B? Perché mi hanno lasciato fuori? Domanda C. Il contratto? Non l’ho firmato». Ieri sera gli hanno chiesto anche dei consigli di Ranieri prima di entrare in campo: «Forse mi ha spiegato troppe cose, così sono rimasto 10 minuti in campo a pensare a tutto quello che mi aveva detto».PASQUALIN: "BACCALA', VINO E 10 MILIARDI L'ANNO" - Repubblica -  Avvocato Pasqualin, ci parla di quel quinquennale del ´99 da 10 miliardi di lirenetti a stagione? «Firmammo il 30 giugno, ma la trattativa cominciò due anni prima. Poi si interruppe nel novembre ´98 per l´infortunio e lì la Juventus fece un errore strategico, non firmando subito. A quel punto noi prendemmo tempo».In che modo?«Qualche mese prima del rinnovo fissammo con i dirigenti della Juventus. Andammo a cena in un ristorante a mangiare il baccalà. Poi dopo cena andammo in cantina. Alla fine l´argomento contratto non fu proprio toccato».Poi ecco la firma...«La sera del 29 giugno ci trovammo a casa di Giraudo. Il giorno dopo firmammo in sede. Confesso che ho temuto per le mie costole quando Del Piero mi abbracciò. Fu detto che era stato siglato il contratto del millennio».I festeggiamenti si spostarono a casa del giocatore, vero?«Cena a base di soppressa e prosecco».Come furono i rapporti con Moggi e Giraudo dopo quell´accordo?«Il dottor Umberto Agnelli disse che era un contratto troppo elevato. Ma i rapporti rimasero buoni. Qualche tempo dopo portammo a Torino Montero».Secondo lei quanto vale oggi Del Piero?«Tanto. Ha ragione quando dice che merita un contratto importante come giocatore».  IAQUINTA HA IL GINOCCHIO GONFIO, MA RESTA IN NAZIONALE - Primi allenamenti per l’Italia a Coverciano. La squadra, agli ordini di Roberto Donadoni, ha cominciato la preparazione in vista dell’impegno di sabato contro la Georgia, decisivo ai fini della qualificazione a Euro 2008; preoccupano lo staff medico le condizioni di salute di Vincenzo Iaquinta, dolorante al ginocchio sinistro. L’attaccante della Juventus si è sottoposto a risonanza magnetica e, subito dopo, ha dichiarato: "Il ginocchio è gonfio, deve assorbirsi il versamento. Resto qui, speriamo bene. Rimango qui, ma dovrò rimanere a riposo per qualche giorno, almeno un paio".Il professor Ferretti, medico della Nazionale azzurra, dispensa in merito un po’ di ottimismo: "Speriamo di recuperare Iaquinta, ora deve rimanere a riposo, vedremo se uno, due o tre giorni. Iaquinta ha preso un colpo al condilo femorale e c’è un po’ di versamento. Per quanto riguarda Ambrosini, che ha saltato l’allenamento, si tratta solo di una contusione alla coscia sinistra, la cosa non preoccupa assolutamente". Curci in mattinata non era presente a causa di problemi personali che ne hanno ritardato l’arrivo nel Centro tecnico Federale. Nel pomeriggio il gruppo ha lavorato compatto con due eccezioni: Iaquinta è rimasto a riposo completo, Ambrosini ha svolto solo metà seduta per una leggera contusione alla coscia destra.LA SQUADRA INTANTO HA RIPRESO A LAVORARE - juventus.com - Dopo il pareggio di Firenze e il lunedì di riposo, nel pomeriggio la squadra ha ripreso la preparazione a Vinovo. E’ iniziato così un lungo conto alla rovescia che porterà alla sfida con il Genoa, in programma domenica 21 ottobre (in attesa dell’ufficialità della Lega Calcio) allo stadio Olimpico. La prima casalinga dopo quella del 26 settembre con la Reggina. Claudio Ranieri ha ritrovato un gruppo quasi al completo. Gli impegni per le gare di qualificazione ad Euro 2008 e agli Europei Under 21 hanno portato via di quattro elementi: Buffon, Chiellini e Iaquinta - convocati da Donadoni per Italia-Georgia di sabato a Genova – e Criscito, chiamato da Casiraghi per la doppia sfida degli azzurrini con Croazia e Grecia. Per preparare la sfida alla squadra di Gasperini (infarcita di ex: Paro, Di Vaio, Sculli, Konko, Masiello, Milanetto), i bianconeri sosterranno venerdì un test amichevole internazionale. A Berna, allo Stade de Suisse – uno degli impianti che ospiterà le fasi finali della rassegna continentale -, c’è la sfida con i padroni di casa dello Young Boys.  In vista della gara contro gli svizzeri, Claudio Ranieri ha dovuto modificare il parte la location degli allenamenti. Il terreno dello stadio di Berna è infatti in sintetico e per preparare i bianconeri, il tecnico ha fatto svolgere metà della seduta sul campo artificiale all’aperto presente allo Juventus Center, quello che ospita le gare di campionato di alcune delle formazioni giovanili. Lo stesso programma verrà osservato anche nelle prossimi giorni prima della partenza, prevista per la mattinata di venerdì. PER LA DIFESA TORNA DI MODA MEIRA - Tuttosport - Brutte notizie da Mosca per la Juve, quelle buone ar­rivano invece dalla Bundesliga. Andiamo con ordine. La princi­pale novità riguarda Branislav Ivanovic, il giocatore che più di ogni altro aveva convinto la di­rigenza bianconere sull’opportu­nità di aprire i cordoni della bor­sa a gennaio. Il ventitreenne esterno destro (ma nella sua na­zionale gioca da centrale) della Lokomotiv ha infatti allungato fino al 2011 il contratto che lo le­ga al club moscovita. La mossa nasconde ovviamente risvolti tattici: constatato il crescente in­teresse di molti club europei (si è fatto avanti con un’offerta uffi­ciale il Monaco) alla Lokomotiv hanno pensato bene di blindare il giocatore. Il che non esclude a priori la disponibilità a trattarlo. Tanto che, assecondando il vole­re del giocatore, i dirigenti mo­scoviti hanno accettato di inse­rire una clausola rescissoria, fis­sandola però a 15 milioni di eu­ro. Arriviamo così alla buona no­tizia. Lo Stoccarda avrebbe in­fatti ridotto di molto le pretese per Fernando Meira rispetto ai 12 milioni richiesti in estate. Gli ultimi contatti tra i due club ri­salgono allo scorso mese di ago­sto, ma segnali in tal senso sono stati affidati ai soliti emissari, pare che il prezzo del nazionale portoghese ora si attesti sui 10, ma con ulteriori margini di trat­tativa. La Juve a un certo punto su Meira aveva puntato davvero con decisione, salvo arrendersi davanti all’intrasigenza tutta teutonica della controparte. Ora lo scenario per certi versi è ca­povolto. Infatti il club biancone­ro sarebbe orientato a spendere (non troppo, almeno a gennaio) per un giocatore di prospettiva, Restando in tema di porto­ghesi, nella lista di gradimento della Juve non è secondaria la posizione di Manuel Da Costa, ventunenne centrale del PSV Eindhoven.