JUVENTUS

FERVONO LE TRATTATIVE PER IL NUOVO ALLENATORE E IL MERCATO


Lippi, via libera a FerraraBuffon: "Scudetto? Servono altri colpi"D'Agostino: «Voglio giocare con Del Piero»
Il ct azzurro: «Felice per lui»MARCO ANSALDOFIRENZE In attesa di calarsi nel ruolo di chi guiderà la Juve nella prossima stagione, Ciro Ferrara ieri si è infilato dentro una casacchina arancione e ha fatto quello che fa sempre da quando è tornato con Lippi in Nazionale: ha piantato con cura i paletti per delimitare il campo di allenamento a Coverciano e si è aggiunto ai calciatori per le simulazioni di gioco organizzate dal ct. Erano in 19, ne mancava uno per comporre due squadre equilibrate e chi poteva proporsi se non Ferrara, che a vederlo sembra ancora un giocatore e nel difendere se la cava meglio di certi juventini nelle giornate in cui interpretavano la banda del buco? «Devo ancora decidere se fare l’allenatore o tornare giocatore», ha scherzato Ciro avviandosi alle docce. In realtà, ha stabilito da tempo cosa chiedere al futuro e aspetta il segnale per tornare a Torino a firmare il contratto. Siamo all’epilogo, anche se il successore di Ranieri si mantiene prudente e ripete di non avere «indicazioni diverse da quelle dei giorni scorsi». Blanc rientra oggi dalla breve vacanza a Parigi, altro indizio che per l’ad la questione del tecnico è risolta e non era necessaria la sua presenza in sede. Dunque il D-day sarà probabilmente domani anche perché nel pomeriggio la Nazionale non si allena e Ferrara avrà modo di allontanarsi da Firenze senza dar troppo nell’occhio. «Se avrà la fortuna di essere scelto dalla Juve, sabato sera, dopo l’amichevole contro l’Irlanda del Nord, Ciro tornerà a casa e non ci seguirà in Sud Africa» ha ribadito Lippi senza svelare niente di nuovo perché i patti con la Federcalcio sono chiari fin dal giorno in cui sostituì Ranieri: se l’incarico fosse diventato definitivo la sua collaborazione con la Nazionale sarebbe terminata immediatamente. E’ venuto il momento di girare pagina. Ai massimi livelli è caduta la pregiudiziale sull’inesperienza del nuovo allenatore. L’esempio di Guardiola è una spinta ulteriore, con la benedizione di Lippi che guarda in modo positivo alla novità dei tecnici senza gavetta ma spediti su panchine importanti. «La competenza tecnica e tattica conta ma oggi per un allenatore sono decisivi carisma, personalità, capacità di gestire i campioni - ha spiegato il ct -. Se un dirigente individua in una persona queste qualità è giusto che gli dia fiducia indipendentemente da quanto ha vissuto in panchina». Ferrara ha carisma. Almeno la Juve è convinta che ce l’abbia. «Sicuramente è il primo nome che verrà proposto», conferma una voce dalla sede. E dal momento che Ciro non pone condizioni particolari per l’ingaggio la sua accettazione è data per sicura con un punto interrogativo legato all’ufficializzazione: il Comitato sportivo che doveva riunirsi domani è slittato alla prossima settimana per gli impegni di lavoro dei suoi componenti, quindi Ferrara otterrà entro sabato l’investitura caldeggiata da John Elkann ma dovrà attendere qualche giorno per la ratifica. Questo è l’iter più probabile. I ripensamenti non sono all’ordine del giorno. Anche Lippi è rassegnato al forfait del collaboratore che impegna di più sul campo e che sarà sostituito soltanto dopo la Confederation Cup da un altro fedelissimo (uno dei nomi è Di Livio). «Ferrara è sempre stato un uomo importante» ha detto il ct, già parlandone al passato. E ancora: «Se Blanc lo chiamerà sarò felice per lui». Insomma lo staff azzurro, costituito da gente passata dalla Juve (Pezzotti, Ivano Bordon, Peruzzi, il preparatore Gaudino) è mentalmente preparato alla partenza di Ferrara e fa il tifo per lui. Anzi si sussurra che potrebbe andare a Torino anche Peruzzi, il cui impiego in azzurro è marginale e che aspira a dimostrare finalmente le proprie capacità come allenatore dei portieri. Dopo l’esonero di Ranieri, il compito è stato assolto da Rampulla, che potrebbe diventare però il responsabile del settore giovanile al posto di Ferrara: si creerebbe uno spazio per l’ex portiere di Juve, Inter e Lazio che è anche prezioso per gli equilibri di uno spogliatoioJACOPO D’ORSITORINO «Le basi sono buone e se riusciremo a migliorare ancora potremo lottare per qualcosa di importante». Gigi Buffon rilancia e sul suo sito web definisce «prime mosse rilevanti che fanno ben sperare» gli arrivi di Diego e Cannavaro, già impacchettati. Chiaro il messaggio alla società: bene così, però per tornare a vincere servono altri acquisti. Il numero uno della Nazionale dovrà avere pazienza, perché aspettando l’ufficialità di Ciro Ferrara in panchina la priorità è vendere. Così, se l’affare che porta a Gaetano D’Agostino, centrocampista dell’Udinese, è molto bene avviato (c’è un’intesa col giocatore sulla base di un quadriennale) nonostante un disturbo dell’Inter, lo stand-by su Goran Pandev, attaccante che lascerà la Lazio, rischia di costare caro: Liverpool e Villarreal sono in corsia di sorpasso. In ogni caso è tutto congelato in attesa di fare cassa e delle direttive del nuovo allenatore, ad esempio sul terzino sinistro: oltre a Molinaro, sarà sufficiente Criscito di ritorno dal Genoa o ne andrà reclutato un altro (Grosso o Dossena)? Dal Genoa potrebbe tornare anche Palladino. La lista dei partenti invece comprende cinque-sei giocatori. In prima fila Trezeguet, che piace in Francia (Lione, Marsiglia) ma gradirebbe la Roma. «Sarebbe onorato di vestire il giallorosso - dice Caliendo, il suo agente - con Totti formerebbe una coppia fantastica». Più che il cartellino, per il quale ci vogliono una dozzina di milioni, il problema sembra l’ingaggio, quasi 5 netti a stagione. «Superabile, se si vuole», aggiunge però Caliendo. Sul mercato anche Mellberg (Olympiacos o Tottenham) e i centrocampisti Tiago e Poulsen, per i quali si spera di recuperare una buona parte dei milioni (13,6 e 9,75) spesi per ingaggiarli: il portoghese potrebbe finire al Marsiglia, mentre il danese ha estimatori in Turchia (Fenerbahce e Galatasaray). A loro, nei piani di corso Galileo Ferraris, dovrebbe aggiungersi anche Almiron, di ritorno dal prestito a Firenze. Di fronte ad una buona offerta, via libera anche per Grygera.(LA STAMPA)
Il centrocampista dell'Udinese: «Sono tifoso della Juve da sempre»Veniamo alla Juve, cosa pensa di questa trattativa?«Il solo fatto che se ne parli è un motivo di soddisfazio­ne. Io ai Pozzo ho detto che lascerei Udine soltanto per una grandissima squadra e la Juve risponde a questo requisito. Oltretutto sono un vero juventino».Frase abusata, in queste situazioni. «Non nel mio caso, in fami­glia siamo davvero tutti ju­ventini. Purtroppo quando ero bambino il Palermo gio­cava in C e opportunità di vedere i miei idoli non ce n’erano. Ma ricordo ancora quando mio padre andò a vedere un Napoli- Juve, lo invidiai tantissimo. Mi so­no rifatto anni dopo con la maglia di Del Piero».Ve la siete scambiata? «No, assolutamente. Quan­do giocavo nella Roma riu­scii a farmela mandare da Peruzzi per tramite di Bru­no Conti. Questo dimostra la mia juventinità e per Del Piero stravedo per il sem­plice motivo che lo conside­ro uno dei più forti giocato­ri italiani della storia».Quindi l’idea di giocare al suo fianco... «Un po’ più indietro, dicia­mo... Certo l’idea mi frulla in testa, anche se mi hanno detto di aspettare e stare tranquillo. Cosa che faccio, perché come ho detto all’U­dinese sto benissimo».A proposito di possibili fu­turi compagni, lei Diego l’ha visto molto da vicino. «Tra andata e ritorno ci ha fatto quattro gol, resta poco da aggiungere... Sono con­vinto che senza di lui il Werder Brema non ci avrebbe mai battuto, e sen­za l’assist del brasiliano contro il Bayer Leverkusen non avrebbe alzato la cop­pa di Germania. Giocarci contro è stato bello, perché è uno tosto ma leale».Mentre giocarci insieme come sarebbe? «Sicuramente possiamo coesistere, perché a me pia­ce essere il punto di riferi­mento davanti alla difesa e lui, che ama non dare riferi­menti, sarebbe libero di muoversi davanti».Magari da juventino. «Avevo 9 anni quando so­stenni un provino per la Ju­ve. Ricordo che a guardarci c’era Cestmír Vycpalek. Su­perai la selezione, ma alla fine andai a Roma per il semplice motivo che era più vicina alla mia Palermo. Non era il momento giusto, mentre ora...».(TUTTOSPORT)