L´Aids ha un volto nuovo.Non ha più il viso di un uomo bianco, omosessuale, di età media come è stato finora: sta assumendo i tratti di una donna giovane, spesso ancora una ragazzina, con la pelle scura dei popoli dell´Africa. Ed è su questa doppia frontiera, quella delle donne e quella del Continente nero, che nei prossimi anni andrà combattuta la battaglia contro la malattia che negli ultimi 20 anni ha ucciso più di 25 milioni di persone.Le donne. Sono diventate il cuore del problema: per la prima volta, il numero delle sieropositive si avvicina al 50% del totale, fissandosi al 48%. Percentuale superata nell´Africa sub-sahariana, dove già il 57% dei malati è donna e ben il 76% dei malati di età compresa fra i 15 e i 24 anni è costituito da ragazze. Sulla stessa strada sono avviate l´Europa dell´Est e l´Asia orientale: qui il numero delle donne contagiate è cresciuto rispettivamente del 48 e del 56% negli ultimi due anni. È questo il dato che fa scattare l´allarme maggiore per il futuro: secondo una stima dell´Unicef, il 50% delle ragazze nei paesi a rischio non sa nulla su come evitare la trasmissione della malattia. Quanto più questa generazione si affaccia alla vita sessuale, tanto più il rischio di nuovi contagi aumenta. A questo va aggiunto il fatto che fisicamente le donne sono più propense al contagio (un uomo ha il doppio di possibilità di contagiare la partner durante un rapporto sessuale di quante non ne abbia una donna) e che la prostituzione è un fenomeno prevalentemente femminile.In alcune aree del mondo, vanno poi considerati problemi culturali: in molti paesi, le mogli non hanno la possibilità di chiedere al marito - che magari lavora lontano e frequenta prostitute - di usare il preservativo durante un rapporto sessuale: è questo lo schema tipo del contagio in molti paesi dell´Africa sub-sahariana.«C´è urgente bisogno di strategie che riescano a influire sulla diversità di genere», ha riassunto Peter Piot, direttore esecutivo di Unaids, l´agenzia Onu per la lotta alla malattia.