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Un blog creato da pileggi il 18/03/2008

Ambiente&Risorse

DATI SULLA SPECIFICITA' DEL TERRITORIO ...........per favorire la valorizzazione delle ingenti disponibilità di risorse naturali (falde e sorgenti di acqua potabile e termale, suoli, giacimenti minerari, spiagge,montagne, geositi, forme di vita vegetali e animali terresti ed acquatici, ecc); -e ......... per stimolare interventi urgenti finalizzati alla Difesa delle popolazioni e ad ATTENUARE I DANNI DAI RISCHI IDROGEOLOGICI FRANE ALLUVIONI TERREMOTI TSUNAMI da inevitabili fenomeni naturali (precipitazioni, sismicità, vulcanesimo, ecc)

 
 

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I DATI SULLA GRAVITA' DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO ED I RISCHI PER LE POPOLAZIONI

Post n°15 pubblicato il 13 Dicembre 2008 da pileggi
 

 I DATI SULLA GRAVITA' DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO E GLI INTERVENTI NECESSARI PER LA MESSA IN SICUREZZA DELLE POPOLAZIONI

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Friends of the Earth Europe e Fair Pension, lanciano una cyberaction per fermare i progetti di sviluppo delle Tar Sands, l'estrazione di combustibili fossili dalle sabbie bituminose. Queste pratiche rischiano di sconvolgere gli ambienti naturali dove vivono le popolazioni più povere del mondo con equilibri ambientali già oggi precari. Inoltre, il processo di estrazione comporta emissioni clima-alteranti molto superiori rispetto all'estrazione convenzionale di petrolio dai giacimenti nel sottosuolo. Gli azionisti di BP (il 15 Aprile) e Shell (il 18 Maggio) sono chiamati a esprimere il loro voto sulle risoluzioni proposta dalle due compagnie petrolifere per sviluppare i progetti di estrazione di combustibile dalle sabbie bituminose. Con questa cyberaction hai l'opportunità di influenzare il loro voto.

http://www.fairpensions.org.uk/about

 

 

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pileggi
pileggi il 28/07/09 alle 09:15 via WEB
CAMBIAMENTI CLIMATICI - Pubbl. pag. Scienze & Tecnologie ottobre 2007- Studi recenti del CNR e del Comitato Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc) sul mediterraneo evidenziano che, a partire dal 1930 in Italia il clima sta diventando più caldo e più secco nel Sud mentre nel nord sta crescendo l’intensità delle precipitazioni. In particolare, in Calabria si rileva l’aumento sia di periodi di siccità idrologica sia di precipitazioni brevi e intense e, quindi, una maggiore frequenza di alluvioni e piene straordinarie. Altri dati rilevati dall’Istituto di ricerca sul mare, Icram, evidenziano l’aumento di 2 gradi della temperatura del Tirreno: in pratica la temperatura media rilevata l’inverno scorso nel Tirreno è risultata di 15 gradi contro 13 che si misurano abitualmente. Tra gli effetti di questo aumento, nel Tirreno calabrese e meridionale si è registrato un calo del 30% della “produzione primaria”, con un ritmo del 4-5% al mese fino a maggio. In pratica il plancton vegetale e, quindi l’alimentazione delle specie marine si è ridotta bruscamente di circa un terzo rispetto al passato, con conseguenze sulla quantità di pescato e sull’equilibrio ambientale dell’intero Mediterraneo. Cambiamenti preoccupanti anche nell’Adriatico, come ad esempio nel Golfo di Trieste, dove nasce una delle tre ‘correnti del Golfo’ mediterranee che condizionano la vitalità dello stesso; e dove dai 5 gradi della media invernale dell’ultimo secolo, già nel 2003 la temperatura è aumentata fino a 13 gradi. Questo riscaldamento delle acque profonde innesca seri motivi di allarme: per la diminuzione di produzione primaria e quindi di biomassa marina; per la diminuzione dell’assorbimento dell’anidride carbonica, il più importante dei gas che alterano il clima; per la scomparsa della ‘corrente del Golfo’ di Trieste che potrebbe mettere in discussione l’equilibrio ambientale e climatico dell’intero Mediterraneo. Infatti, l’aumento della temperatura in superficie, che si propaga anche in profondità, rallenta il rimescolamento delle acque nell’intero Mediterraneo: la riduzione del differenziale termico tra il livello più superficiale del mare e quello più profondo riduce il movimento e quindi rallenta il meccanismo che provoca il rimescolamento delle acque nell’intero bacino. Una delle conseguenze: la scomparsa delle microalghe che rappresentano la base della catena alimentare marina (a causa della mancata risalita di nutrienti dai fondali). Molto importanti, secondo Rubbia, sono anche le conseguenze del cambiamento climatico sulla flora, sulla fauna e sull’agricoltura. Si potrebbe verificare, infatti, una progressiva disidratazione e una forte deforestazione nel nostro Paese. Lo stesso scienziato in audizione dei mesi scorsi al Senato ha affermato “dobbiamo aspettarci in Italia una desertificazione e una deforestazione progressive, dovute allo spostamento verso Nord della linea di demarcazione che al momento separa il clima delle zone sahariane e quelle dell’Europa del Sud. Per quanto riguarda il mar Mediterraneo, inoltre, sono da temere particolarmente due effetti che si aggiungono all’analisi dell’IPCC. Il primo si riferisce alla progressiva desertificazione, e alla conseguente mancanza di acqua, dovuta allo spostamento verso Nord dell’anticiclone delle Azzorre. Lo spostamento verso Nord dell’anticiclone delle Azzorre, dunque, sostituira` le condizioni climatiche tipiche della zona africana alle condizioni climatiche tipiche del Sud del nostro Paese.” A causa dell’incremento della temperatura si prevede per i prossimi 30-40 anni un aumento del livello del mare, con valori compresi tra 50 e 290 mm. Gli effetti quantificabili sulla fascia costiera: invasione di aree molto basse e delle paludi costiere; accelerazione dell'erosione delle coste;aumento della salinità negli estuari e nei delta a causa dell'ingresso del cuneo salino; incremento delle infiltrazioni di acqua salata negli acquiferi della fascia litoranea; aumento della probabilità di straripamenti e di alluvioni nel caso di forti piene. L'impatto sulle coste potrà essere ben più grave nelle zone soggette ad un incremento della desertificazione: un maggior emungimento delle falde acquifere in ambiente costiero, porterà ad un aumento della salinizzazione degli acquiferi profondi. Fenomeni, in Calabria, già molto diffusi e preoccupanti nelle tre più importanti pianure costiere di Sibari, sant’Eufemia e Gioa Tauro. Rilevante è l’impatto sulla salute per l’incremento di malattie cardiovascolari, cerebro vascolari e respiratorie e delle morti causate dall’ondata di calore; e per i casi addizionali di vettori, alimenti e acque contaminate, malnutrizione e malattie psicosociali associate ai diversi trend climatici. Basta pensare che l’ondata di calore che ha colpito l’Europa nel 2003 con 4-5° C sopra la media del periodo, associata a livelli elevati di inquinamento atmosferico, è coincisa in Italia nei mesi luglio-settembre con un eccesso di mortalità rispetto allo stesso periodo nel 2002 di 18.257 morti pari ad un aumento del 14,5%. Le conoscenze scientifiche e gli strumenti oggi disponibili sono in grado di contrastare e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Per riuscirci la voce "adattamento ai cambiamenti climatici" deve essere scritta, come nel resto dei paesi europei, nell’agenda e nel piano di spesa del Governo già dalla Finanziaria 2008. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- DISSESTO IDROGEOLOGICO Pubblic. Mensile Calabria a) la difesa dai rischi geologici e dalle "calamità naturali" può e deve essere attuata nel contesto di un generale piano di recupero e di razionale utilizzo e valorizzazione del grande patrimonio di risorse naturali (acqua, suolo, coste, giacimenti minerari) del territorio calabrese. “Sfasciume pendulo sul mare” e “Terra di rapina e di disastri” sono le più note e rappresentative “immagini” del recente e remoto passato del territorio calabrese. Queste immagini, nel nuovo millennio, potrebbero rapidamente sbiadirsi ed essere gradualmente sostituite da altre più gradevoli e rassicuranti sul riequilibrio degli assetti idrogeologici e favorire il recupero della memoria storica e dello splendore della civiltà della Magna Grecia per come riferito, tra gli altri, da Plinio nella “Storia Naturale”e da A. Placanica e De Seta-Pratesi rispettivamente nei volumi dedicati alla “Calabria” e “Insediamenti e Territori” della “Storia d’Italia” dell’Enaudi. Lo sbiadire delle antiche immagini, anche se per il momento molto tenue, in verità è cominciato nei mesi scorsi con alcune attenzioni dei governi nazionale e regionale sul grave problema del rischio idrogeologico rappresentato, com’è noto, da eventi (frane e alluvioni) che producono danni misurabili a persone e cose. Sulla diffusione e dimensione dello stesso rischio idrogeologico va tenuto presente che i servizi tecnici della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno registrato 5.400 alluvioni e 11.000 frane in Italia negli ultimi 80 anni. Oltre alla grave e intollerabile perdita di vite umane, i danni, solo negli ultimi 20 anni sono stati di 30.000 miliardi di lire. E, com’è noto, a contribuire in modo rilevante, è stata la Calabria dove nell’archivio AVI del CNR-GNCI (gruppo nazionale catastrofi idrogeologiche) sono censiti 658 eventi di frana e 496 eventi alluvionali relativi a 230 località; dove il dissesto idrogeologico è così diffuso ed esteso da rendere necessario, secondo i dirigenti degli ex Geni Civili regionali, un programma di difesa del suolo del costo finanziario di circa 4.000 miliardi di lire. Le attenzioni, in parte contenute nel Programma Regionale di Difesa del Suolo, in attuazione della Legge 257/98 e dal D.L. 13 maggio 1999, n.132, si rilevano, ad esempio, dalle attività messe in atto e finalizzate sia alla previsione sia alla prevenzione; si rilevano anche nel modo in cui si è cominciato ad affrontare il problema e che richiama alla memoria le analisi di M. Rossi-Doria sul fascicolo dedicato alla Calabria, della rivista diretta da Calamandrei “Il Ponte”, dove si legge: “ …i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati, creando organi esecutori perfettamente attrezzati dotati di poteri assoluti, chiamando alla direzione i migliori tecnici di cui dispone la nazione..”. “ Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei progetti, delle esecuzioni dirette del Genio Civile e della Forestazione non attrezzati a farle, e degli appalti col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” Questo coraggio invocato da Rossi-Doria, ha cominciato a manifestarsi sia a livello nazionale che regionale. Lo dimostra il sensibile incremento di risorse finanziarie per la tutela delle popolazioni a rischio di calamità naturali e per la valorizzazione dei beni ambientali da parte del governo nazionale che, tra l’altro, ha pure prodotto adeguati strumenti legislativi (come ad es. il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 1999 e il D.L. n.132 del 13 maggio 1999) per l’adozione delle misure di salvaguardia delle aree a rischio da parte delle Regioni. E lo dimostra anche il fatto che, a differenza del passato, la Regione Calabria è riuscita a non far perdere i relativi finanziamenti per decine di miliardi nonostante l’assenza del Servizio Geologico Regionale, delle altre strutture tecniche e dei vari strumenti legislativi da tempo funzionanti nelle altre e regioni d’Italia. Con la stesura e approvazione del Programma Regionale di Difesa del Suolo, la Regione è riuscita ad approvare entro il 31 ottobre 1999 nei limiti dei 40.000 milioni circa assegnati, il Piano degli interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico, con la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. I segnali di novità rispetto al passato sono certamente significativi e se ne comprende la rilevanza se si considera che nella relazione del Procuratore Regionale della Corte dei Conti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 1999 in Calabria, si legge: “ Un fenomeno gravissimo di danno erariale su cui l’ufficio svolge attività istruttoria riguarda le opere pubbliche progettate e non realizzate, realizzate parzialmente, realizzate non utilizzate e di cui il filone relativo ai depuratori costituisce una fattispecie particolare.” …“Si va dalle dighe agli ospedali, ai villaggi, ricostruiti a distanza di ventisei anni dalle alluvioni che li danneggiarono gravemente, di Nardodipace, Cardinale e Centrache, relativamente ai quali l’attività istruttoria si è conclusa e l’ufficio sta valutando i risultati, al fine dell’eventuale emissione di inviti a dedurre nei confronti di ipotetici responsabili di danno erariale, mentre sono ancora in corso gli accertamenti per altri comuni danneggiati dall’alluvione del 1973.” Altra importante novità è quella della implementazione della banca dati del rischio idrogeologico con l’approntamento di adeguato software applicativo, del DB topografico IGM alla scala 1:25.000 ed 1:50.000, della carta geologica alla scala 1:25.000, del DB delle fonti storiche che annovera già 410 schede e dell’acquisizione delle ortoimmagini digitali a colori CGRA/1999 e delle strisciate delle foto aree IGM 1991/92. Con la disponibilità dei dati e della cartografia in rete, come già avviene nelle regione più avanzate d’Italia, si potrà anche in Calabria agevolare molto la conoscenza del territorio e la consapevolezza delle sue fragilità, e consentire ad un numero sempre maggiore di cittadini di diventare soggetti attivi nel campo della Protezione Civile. I segnali nuovi e le attenzioni mostrate nei mesi scorsi in materia di difesa del suolo anche se incoraggianti sono ancora troppo tenui per garantire il consolidarsi di una politica di salvaguardia delle popolazioni calabresi dai rischi idrogeologici e di sviluppo del territorio e delle sue risorse naturali. Le tentazioni ed i rischi di continuare nella vecchia e scellerata politica di saccheggio e spreco delle risorse, per come abbiamo già evidenziato negli ultimi venti anni e anche su questo quotidiano, sono fortemente presenti. Pertanto, non possono e non devono più essere ignorati, soprattutto da chi ha il dovere e il potere di decidere sul governo del territorio, i risultati delle indagini delle Commissioni Lavori pubblici, Comunicazioni e Agricoltura della VI legislatura del Senato sui “Problemi della difesa del suolo” dove in premessa si legge: “Un esame anche sommario delle aree minacciate dimostra, d’altronde, come su di esse si concentri una parte molto cospicua della popolazione, della ricchezza e del potenziale produttivo della nazione. Il fatto stesso di essere in pianura, più vicine al mare, meglio servite dalle vie di comunicazioni, sedi talvolta dei più antichi e illustri insediamenti urbani, ha facilitato in passato e facilita tuttora la concentrazione in queste aree delle attività umane e degli investimenti privati e pubblici.” “ Gli eventi alluvionali, d’altra parte, traggono origine e assumono diversa gravità in relazione allo stato di dissesto in cui si trovano gli alti e medi bacini dei corsi d’acqua. Avendo alle spalle decenni di irrazionale utilizzazione dei terreni montani e collinari e di sporadica e discontinua azione diretta a contrastare i fenomeni del loro dissesto, la minaccia a monte è venuta ognora crescendo con ritmo ancora più celere da quando l’esodo delle popolazioni montane ha indebolito e diradato la difesa, che nel proprio interesse, gli uomini opponevano in passato al dissesto stesso.Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi il dissesto degli alti e medi bacini dei corsi d’acqua, la minaccia alluvionale diventa più grave e rovinosa”. Non si può continuare ad ignorare che in Calabria la gran parte e, comunque, i più rilevanti insediamenti residenziali, agricoli, turistici, archeologici, industriali, (compresa la realtà del porto di Gioa Tauro), sono localizzati lungo i 780 Km di costa e nelle valli o zone di pianura; in pratica in quella parte di territorio dove per oltre due millenni e fino ad alcuni decenni fa, malaria e desolazione hanno imperversato in lungo e largo proprio a causa delle continue e rovinose alluvioni e frane innescate dal venir meno dell’accorta politica di equilibrio idrogeologico e valorizzazione delle risorse naturali che caratterizzò la civiltà della Magna Grecia. E si dovrà tenere conto anche di altre due considerazioni: una di Fausto Gullo primo ministro calabrese dell’attuale Repubblica e l’altra dal ministro attualmente in carica. La prima riportata nella citata rivista “Il Ponte” sul “Problema fondamentale della Calabria : “ Si è cioè, in uno di quei momenti in cui, come scriveva Antonio Gramsci,<<esistono già le condizioni necessarie e sufficienti perché determinanti compiti possano e quindi debbano essere risolti storicamente: debbano, perché ogni venir meno al dovere storico aumenta il disordine necessario e prepara più gravi catastrofi”. La seconda, si può leggere ne “Il Caso Calabria – quale progetto di alternativa al degrado?” edito da Gangemi : “…la Calabria, a ragione, deve rivendicare un proprio diritto al futuro.” Un ultimo dato, riportato anche nel “Caso Calabria”, e relativo agli spazi di occupazione, di reddito e di risorse che si possono aprire con l'attuazione di una seria politica di difesa del suolo. Il dato si riferisce alle previsioni occupazionali relative alla realizzazione, di un Piano di Intervento Pubblico su un bacino idrografico di 193mila ettari e comprendente interventi di: sistemazione dei corsi d'acqua; consolidamento delle pendici; opere di approvvigionamento idrico a scopo potabile e per uso irriguo; opere stradali; miglioramento dei pascoli; opere per energia elettrica. Questi interventi, anche se essenzialmente di tipo conservativo e riferiti ad una situazione di bacino grosso modo assimilabile alla fascia centrale della Calabria compresa tra il Savuto e l'Amato, consentirebbero Un'occupazione di 8,9 giornate per ettaro. Questi stessi dati riportati al 50% del suolo collinare e montano dell'intero Paese, e cioè a 4 milioni e mezzo di ettari, danno una potenzialità di oltre 40 milioni di giornate lavorative; giornate di lavoro che andrebbero, tra l'altro, a vantaggio proprio delle zone interne dove, com'è noto, più drammatica risulta la crisi occupazionale. La convenienza, oltre che sociale, è anche economica; alcuni Piani di Assetto Territoriale approvati dal F.I.O. 1982, dimostrano, infatti, che gli interventi sul territorio comportano tassi di rendimento annuo che arrivano fino al 30% e non solo come mancato danno, ma anche come valore aggiunto creato, sia in termini di occupazione che per l'attività delle imprese, per periodi di 15 o 20 anni. Come si vede la valutazione dei benefici apportati dagli interventi di riassetto idrogeologico non può essere quantificata soltanto con i costi della ricostruzione delle opere danneggiate o distrutte dagli eventi catastrofici, ma deve essere determinata sulla base degli effetti che derivano dal più razionale uso del territorio e dal relativo incremento dell'occupazione, della produttività e quindi anche della qualità della vita. ------------------------------- b) FRANA DI CERZETO La frana di Cerzeto, il più eclatante ma non l’unico movimento franoso evidenziato dall’accelerazione dell’inverno scorso, è un ulteriore segnale del rischio idraulico-geologico e, quindi, del problema della sicurezza in Calabria. Problema aggravato, rispetto al resto del Belpaese, dalla rilevante e progressiva diffusione sia del fenomeno mafioso che del dissesto idrogeologico; fenomeni, non sempre del tutto estranei, e ricorrenti con tragedie poste all’attenzione del grande pubblico solo in occasione del loro violento manifestarsi. Ma la frana di Cerzeto rappresenta solo un piccolo esempio di quanto può accadere in altre centinaia di comuni calabresi. E, quando l’attenzione nazionale ed i riflettori posti su Cerzeto, Favazzina, Filadelfia, San Nicola Arcella saranno spenti, bisognerà evitare di rimettere in ombra ed in silenzio il problema posto dagli ottomila movimenti franosi e dalle centinaia di punti e chilometri quadrati di attenzione per il rischio idraulico della regione. La rilevanza del problema emerge considerando i dati sul rischio idraulico-geologico e sull’assenza e,o inadeguatezza di piani ed interventi per la salvaguardia delle popolazioni e la messa in sicurezza dei territori interessati. 1) Le aree a rischio di frana, delimitate nel Piano d’Assetto Idrogeologico della Calabria, sono 5.581 delle quali 1.775 a rischio elevato R3, in pratica, dove esiste la possibilità di danni a persone, danni funzionali ad edifici ed infrastrutture che ne comportino l'inagibilità. E, addirittura, 747 aree a rischio molto elevato R4, cioè, dove esiste la possibilità di perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture e attività socio-economiche. I comuni interessati da aree in frana a rischio molto elevato sono 268. Non meno grave e diffusa la situazione delle aree a rischio idraulico estese circa 22 chilometri quadrati, dei quali, poco meno della metà, 10,8 a rischio molto elevato. Il problema dell’erosione delle coste interessa circa 278 Km di litorali ed i comuni costieri a rischio molto elevato sono 28. Una realtà che, pur in parte percepibile da ogni angolo della Terra attraverso internet, sembra essere ignorata e, comunque, non considerata dai vari Enti Pubblici preposti e responsabili del governo, gestione e controllo del territorio a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale. Di questa realtà, ed in particolare delle risorse, dei modi e dei tempi degli interventi per la rimozione dei rischi e per l’informazione e l’educazione delle popolazioni ad affrontare i pericoli ai quali sono esposti, si dovranno far carico i nuovi eletti al governo del territorio. 2) Nei comuni della Calabria, per la protezione delle popolazioni locali dal rischio idraulico-geologico, esiste l’obbligo di predisporre piani comunali di emergenza secondo precise direttive indicate con delibera di G. R. n. 877 del 2002. In pratica ogni comune deve pianificare strategie per la mitigazione del rischio sia in fase preventiva, sia in tempi di normalità, sia in fase di emergenza idraulico-geologica. E, tra le strategie più efficaci vengono, tra l’altro, indicate attività come: a) l’informazione alla popolazione sulle situazioni di rischio, sulle iniziative dell’Amministrazione comunale e sulle procedure d’emergenza, fornendo le norme corrette di comportamento durante e dopo il fenomeno idrogeologico critico; b) l’adeguamento degli strumenti urbanistici alle norme di attuazione del PAI e alla legge Urbanistica. In quanti comuni e come si è provveduto? Di certo è che, nelle Linee Guida della stessa legge Urbanistica si legge: “Non è stato ancora realizzato il primo Programma di Previsione e Prevenzione Regionale di cui all’Art. 22 della L.R. 4/97 di Protezione civile, e quelli realizzati da alcune province (Reggio Calabria, Cosenza) sono basati su quadri conoscitivi di pericolosità e rischi di prima approssimazione”. Nelle stesse Linee Guida viene evidenziato che: “Lo stato dell’arte relativo alla disponibilità di quadri conoscitivi generali di pericolosità, rischi e risorse in Calabria, denuncia livelli di elevata inadeguatezza e fortissime carenze. In atto, il quadro conoscitivo più avanzato in tema di pericolosità e rischi idrogeologici, è quello fornito dal PAI..." Ed inoltre che “L’attività dei Servizi Tecnici Nazionali e dei Centri di Ricerca nazionali e regionali, sicuramente pregevole a livello scientifico, non ha portato all’elaborazione di cartografie di pericolosità, rischi e risorse sulle quali possa basarsi una configurazione degli scenari di pericolosità e rischi, realmente rappresentativa a livello regionale e subregionale”. Tuttavia, rilevanza e diffusione del dissesto idrogeologico emergono in modo chiaro richiamando alla memoria gli innumerevoli casi di alluvionamenti come quelli di Soverato e Crotone, le frane con le ordinanze di sgombero ed i trasferimenti d’interi centri abitati degli ultimi anni, e quelli del passato meno recente, con distruzioni e morti documentati ampiamente da pubblicazioni e cronache di ogni epoca riguardanti la Calabria. Oltre che nei circa 3.000 fogli del PAI, alcune aree a rischio sono riportate anche nelle mappe della “Valutazione delle Piene in Calabria” dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Cosenza e del Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche, con i dati della Commissione De Marchi del 1970 e dello studio della Tecnico del 1973. E, ancora d’interesse e di estrema attualità si rilevano i risultati delle indagini delle Commissioni Lavori pubblici, Comunicazioni e Agricoltura della VI legislatura del Senato sui “Problemi della difesa del suolo”. Risultati che, tra l’altro, mettono in evidenzia, che: “Un esame anche sommario delle aree minacciate dimostra, d’altronde, come su di esse si concentri una parte molto cospicua della popolazione, della ricchezza e del potenziale produttivo. Il fatto stesso di essere in pianura, più vicine al mare, meglio servite dalle vie di comunicazioni, sedi talvolta dei più antichi e illustri insediamenti urbani, ha facilitato in passato e facilita tuttora la concentrazione in queste aree delle attività umane e degli investimenti privati e pubblici. Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi la consistenza e il valore delle ricchezze situate nelle aree minacciate dalle alluvioni, cresce la potenziale entità dei danni che le alluvioni possono arrecare.” Per il rischio idraulico nel PAI Calabria sono indicati anche 1.181,14 chilometri quadrati di zone di attenzione e 626 punti di attenzione. 3) Sul diffondersi del degrado idrogeologico e dei rischi connessi, un ruolo determinante è svolto dalla risorsa acqua: l’oro blù del terzo millennio, l’elemento all’origine di gran parte dei conflitti in atto sul Pianeta, e al centro della campagna internazionale “Acqua per la vita” promossa dall’UNICEF in considerazione del fatto che il 21% dei bambini dei paesi in via di sviluppo soffre la penuria di acqua. Invece di sviluppo e ricchezza, l’abbondanza d’acqua disponibile in Calabria, perché, mediamente, piove di più che nelle altre regioni, per il malgoveno del territorio, provoca: movimenti franosi sui rilevi collinari e montani, alluvioni in pianura con allagamento e convogliamento anche dei rifiuti e, quindi, l’inquinamento delle falde idriche e delle acque marine. 4) Sul che fare per la messa in sicurezza delle popolazioni e del territorio calabrese è di estrema attualità la “ricetta”, prescritta mezzo secolo fa, da M. Rossi-Doria: “ i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati. Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” In conclusione, se, in chi ha il dovere e il potere di decidere sul governo del territorio, continuerà a mancare capacità e volontà di concertare tra i vari enti interessati un progetto di intervento strategico sul territorio, coordinando piani, risorse finanziarie e competenze operative per affrontare tutti gli obiettivi prioritari: dalla riqualificazione delle aree fluviali e difesa delle coste al consolidamento dei territori soggetti a frane; dalla prevenzione del rischio sismico al recupero dei centri storici e delle periferie degradate ed abusive, dalla tutela dei boschi rispetto agli incendi agli interventi di sviluppo nelle zone collinari e montane ed alla valorizzazione di tutte le risorse naturali disponibili, non c’è speranza che dalla pratica dell’emergenza si possa passare alla cultura della prevenzione. ------------- c) ALLUVIONE VIBO VALENZIA Le specificità del disastro di Vibo Valentia e del suo contesto territoriale stimolano qualche riflessione sulla diffusione e gravità del dissesto idrogeologico e, quindi, sull’urgenza della messa in sicurezza delle popolazioni. 1) L’assetto idrogeomorfologico del territorio di Vibo Valentia è caratterizzato da diverse aree a rischio elevato. In particolare, riguardo al rischio idraulico nei 46,34 Kmq del territorio comunale, nel corso dei rilievi del PAI (Piano per l’Assetto Idrogeologico della Calabria), sono stati individuati: 388.404 metri quadrati a rischio R2; 57.748 metri quadrati a rischio R3 dove esiste la possibilità di danni anche alle persone; 173.608 metri quadrati a rischio R4, dove esiste la possibilità di perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture e attività socio-economiche. Sempre aVibo Valentia sono state individuate Aree di attenzione su 900.424 metri quadrati e Zone di attenzione su 2,5 chilometri quadrati che per lo stesso PAI sono da considerare a rischio molto elevato. Le frane attive e quiescenti rilevate nelle zone d’interesse del capoluogo e delle frazioni di Vibo Marina, Bivona, Porto Salvo, Longobardi, San Pietro, Piscopio, Vene e Triparni sono riportate nelle tavole del PAI. Il totale delle superfici a rischio (R3 + R4) è di 16,29 HA. 2) Vibo Valentia è stato pioniere ed uno dei pochi comuni della regione ad iniziare, qualche decennio fa, un programma con esercitazione per la difesa dal rischio terremoto. L’evento disastroso è avvenuto di giorno e Bernardo De Bernardinis, direttore generale della Protezione Civile, lasciando Vibo Valentia ha sottolineato quanto continui ad essere a rischio la situazione sul piano dell'assetto idrogeologico in particolare a Vibo Marina e "Pennello". 3) Il territorio di Vibo V. ricade in un contesto di regione costretta, in ogni periodo dell’anno, ad un’emergenza tipo frane, incendi boschivi, alluvioni, inquinamenti, rifiuti, terremoti, siccità e così via: un flusso di emergenze vecchie e nuove, il cui intreccio costituisce la “questione ambientale”e che, oltre a problemi di sicurezza, coinvolge ogni attività sociale dall’economia alla salute e alla cultura. Questo flusso di emergenze evidenzia deficienze nel controllo e Governo del territorio ed è trattato da molti mezzi d’informazione in modo intermittente: nei giorni dei di
 
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