Blog
Un blog creato da pileggi il 18/03/2008

Ambiente&Risorse

DATI SULLA SPECIFICITA' DEL TERRITORIO ...........per favorire la valorizzazione delle ingenti disponibilità di risorse naturali (falde e sorgenti di acqua potabile e termale, suoli, giacimenti minerari, spiagge,montagne, geositi, forme di vita vegetali e animali terresti ed acquatici, ecc); -e ......... per stimolare interventi urgenti finalizzati alla Difesa delle popolazioni e ad ATTENUARE I DANNI DAI RISCHI IDROGEOLOGICI FRANE ALLUVIONI TERREMOTI TSUNAMI da inevitabili fenomeni naturali (precipitazioni, sismicità, vulcanesimo, ecc)

 
 

RISORSE & RISCHI

- IMMAGINI risorse e rischi Territorio
- GEOLGIA AMBIENTALE
- GIORNATA MONDIALE ACQUA AMICI della TERRA ITALIA
- LAMEZIAOGGI
- TERREMOTO CAUSE E RIMEDI Calabresi.net
- L'Officina dell'Ambiente
- AreaLocale
- DISSESTO IDROGEOLOGICO
- Amici della Terra Pollino
- l'Altro Quotidiano
- ZONE A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA
- MARI TIRRENO E JONIO (2009)
- SALUTE DEI MARI NEGLI ULTIMI 10 ANNI
- RISCHIO SISMICO
- I GIACIMENTI MINERARI
- L'ACQUA PIù BUONA D'EUROPA
- CONDIZIONE DEL MARE - INTERROGAZIONE VENDOLA CAMERA DEPUTATI
- qlk dato
- I buchi del BelPaese - alluvione di FI
- GUIDA BLU
- X LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO D RISORSE NATURALI
- L’argento del Valanidi
- GUIDABLU
- MARE LUGLIO 09
- GEOLOGIA AMBIENTE TERRITORIO
- APERTURA STAGIONE BALNEARE2010
- ARPACAL balneazione 2010
- http://www.lameziaclick. risorse-naturali
- HA PRESO IL VIA LA STAGIONE BALNEARE
- ANNIVERSARIO ALLUVIONE DI FIRENZE
- MARE 2008 CITTA' di PALMI
- monitoraggioidrografico RAPPORTO STATO SALUTE MARI 2009
- MINIERE IDENTICHE ESTREMITA' PENISOLA DEL BELPAESE
- GEO-ARCHEOLOGIA
- UNICAL seminario RISCHIO IDROGEOLOGICO
- 100 anni dopo il terremoto cosa è cambiato
- IL CAMPO mari 2009
- fai notizia
- dissesto idrogeologico parte 1/5
- Gazzetta del Sud mare 2010 tirreno catanzarese
- http://www.provincia.cosenza
- QuiMETEO
- http://www.ntacalabria.it/acquapiubuona.htm
- calabrianostra
- area locale mare 2007
- calabriaonline
- Provincia Cosenza comitato rischi
- PROTEZIONE CIVILE
- curingaonline.it/col/in-prima-pagina/in-prima-pagina-tratti-non-balne
- http://it-it.facebook.com/posted.php?id=114073158621909
- lameziaweb.biz
- RAPPORTO SALUTE MARI 07
- 09 RAPPORTO SALUTE MARI
- http://datpresenter.com
- SITO WEB
- STATO SALUTE MARI
- RAPPORTO MARE 2009
- RASSEGNA STAMPA UNIVERSITA' RC
- RISCHIO SISMICO CN24
- GIORNATA MONDIALE ACQUA
- ACQUA
- RISCHIO TERREMOTO NELLO STRETTO
- ALCUNI VIDEO
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

TAG

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

pileggiArianna1921grandelupobiancogeol.paolinovercillororablumarerussofrancesco77f.melchiorrigiannivillaricalabriatoursveronyk80emilianogiurannodeodavluca_berteleanbo54
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Ultimi Commenti

pileggi
pileggi il 21/11/09 alle 23:07 via WEB
http://www.youtube.com/user/geologomariopilegggi
 
pileggi
pileggi il 28/07/09 alle 09:15 via WEB
CAMBIAMENTI CLIMATICI - Pubbl. pag. Scienze & Tecnologie ottobre 2007- Studi recenti del CNR e del Comitato Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc) sul mediterraneo evidenziano che, a partire dal 1930 in Italia il clima sta diventando più caldo e più secco nel Sud mentre nel nord sta crescendo l’intensità delle precipitazioni. In particolare, in Calabria si rileva l’aumento sia di periodi di siccità idrologica sia di precipitazioni brevi e intense e, quindi, una maggiore frequenza di alluvioni e piene straordinarie. Altri dati rilevati dall’Istituto di ricerca sul mare, Icram, evidenziano l’aumento di 2 gradi della temperatura del Tirreno: in pratica la temperatura media rilevata l’inverno scorso nel Tirreno è risultata di 15 gradi contro 13 che si misurano abitualmente. Tra gli effetti di questo aumento, nel Tirreno calabrese e meridionale si è registrato un calo del 30% della “produzione primaria”, con un ritmo del 4-5% al mese fino a maggio. In pratica il plancton vegetale e, quindi l’alimentazione delle specie marine si è ridotta bruscamente di circa un terzo rispetto al passato, con conseguenze sulla quantità di pescato e sull’equilibrio ambientale dell’intero Mediterraneo. Cambiamenti preoccupanti anche nell’Adriatico, come ad esempio nel Golfo di Trieste, dove nasce una delle tre ‘correnti del Golfo’ mediterranee che condizionano la vitalità dello stesso; e dove dai 5 gradi della media invernale dell’ultimo secolo, già nel 2003 la temperatura è aumentata fino a 13 gradi. Questo riscaldamento delle acque profonde innesca seri motivi di allarme: per la diminuzione di produzione primaria e quindi di biomassa marina; per la diminuzione dell’assorbimento dell’anidride carbonica, il più importante dei gas che alterano il clima; per la scomparsa della ‘corrente del Golfo’ di Trieste che potrebbe mettere in discussione l’equilibrio ambientale e climatico dell’intero Mediterraneo. Infatti, l’aumento della temperatura in superficie, che si propaga anche in profondità, rallenta il rimescolamento delle acque nell’intero Mediterraneo: la riduzione del differenziale termico tra il livello più superficiale del mare e quello più profondo riduce il movimento e quindi rallenta il meccanismo che provoca il rimescolamento delle acque nell’intero bacino. Una delle conseguenze: la scomparsa delle microalghe che rappresentano la base della catena alimentare marina (a causa della mancata risalita di nutrienti dai fondali). Molto importanti, secondo Rubbia, sono anche le conseguenze del cambiamento climatico sulla flora, sulla fauna e sull’agricoltura. Si potrebbe verificare, infatti, una progressiva disidratazione e una forte deforestazione nel nostro Paese. Lo stesso scienziato in audizione dei mesi scorsi al Senato ha affermato “dobbiamo aspettarci in Italia una desertificazione e una deforestazione progressive, dovute allo spostamento verso Nord della linea di demarcazione che al momento separa il clima delle zone sahariane e quelle dell’Europa del Sud. Per quanto riguarda il mar Mediterraneo, inoltre, sono da temere particolarmente due effetti che si aggiungono all’analisi dell’IPCC. Il primo si riferisce alla progressiva desertificazione, e alla conseguente mancanza di acqua, dovuta allo spostamento verso Nord dell’anticiclone delle Azzorre. Lo spostamento verso Nord dell’anticiclone delle Azzorre, dunque, sostituira` le condizioni climatiche tipiche della zona africana alle condizioni climatiche tipiche del Sud del nostro Paese.” A causa dell’incremento della temperatura si prevede per i prossimi 30-40 anni un aumento del livello del mare, con valori compresi tra 50 e 290 mm. Gli effetti quantificabili sulla fascia costiera: invasione di aree molto basse e delle paludi costiere; accelerazione dell'erosione delle coste;aumento della salinità negli estuari e nei delta a causa dell'ingresso del cuneo salino; incremento delle infiltrazioni di acqua salata negli acquiferi della fascia litoranea; aumento della probabilità di straripamenti e di alluvioni nel caso di forti piene. L'impatto sulle coste potrà essere ben più grave nelle zone soggette ad un incremento della desertificazione: un maggior emungimento delle falde acquifere in ambiente costiero, porterà ad un aumento della salinizzazione degli acquiferi profondi. Fenomeni, in Calabria, già molto diffusi e preoccupanti nelle tre più importanti pianure costiere di Sibari, sant’Eufemia e Gioa Tauro. Rilevante è l’impatto sulla salute per l’incremento di malattie cardiovascolari, cerebro vascolari e respiratorie e delle morti causate dall’ondata di calore; e per i casi addizionali di vettori, alimenti e acque contaminate, malnutrizione e malattie psicosociali associate ai diversi trend climatici. Basta pensare che l’ondata di calore che ha colpito l’Europa nel 2003 con 4-5° C sopra la media del periodo, associata a livelli elevati di inquinamento atmosferico, è coincisa in Italia nei mesi luglio-settembre con un eccesso di mortalità rispetto allo stesso periodo nel 2002 di 18.257 morti pari ad un aumento del 14,5%. Le conoscenze scientifiche e gli strumenti oggi disponibili sono in grado di contrastare e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Per riuscirci la voce "adattamento ai cambiamenti climatici" deve essere scritta, come nel resto dei paesi europei, nell’agenda e nel piano di spesa del Governo già dalla Finanziaria 2008. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- DISSESTO IDROGEOLOGICO Pubblic. Mensile Calabria a) la difesa dai rischi geologici e dalle "calamità naturali" può e deve essere attuata nel contesto di un generale piano di recupero e di razionale utilizzo e valorizzazione del grande patrimonio di risorse naturali (acqua, suolo, coste, giacimenti minerari) del territorio calabrese. “Sfasciume pendulo sul mare” e “Terra di rapina e di disastri” sono le più note e rappresentative “immagini” del recente e remoto passato del territorio calabrese. Queste immagini, nel nuovo millennio, potrebbero rapidamente sbiadirsi ed essere gradualmente sostituite da altre più gradevoli e rassicuranti sul riequilibrio degli assetti idrogeologici e favorire il recupero della memoria storica e dello splendore della civiltà della Magna Grecia per come riferito, tra gli altri, da Plinio nella “Storia Naturale”e da A. Placanica e De Seta-Pratesi rispettivamente nei volumi dedicati alla “Calabria” e “Insediamenti e Territori” della “Storia d’Italia” dell’Enaudi. Lo sbiadire delle antiche immagini, anche se per il momento molto tenue, in verità è cominciato nei mesi scorsi con alcune attenzioni dei governi nazionale e regionale sul grave problema del rischio idrogeologico rappresentato, com’è noto, da eventi (frane e alluvioni) che producono danni misurabili a persone e cose. Sulla diffusione e dimensione dello stesso rischio idrogeologico va tenuto presente che i servizi tecnici della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno registrato 5.400 alluvioni e 11.000 frane in Italia negli ultimi 80 anni. Oltre alla grave e intollerabile perdita di vite umane, i danni, solo negli ultimi 20 anni sono stati di 30.000 miliardi di lire. E, com’è noto, a contribuire in modo rilevante, è stata la Calabria dove nell’archivio AVI del CNR-GNCI (gruppo nazionale catastrofi idrogeologiche) sono censiti 658 eventi di frana e 496 eventi alluvionali relativi a 230 località; dove il dissesto idrogeologico è così diffuso ed esteso da rendere necessario, secondo i dirigenti degli ex Geni Civili regionali, un programma di difesa del suolo del costo finanziario di circa 4.000 miliardi di lire. Le attenzioni, in parte contenute nel Programma Regionale di Difesa del Suolo, in attuazione della Legge 257/98 e dal D.L. 13 maggio 1999, n.132, si rilevano, ad esempio, dalle attività messe in atto e finalizzate sia alla previsione sia alla prevenzione; si rilevano anche nel modo in cui si è cominciato ad affrontare il problema e che richiama alla memoria le analisi di M. Rossi-Doria sul fascicolo dedicato alla Calabria, della rivista diretta da Calamandrei “Il Ponte”, dove si legge: “ …i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati, creando organi esecutori perfettamente attrezzati dotati di poteri assoluti, chiamando alla direzione i migliori tecnici di cui dispone la nazione..”. “ Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei progetti, delle esecuzioni dirette del Genio Civile e della Forestazione non attrezzati a farle, e degli appalti col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” Questo coraggio invocato da Rossi-Doria, ha cominciato a manifestarsi sia a livello nazionale che regionale. Lo dimostra il sensibile incremento di risorse finanziarie per la tutela delle popolazioni a rischio di calamità naturali e per la valorizzazione dei beni ambientali da parte del governo nazionale che, tra l’altro, ha pure prodotto adeguati strumenti legislativi (come ad es. il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 1999 e il D.L. n.132 del 13 maggio 1999) per l’adozione delle misure di salvaguardia delle aree a rischio da parte delle Regioni. E lo dimostra anche il fatto che, a differenza del passato, la Regione Calabria è riuscita a non far perdere i relativi finanziamenti per decine di miliardi nonostante l’assenza del Servizio Geologico Regionale, delle altre strutture tecniche e dei vari strumenti legislativi da tempo funzionanti nelle altre e regioni d’Italia. Con la stesura e approvazione del Programma Regionale di Difesa del Suolo, la Regione è riuscita ad approvare entro il 31 ottobre 1999 nei limiti dei 40.000 milioni circa assegnati, il Piano degli interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico, con la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l’incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. I segnali di novità rispetto al passato sono certamente significativi e se ne comprende la rilevanza se si considera che nella relazione del Procuratore Regionale della Corte dei Conti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 1999 in Calabria, si legge: “ Un fenomeno gravissimo di danno erariale su cui l’ufficio svolge attività istruttoria riguarda le opere pubbliche progettate e non realizzate, realizzate parzialmente, realizzate non utilizzate e di cui il filone relativo ai depuratori costituisce una fattispecie particolare.” …“Si va dalle dighe agli ospedali, ai villaggi, ricostruiti a distanza di ventisei anni dalle alluvioni che li danneggiarono gravemente, di Nardodipace, Cardinale e Centrache, relativamente ai quali l’attività istruttoria si è conclusa e l’ufficio sta valutando i risultati, al fine dell’eventuale emissione di inviti a dedurre nei confronti di ipotetici responsabili di danno erariale, mentre sono ancora in corso gli accertamenti per altri comuni danneggiati dall’alluvione del 1973.” Altra importante novità è quella della implementazione della banca dati del rischio idrogeologico con l’approntamento di adeguato software applicativo, del DB topografico IGM alla scala 1:25.000 ed 1:50.000, della carta geologica alla scala 1:25.000, del DB delle fonti storiche che annovera già 410 schede e dell’acquisizione delle ortoimmagini digitali a colori CGRA/1999 e delle strisciate delle foto aree IGM 1991/92. Con la disponibilità dei dati e della cartografia in rete, come già avviene nelle regione più avanzate d’Italia, si potrà anche in Calabria agevolare molto la conoscenza del territorio e la consapevolezza delle sue fragilità, e consentire ad un numero sempre maggiore di cittadini di diventare soggetti attivi nel campo della Protezione Civile. I segnali nuovi e le attenzioni mostrate nei mesi scorsi in materia di difesa del suolo anche se incoraggianti sono ancora troppo tenui per garantire il consolidarsi di una politica di salvaguardia delle popolazioni calabresi dai rischi idrogeologici e di sviluppo del territorio e delle sue risorse naturali. Le tentazioni ed i rischi di continuare nella vecchia e scellerata politica di saccheggio e spreco delle risorse, per come abbiamo già evidenziato negli ultimi venti anni e anche su questo quotidiano, sono fortemente presenti. Pertanto, non possono e non devono più essere ignorati, soprattutto da chi ha il dovere e il potere di decidere sul governo del territorio, i risultati delle indagini delle Commissioni Lavori pubblici, Comunicazioni e Agricoltura della VI legislatura del Senato sui “Problemi della difesa del suolo” dove in premessa si legge: “Un esame anche sommario delle aree minacciate dimostra, d’altronde, come su di esse si concentri una parte molto cospicua della popolazione, della ricchezza e del potenziale produttivo della nazione. Il fatto stesso di essere in pianura, più vicine al mare, meglio servite dalle vie di comunicazioni, sedi talvolta dei più antichi e illustri insediamenti urbani, ha facilitato in passato e facilita tuttora la concentrazione in queste aree delle attività umane e degli investimenti privati e pubblici.” “ Gli eventi alluvionali, d’altra parte, traggono origine e assumono diversa gravità in relazione allo stato di dissesto in cui si trovano gli alti e medi bacini dei corsi d’acqua. Avendo alle spalle decenni di irrazionale utilizzazione dei terreni montani e collinari e di sporadica e discontinua azione diretta a contrastare i fenomeni del loro dissesto, la minaccia a monte è venuta ognora crescendo con ritmo ancora più celere da quando l’esodo delle popolazioni montane ha indebolito e diradato la difesa, che nel proprio interesse, gli uomini opponevano in passato al dissesto stesso.Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi il dissesto degli alti e medi bacini dei corsi d’acqua, la minaccia alluvionale diventa più grave e rovinosa”. Non si può continuare ad ignorare che in Calabria la gran parte e, comunque, i più rilevanti insediamenti residenziali, agricoli, turistici, archeologici, industriali, (compresa la realtà del porto di Gioa Tauro), sono localizzati lungo i 780 Km di costa e nelle valli o zone di pianura; in pratica in quella parte di territorio dove per oltre due millenni e fino ad alcuni decenni fa, malaria e desolazione hanno imperversato in lungo e largo proprio a causa delle continue e rovinose alluvioni e frane innescate dal venir meno dell’accorta politica di equilibrio idrogeologico e valorizzazione delle risorse naturali che caratterizzò la civiltà della Magna Grecia. E si dovrà tenere conto anche di altre due considerazioni: una di Fausto Gullo primo ministro calabrese dell’attuale Repubblica e l’altra dal ministro attualmente in carica. La prima riportata nella citata rivista “Il Ponte” sul “Problema fondamentale della Calabria : “ Si è cioè, in uno di quei momenti in cui, come scriveva Antonio Gramsci,<<esistono già le condizioni necessarie e sufficienti perché determinanti compiti possano e quindi debbano essere risolti storicamente: debbano, perché ogni venir meno al dovere storico aumenta il disordine necessario e prepara più gravi catastrofi”. La seconda, si può leggere ne “Il Caso Calabria – quale progetto di alternativa al degrado?” edito da Gangemi : “…la Calabria, a ragione, deve rivendicare un proprio diritto al futuro.” Un ultimo dato, riportato anche nel “Caso Calabria”, e relativo agli spazi di occupazione, di reddito e di risorse che si possono aprire con l'attuazione di una seria politica di difesa del suolo. Il dato si riferisce alle previsioni occupazionali relative alla realizzazione, di un Piano di Intervento Pubblico su un bacino idrografico di 193mila ettari e comprendente interventi di: sistemazione dei corsi d'acqua; consolidamento delle pendici; opere di approvvigionamento idrico a scopo potabile e per uso irriguo; opere stradali; miglioramento dei pascoli; opere per energia elettrica. Questi interventi, anche se essenzialmente di tipo conservativo e riferiti ad una situazione di bacino grosso modo assimilabile alla fascia centrale della Calabria compresa tra il Savuto e l'Amato, consentirebbero Un'occupazione di 8,9 giornate per ettaro. Questi stessi dati riportati al 50% del suolo collinare e montano dell'intero Paese, e cioè a 4 milioni e mezzo di ettari, danno una potenzialità di oltre 40 milioni di giornate lavorative; giornate di lavoro che andrebbero, tra l'altro, a vantaggio proprio delle zone interne dove, com'è noto, più drammatica risulta la crisi occupazionale. La convenienza, oltre che sociale, è anche economica; alcuni Piani di Assetto Territoriale approvati dal F.I.O. 1982, dimostrano, infatti, che gli interventi sul territorio comportano tassi di rendimento annuo che arrivano fino al 30% e non solo come mancato danno, ma anche come valore aggiunto creato, sia in termini di occupazione che per l'attività delle imprese, per periodi di 15 o 20 anni. Come si vede la valutazione dei benefici apportati dagli interventi di riassetto idrogeologico non può essere quantificata soltanto con i costi della ricostruzione delle opere danneggiate o distrutte dagli eventi catastrofici, ma deve essere determinata sulla base degli effetti che derivano dal più razionale uso del territorio e dal relativo incremento dell'occupazione, della produttività e quindi anche della qualità della vita. ------------------------------- b) FRANA DI CERZETO La frana di Cerzeto, il più eclatante ma non l’unico movimento franoso evidenziato dall’accelerazione dell’inverno scorso, è un ulteriore segnale del rischio idraulico-geologico e, quindi, del problema della sicurezza in Calabria. Problema aggravato, rispetto al resto del Belpaese, dalla rilevante e progressiva diffusione sia del fenomeno mafioso che del dissesto idrogeologico; fenomeni, non sempre del tutto estranei, e ricorrenti con tragedie poste all’attenzione del grande pubblico solo in occasione del loro violento manifestarsi. Ma la frana di Cerzeto rappresenta solo un piccolo esempio di quanto può accadere in altre centinaia di comuni calabresi. E, quando l’attenzione nazionale ed i riflettori posti su Cerzeto, Favazzina, Filadelfia, San Nicola Arcella saranno spenti, bisognerà evitare di rimettere in ombra ed in silenzio il problema posto dagli ottomila movimenti franosi e dalle centinaia di punti e chilometri quadrati di attenzione per il rischio idraulico della regione. La rilevanza del problema emerge considerando i dati sul rischio idraulico-geologico e sull’assenza e,o inadeguatezza di piani ed interventi per la salvaguardia delle popolazioni e la messa in sicurezza dei territori interessati. 1) Le aree a rischio di frana, delimitate nel Piano d’Assetto Idrogeologico della Calabria, sono 5.581 delle quali 1.775 a rischio elevato R3, in pratica, dove esiste la possibilità di danni a persone, danni funzionali ad edifici ed infrastrutture che ne comportino l'inagibilità. E, addirittura, 747 aree a rischio molto elevato R4, cioè, dove esiste la possibilità di perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture e attività socio-economiche. I comuni interessati da aree in frana a rischio molto elevato sono 268. Non meno grave e diffusa la situazione delle aree a rischio idraulico estese circa 22 chilometri quadrati, dei quali, poco meno della metà, 10,8 a rischio molto elevato. Il problema dell’erosione delle coste interessa circa 278 Km di litorali ed i comuni costieri a rischio molto elevato sono 28. Una realtà che, pur in parte percepibile da ogni angolo della Terra attraverso internet, sembra essere ignorata e, comunque, non considerata dai vari Enti Pubblici preposti e responsabili del governo, gestione e controllo del territorio a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale. Di questa realtà, ed in particolare delle risorse, dei modi e dei tempi degli interventi per la rimozione dei rischi e per l’informazione e l’educazione delle popolazioni ad affrontare i pericoli ai quali sono esposti, si dovranno far carico i nuovi eletti al governo del territorio. 2) Nei comuni della Calabria, per la protezione delle popolazioni locali dal rischio idraulico-geologico, esiste l’obbligo di predisporre piani comunali di emergenza secondo precise direttive indicate con delibera di G. R. n. 877 del 2002. In pratica ogni comune deve pianificare strategie per la mitigazione del rischio sia in fase preventiva, sia in tempi di normalità, sia in fase di emergenza idraulico-geologica. E, tra le strategie più efficaci vengono, tra l’altro, indicate attività come: a) l’informazione alla popolazione sulle situazioni di rischio, sulle iniziative dell’Amministrazione comunale e sulle procedure d’emergenza, fornendo le norme corrette di comportamento durante e dopo il fenomeno idrogeologico critico; b) l’adeguamento degli strumenti urbanistici alle norme di attuazione del PAI e alla legge Urbanistica. In quanti comuni e come si è provveduto? Di certo è che, nelle Linee Guida della stessa legge Urbanistica si legge: “Non è stato ancora realizzato il primo Programma di Previsione e Prevenzione Regionale di cui all’Art. 22 della L.R. 4/97 di Protezione civile, e quelli realizzati da alcune province (Reggio Calabria, Cosenza) sono basati su quadri conoscitivi di pericolosità e rischi di prima approssimazione”. Nelle stesse Linee Guida viene evidenziato che: “Lo stato dell’arte relativo alla disponibilità di quadri conoscitivi generali di pericolosità, rischi e risorse in Calabria, denuncia livelli di elevata inadeguatezza e fortissime carenze. In atto, il quadro conoscitivo più avanzato in tema di pericolosità e rischi idrogeologici, è quello fornito dal PAI..." Ed inoltre che “L’attività dei Servizi Tecnici Nazionali e dei Centri di Ricerca nazionali e regionali, sicuramente pregevole a livello scientifico, non ha portato all’elaborazione di cartografie di pericolosità, rischi e risorse sulle quali possa basarsi una configurazione degli scenari di pericolosità e rischi, realmente rappresentativa a livello regionale e subregionale”. Tuttavia, rilevanza e diffusione del dissesto idrogeologico emergono in modo chiaro richiamando alla memoria gli innumerevoli casi di alluvionamenti come quelli di Soverato e Crotone, le frane con le ordinanze di sgombero ed i trasferimenti d’interi centri abitati degli ultimi anni, e quelli del passato meno recente, con distruzioni e morti documentati ampiamente da pubblicazioni e cronache di ogni epoca riguardanti la Calabria. Oltre che nei circa 3.000 fogli del PAI, alcune aree a rischio sono riportate anche nelle mappe della “Valutazione delle Piene in Calabria” dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Cosenza e del Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche, con i dati della Commissione De Marchi del 1970 e dello studio della Tecnico del 1973. E, ancora d’interesse e di estrema attualità si rilevano i risultati delle indagini delle Commissioni Lavori pubblici, Comunicazioni e Agricoltura della VI legislatura del Senato sui “Problemi della difesa del suolo”. Risultati che, tra l’altro, mettono in evidenzia, che: “Un esame anche sommario delle aree minacciate dimostra, d’altronde, come su di esse si concentri una parte molto cospicua della popolazione, della ricchezza e del potenziale produttivo. Il fatto stesso di essere in pianura, più vicine al mare, meglio servite dalle vie di comunicazioni, sedi talvolta dei più antichi e illustri insediamenti urbani, ha facilitato in passato e facilita tuttora la concentrazione in queste aree delle attività umane e degli investimenti privati e pubblici. Ogni anno che passa, pertanto, accrescendosi la consistenza e il valore delle ricchezze situate nelle aree minacciate dalle alluvioni, cresce la potenziale entità dei danni che le alluvioni possono arrecare.” Per il rischio idraulico nel PAI Calabria sono indicati anche 1.181,14 chilometri quadrati di zone di attenzione e 626 punti di attenzione. 3) Sul diffondersi del degrado idrogeologico e dei rischi connessi, un ruolo determinante è svolto dalla risorsa acqua: l’oro blù del terzo millennio, l’elemento all’origine di gran parte dei conflitti in atto sul Pianeta, e al centro della campagna internazionale “Acqua per la vita” promossa dall’UNICEF in considerazione del fatto che il 21% dei bambini dei paesi in via di sviluppo soffre la penuria di acqua. Invece di sviluppo e ricchezza, l’abbondanza d’acqua disponibile in Calabria, perché, mediamente, piove di più che nelle altre regioni, per il malgoveno del territorio, provoca: movimenti franosi sui rilevi collinari e montani, alluvioni in pianura con allagamento e convogliamento anche dei rifiuti e, quindi, l’inquinamento delle falde idriche e delle acque marine. 4) Sul che fare per la messa in sicurezza delle popolazioni e del territorio calabrese è di estrema attualità la “ricetta”, prescritta mezzo secolo fa, da M. Rossi-Doria: “ i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati. Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” In conclusione, se, in chi ha il dovere e il potere di decidere sul governo del territorio, continuerà a mancare capacità e volontà di concertare tra i vari enti interessati un progetto di intervento strategico sul territorio, coordinando piani, risorse finanziarie e competenze operative per affrontare tutti gli obiettivi prioritari: dalla riqualificazione delle aree fluviali e difesa delle coste al consolidamento dei territori soggetti a frane; dalla prevenzione del rischio sismico al recupero dei centri storici e delle periferie degradate ed abusive, dalla tutela dei boschi rispetto agli incendi agli interventi di sviluppo nelle zone collinari e montane ed alla valorizzazione di tutte le risorse naturali disponibili, non c’è speranza che dalla pratica dell’emergenza si possa passare alla cultura della prevenzione. ------------- c) ALLUVIONE VIBO VALENZIA Le specificità del disastro di Vibo Valentia e del suo contesto territoriale stimolano qualche riflessione sulla diffusione e gravità del dissesto idrogeologico e, quindi, sull’urgenza della messa in sicurezza delle popolazioni. 1) L’assetto idrogeomorfologico del territorio di Vibo Valentia è caratterizzato da diverse aree a rischio elevato. In particolare, riguardo al rischio idraulico nei 46,34 Kmq del territorio comunale, nel corso dei rilievi del PAI (Piano per l’Assetto Idrogeologico della Calabria), sono stati individuati: 388.404 metri quadrati a rischio R2; 57.748 metri quadrati a rischio R3 dove esiste la possibilità di danni anche alle persone; 173.608 metri quadrati a rischio R4, dove esiste la possibilità di perdita di vite umane o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture e attività socio-economiche. Sempre aVibo Valentia sono state individuate Aree di attenzione su 900.424 metri quadrati e Zone di attenzione su 2,5 chilometri quadrati che per lo stesso PAI sono da considerare a rischio molto elevato. Le frane attive e quiescenti rilevate nelle zone d’interesse del capoluogo e delle frazioni di Vibo Marina, Bivona, Porto Salvo, Longobardi, San Pietro, Piscopio, Vene e Triparni sono riportate nelle tavole del PAI. Il totale delle superfici a rischio (R3 + R4) è di 16,29 HA. 2) Vibo Valentia è stato pioniere ed uno dei pochi comuni della regione ad iniziare, qualche decennio fa, un programma con esercitazione per la difesa dal rischio terremoto. L’evento disastroso è avvenuto di giorno e Bernardo De Bernardinis, direttore generale della Protezione Civile, lasciando Vibo Valentia ha sottolineato quanto continui ad essere a rischio la situazione sul piano dell'assetto idrogeologico in particolare a Vibo Marina e "Pennello". 3) Il territorio di Vibo V. ricade in un contesto di regione costretta, in ogni periodo dell’anno, ad un’emergenza tipo frane, incendi boschivi, alluvioni, inquinamenti, rifiuti, terremoti, siccità e così via: un flusso di emergenze vecchie e nuove, il cui intreccio costituisce la “questione ambientale”e che, oltre a problemi di sicurezza, coinvolge ogni attività sociale dall’economia alla salute e alla cultura. Questo flusso di emergenze evidenzia deficienze nel controllo e Governo del territorio ed è trattato da molti mezzi d’informazione in modo intermittente: nei giorni dei di
 
pileggi
pileggi il 28/07/09 alle 09:11 via WEB
UN GRANDE PATRIMONIO NON VALORIZZATO E SENZA TUTELA LE ACQUE POTABILI TRA LE MIGLIORI D’EUROPA INVECE DI MIGLIORARE SALUTE E CONDIZIONI ECONOMICHE DEI CALABRESI FAVORISCONO DISSESTI IDROGEOLOGICI __________ Riconoscendo la fondamentale importanza delle risorse idriche per il futuro del pianeta, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2003 Anno Internazionale dell’Acqua, mentre in Calabria si continua a non affrontare aspetti di grande rilevanza per la salute e lo sviluppo economico dellla regione. 2) L’acqua disponibile nella regione, oltre ad essere abbondante, è di ottima qualità e tra le migliori d’Italia e d’Europa. Per le caratteristiche geolitologiche delle rocce serbatoio e per la composizione dell’aria attraversata dalla pioggia prima d’infiltrarsi nel sottosuolo, l’acqua delle sorgenti calabresi presenta composizione chimica, biologica e temperatura ottimali dal punto di vista della potabilità. Grazie ai preziosi accumuli di minerali presenti nelle antichissime rocce costituite prevalentemente da Graniti, Scisti, Gneiss che non si trovano in nessun’altra regione di tutta la catena appenninica italiana la mineralizzazione delle acque calabresi è particolarissima. La gran diffusione di queste rocce, i processi geodinamici e la piovosità molto elevata (la Calabria è una delle regioni più piovose d’Italia) rendono il territorio calabrese ricco di suoli fertilissimi e di numerose sorgenti e falde d’acqua potabile ed anche termale di rilevante importanza e differente qualità. I diversi effetti prodotti dalle acque sui viventi sono noti e descritti fin dai tempi più remoti come ad esempio da Gaio Plinio Secondo nella Storia Naturale. Riferendosi alla diversa proprietà delle acque di due corsi d’acqua della Piana di Sibari ed in modo suggestivo, Plinio riferisce che:“ A Turii, secondo Teofrasto, il Crati conferisce biancore a buoi e pecore, il Sibari color nero; perfino le persone risentono di tale differenza di effetti: quelli che bevono dal Sibari, infatti, sono più scuri, più duri e di capelli ricci, quelli che bevono dal Crati chiari di carnagione, più molli e con la chioma lunga”. 3) L’industrializzazione nel settore delle acque minerali segna il passo come in tanti altri settori. In Calabria s’imbottiglia poco sia rispetto al consumo e sia rispetto ai dati di produzione nel contesto italiano. Per rendersene conto basta il raffronto tra gli impianti presenti in Calabria e quelli esistenti in altre regioni con disponibilità di molto inferiori in qualità e quantità d’acqua; in Toscana ed in Emilia Romagna, ad esempio, con minore disponibilità di risorse idriche, esistono più del doppio degli impianti esistenti in Calabria. Paradossalmente, nella regione che può vantare le fonti più esclusive ed il massimo della qualità, si continua ad ignorare o a sottovalutare anche la tendenza in atto nei locali di ristoro di presentare con la carta dei vini anche la “Carta delle Acque”. La grande disponibilità di risorse idriche è documentata da varie ricerche come quelle del Progetto Speciale 26-Studio Organico Delle Risorse Idriche della Calabria che, oltre a rilevare la presenza di più di 10 mila pozzi, ha confermato l’esistenza di circa venti mila sorgenti con portata superiore a sei litri al minuto. E, ricordando le indagini per detto Studio, sono ancora vive nella memoria dello scrivente le numerose e ricche sorgenti d’acqua potabile dispersa caoticamente lungo i versanti e nelle vicinanze di centri abitati che d’estate soffrivano la sete e d’inverno franavano a pezzi verso valle per l’azione lubrificante nel sottosuolo della troppa acqua persa dalle reti idriche fatiscenti. Oltre a limitare lo sviluppo ed a creare disagi nelle popolazioni la mancata raccolta ed utilizzazione delle acque delle sorgenti collinari e montane accentuano i ben noti processi di degrado e dissesto idrogeologico delle valli calabresi. Nelle zone di pianura costiera l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non essendo compatibile con i tempi di ricarica sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre ed il costipamento delle rocce serbatoio, con il ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare. Processi di degrado, favoriti anche dal fatto che non si è provveduto a dotare la Calabria di norme regionali per la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche e delle acque minerali, come invece si è fatto nelle altre regioni d’Italia. Favorire la considerazione di questi tre aspetti accresce la consapevolezza dei cittadini sulle acque da bere e farà bene anche alla salute ed allo sviluppo economico della comunità calabrese. I ogni caso per come dichiarato da Kofi Annan, Segretario Generale ONU : “Nessuna singola misura riuscirà a far di più per diminuire le malattie e salvare vite nel mondo in via di sviluppo che il rendere accessibile a tutti acqua sicura ed impianti igienici adeguati.” 1) La normativa sulle acque destinate al consumo umano non è ritenuta adeguata a salvaguardare pienamente la salute. E si comprende il perché considerando ad esempio com’è fissata la CMA (Concentrazione Massima Ammissibile) dell’arsenico che se assunto in dosi anche molto basse ma per lunghi periodi, come altre sostanze nocive, può far insorgere malattie gravi. La nuova normativa, in vigore dal prossimo 26 dicembre, prevede come CMA d’arsenico nelle acque potabili una riduzione dagli attuali 50 microgrammi per litro a 10; per le acque minerali; la CMA sarà invece di 50 microgrammi per litro. In pratica la CMA ritenuta dannosa e da ridurre per le acque potabili è adottata per le minerali. E questo perché le acque minerali sono considerate “bevande” come ad esempio il vino o la gassosa e, quindi soggette ad una normativa meno restrittiva rispetto all’acqua potabile. L’incongruenza è giustificata dal fatto che le bevande non possano essere assunte nelle stesse quantità delle acque potabili. E così, ad esempio, per il vino la CMA di piombo è maggiore di quella prevista per l’acqua potabile perché si ritiene che se una persona assumesse due litri di vino il giorno, prima delle intossicazioni da piombo andrebbe incontro ad altre gravi controindicazioni per la salute. Ma c’è di più, ricerche svedesi del 1979 confermati da altri studi epidemiologici e geochimici hanno dimostrano come l’arsenico poteva ingenerare l’insorgenza di neoplasie a partire da concentrazioni molto basse negli alimenti e nell’acqua potabile con quantità uguali o superiori a 10 microgrammi per litro. Negli stessi anni la CMA prevista ed adottata da tutti i Paesi occidentali era di 50 microgrammi per litro e solo nel 1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato l’adozione di CMA uguale a 10- Questo ultimo valore, negli USA nel 2000 non è stato ritenuto cautelativo ed è stato indicato di adottare il valore 5 per l’immediato e 3 come obiettivo finale. La presenza nelle acque di sostanze come l’arsenico non è dovuta soltanto ad inquinamento antropico. Alcune sostanze molto tossiche come ad esempio arsenico, mercurio, boro e fluoro possono essere disciolti naturalmente nell’acqua che circola in rocce come quelle vulcaniche alcali-potassiche del quaternario dell’Italia centrale, con vulcanismo attivo come nell’isola di Vulcano oppure caratterizzate da particolari processi idrotermali. Si consideri che la gran disponibilità d’acqua del lago di Vico nel Lazio non può essere utilizzata per scopi idropotabili perché presenta concentrazioni d’arsenico superiori a quelli indicati come ammissibili dall’Unione Europea.
 
pileggi
pileggi il 28/07/09 alle 09:09 via WEB
L’offerta della Calabria, di spiagge con mare balneabile, è complessivamente di 621 chilometri, in pratica l’86,6 % della disponibilità totale di coste tirreniche e ioniche della regione. Tra le più assolate, con le acque più trasparenti ed i fondali meno degradati del Mediterraneo, le spiagge offerte dalla Calabria rappresentano il 12,4 % del totale dell’offerta nazionale comprensiva della penisola e delle isole d’Italia. Un dato rilevante anche perché la Calabria offre la più grande ed esclusiva varietà di spiagge formate da rocce antichissime come gli ammassi granitici e paleozoici del tirreno reggino, vibonese e cosentino e dello Ionio catanzarese, rocce presenti solo in località isolane come “La Maddalena” in Sardegna. Ma c’è di più: se l’offerta del 2005 viene confrontata con quella degli anni passati nella stessa Calabria emerge una tendenza alla riduzione: dal 2001 con 638 chilometri di costa balneabile, l’offerta ha subito una riduzione continua a causa dei divieti di balneazione attualmente posti su 95,38 Km di costa. Questi divieti di balneazione, secondo i dati resi noti dal Ministero della Salute sono dovuti sia all’inquinamento delle acque sia a motivi diversi per una lunghezza di 36,13 Km. Una parte rilevante dei divieti per motivi diversi dall’inquinamento è posta in corrispondenza delle scogliere a difesa dell’erosione come nei comuni di Bagnara Calabra, Bova Marina, Palmi, Scilla e Seminara. Nella regione: 278 km di spiagge e ben centosedici comuni sono indicati a rischio d’erosione costiera nel Piano d’Assetto Idrogeologico della Calabria. Per contrastare la preoccupante tendenza alla riduzione dell’offerta, oltre a migliorare la qualità batteriologica e la trasparenza dell’acqua marina, occorre trasparenza e diffusione dei dati sulla realtà e l’evolversi dello stato di salute del mare come sollecitato dalla Corte dei Conti e dalle direttive europee sulla balneazione. Sulle rilevanti differenze dei dati ufficiali degli Enti preposti: nel marzo scorso, ad esempio, la Giunta regionale ha dichiarato e chiesto ai comuni di porre divieti di balneazione su 80.979 metri di spiagge; il Ministero della Salute, attualmente, segnala 95.383 metri, circa 15 Km in più, di divieti. Nella provincia di Reggio Calabria i divieti dichiarati a marzo risultano 23.331 metri, dopo pochi mesi aumentano di oltre 10 Km fino a 33.453 metri. Alla chiusura della stagione balneare 2004, sempre il Ministero della Salute segnalava divieti di balneazione per complessivi 91,6 Km mentre nel mese di marzo dello stesso anno la Giunta regionale ne aveva dichiarato circa 88 Km. Una variabilità di dati che non si verifica in nessuna altra regione d’Italia. Basta il confronto con la confinante Basilicata dove la trasparenza dei dati e della analoga Delibera, datata 20 dicembre 2004, risulta più elevata e contiene i risultati delle analisi batteriologice e chimiche oltre all’individuazione delle zone idonee della costa ionica e tirrenica per l’anno 2005. Ed anche senza dichiarazione di idoneità alla balneazione d tratti di costa con Punti di prelievo sottocampionati. Sempre in Basilicata l’offerta di spiagge balneabili non subisce variazioni significative dal 2001e la percentuale di divieti di balneazione si mantiene intorno al 4 -5 % del totale della costa, mentre in Calabria è il 13,3%, circa il triplo. Percentuale, quella calabrese, più alta della media nazionale, e più alta anche delle regioni dell’Adriatico e del Tirreno settentrionale sottoposte a stress d’attività economico-marittime ed a pressione antropica ed industriale assolutamente non paragonabili a quelle della Calabria. Il raffronto tra i dati dei mari calabresi e quelli relativi all’Adriatico suscita non poche perplessità. Infatti appare strano che i divieti per inquinamento posti sulle coste di quattro regioni come Molise, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Basilicata, nel complesso, risultano di meno dei divieti posti in due soli comuni, Curinga e Lamezia Terme, del Tirreno catanzarese. Dall’analisi dei dati emerge un quadro eterogeneo con tendenze differenti sia a livello comunale che provinciale a seconda del tipo divieto. Considerando, ad esempio, i divieti di ogni provincia in base allo sviluppo costiero, la classifica vede in testa Reggio Calabria con 33.453 metri di divieti pari al 16,48 % di costa disponibile. Segue Catanzaro con 15.220 metri di divieti su 102.600 metri disponibili ed una percentuale del 14,83%. Al terzo posto Cosenza con 31.482 metri di divieti, il 13,81% dei 227.900 metri di sviluppo costiero. Al quarto scende Crotone con 10.974 su 113.900 metri di disponibilità e la percentuale del 9,63% . In fondo, con il 6,23%, si mantiene Vibo Valenzia con 4.267 metri di divieti sui 68.400 metri di spiagge disponibili A livello comunale, considerando solo la lunghezza dei divieti per inquinamento, la classifica vede ai primi due posti Reggio Calabria con 7.972 metri e Lamezia Terme con 7.019 metri. Seguono : Bagnara Calabra con 3.316, Cariati con 3149 e Curinga con 2.626 metri. Inquinamento delle acque, distruzione della vegetazione delle dune costiere con saccheggio di sabbia dagli arenili spesso in prossimità di aree con resti archeologici di grande pregio, avanzamento del cuneo salino con distruzione di preziose falde idriche sono alcuni esempi dei fenomeni del degrado idrogeologico favoriti anche dall’assenza di Piani regionali e comunali di utilizzo organico delle risorse idriche e più in generale dalla mancanza di una seria politica di valorizzazione delle ingenti risorse naturali (spiagge, acqua per uso potabile e terapeutico, suoli, giacimenti minerari, ecc) disponibili. Pertanto, un richiamo alla memoria storica aiuta a non trascurare che gran parte degli insediamenti residenziali, turistici, archeologici e industriali della Calabria sono localizzati lungo le fasce costiere; in quella parte di territorio dove per moltissimi secoli e fino ad alcuni decenni fa, malaria e desolazione hanno imperversato in lungo e largo per le continue e rovinose alluvioni e frane innescate dal venir meno dell’accorta politica di governo del territorio con l’equilibrio idrogeologico e la valorizzazione delle risorse naturali che caratterizzò la civiltà della Magna Grecia. PER LA TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO COSTIERO CALABRESE Con geositi e litotipi unici, di tutte le Ere geologiche e più del 20% della disponibilità di spiagge balneabili dell’intera penisola italiana LEGALITA’ E RISPETTO DELLE NORME SULLE ACQUE DI BALNEAZIONE La pratica della legalità, in Calabria, richiede l’applicazione delle leggi comprese quelle sulle acque di balneazione. E, il rispetto delle norme vigenti, DPR 470/1982, sulla qualità delle acque di balneazione impone alla regione Calabria “l’individuazione delle zone idonee alla balneazione sulla base dei risultati delle analisi e delle eventuali ispezioni effettuate durante il periodo di campionamento relativo all’anno precedente. Tale individuazione dovrà essere portata a conoscenza delle amministrazioni comunali interessate almeno un mese prima dell’inizio della stagione balneare”. E poiché la stagione balneare in Calabria si apre ufficialmente il primo maggio, nei comuni dove si pratica la legalità, sulla base delle indicazioni della Regione, si provvede alle ordinanze riguardanti la balneazione. Nel corso della stagione 2006 i divieti sulle coste calabresi hanno interessato 155 tratti distribuiti in: 27 comuni della provincia di Cosenza, 13 comuni della provincia di Reggio Calabria, 10 comuni nella provincia di Catanzaro, 5 comuni nella provincia di Vibo Valenzia, 5 comuni nella provincia di Crotone. In particolare, gli adempimenti richiesti, dalle stesse norme, ai comuni sono: a) la delimitazione, prima dell’inizio della stagione balneare, a mezzo di ordinanza del sindaco, delle zone non idonee alla balneazione ricadenti nel proprio territorio; b) la delimitazione delle zone temporaneamente non idonee alla balneazione qualora nel corso della stagione balneare i risultati delle analisi non risultano conformi alle prescrizioni previste dalle stesse norme; c) la revoca, a mezzo di ordinanza del sindaco, su segnalazione dell’autorità competente, dei provvedimenti di cui ai precedenti punti a) e b); d) l’apposizione, nelle zone interessate, di segnaletica che indichi il divieto di balneazione; e) l’immediata segnalazione di nuove situazioni di inquinamento massivo delle acque dì balneazione ricadenti nel proprio territorio. In pratica, l’informazione sulla qualità delle acque e su dove, in Calabria, è possibile fare il bagno e dove invece è vietato deve arrivare ai cittadini prima dell’inizio di maggio e d’apertura ufficiale della stagione balneare. Di nessun costo economico ma necessari per garantire la salute dei bagnanti, gli adempimenti di legge sopra accennati, già attuati e resi noti nelle altre regioni d’Italia, non possono e non devono essere disattesi in Calabria; e, non solo per la pratica della legalità ma anche per le specificità rappresentate sia dalla rilevanza del patrimonio costiero regionale, sia dai recenti fatti connessi al malfunzionamento degli impianti di depurazione. Sulla rilevanza del prezioso patrimonio costiero regionale va ribadito che la Calabria, senza la parte vietata di circa 100 Km, offre più del 20 % dell’intera disponibilità di spiagge balenabili dell’intera Penisola italiana. La lunghezza di circa seicentoventi chilometri di spiagge balenabili della Calabria è superiore a quella complessiva di sette regioni bagnate dai mari Adriatico e Jonio: Friuli, Veneto Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata. Sull’entità e potenzialità del patrimonio disponibile va considerato che la sola provincia di Cosenza dispone di una quantità di spiagge balneabili superiore alla disponibilità complessiva di tre regioni come Veneto, Basilicata e Marche. E, nella provincia di Reggio Calabria la disponibilità supera quella offerta insieme dalle regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Ma c’è di più. Le specificità ed i dati esistenti sulle rocce bagnate dai mari calabresi rendono il patrimonio costiero della regione unico in tutto il Mediterraneo. Connotato dagli antichissimi ammassi metamorfici del reggino e del Tirreno cosentino, dalla gran diffusione del granito del Tirreno vibonese e dello Jonio catanzarese, il patrimonio costiero calabrese è costituito da rocce di tutte le ere geologiche: si passa dalle dune d’attuale e più recente formazione alle rocce delle ere geologiche più antiche, di moltissime centinaia di milioni d’anni fa, ed indisponibili nelle altre regioni della penisola. Oltre ad una grande varietà di preziosi aspetti naturalistici ed ambientali, sulle rocce che formano le coste calabresi sono impresse le ampie e più remote testimonianze della nascita ed evoluzione sia del paesaggio terrestre del Mediterraneo sia degli insediamenti umani; testimonianze di grandissimo interesse scientifico e sempre più oggetto di visite, ricerche e studi dai maggiori centri di ricerca e università del Pianeta. Spiagge rare e preziose, con mari trasparenti, fondali in gran parte privi dai fenomeni di accumulo di sostanze nocive per la salute e, quindi, ideali per immersioni e visite anche “sul luogo del relitto”. Questo prezioso patrimonio, per essere adeguatamente tutelato e valorizzato richiede la definizione di un “Piano regionale di riassetto idrogeologico delle aree costiere in vista della loro gestione integrata”, come specificità del più generale modello di gestione del territorio e che in coerenza con questo persegue l’obiettivo dello sviluppo eco¬nomico e sociale delle aree costiere attraverso la sostenibilità. A tal fine è utile ricordare lo slogan d 'apertura del 3° Forum Mondiale dell'Acqua di Kyoto: “ripulire i mari e creare una rete mondiale di scarichi non inquinanti”. Così come va ricordato che il programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, l'Unep, richiama l'attenzione dei governi, compreso quello della regione Calabria, sulla riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti nei mari ed evidenzia come circa il 40 per cento della popolazione mondiale vive entro un raggio di 60 chilometri dalle coste marine, molte delle quali sono minacciate dagli scarichi dei sistemi fognari che non sono opportunamente trattati. In pratica si tratta di realizzare, anche in Calabria, un omologo marino del Protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera che però prenda di mira non l'anidride carbonica, ma gli scarichi di sostanze inquinanti che minacciano la vita nei mari, prime fra tutte quelle che provengono dalle fogne non depurate; e, quindi, di risanare l'ambiente marino una volta per tutte e dare alle future generazioni dei servizi più sicuri, acqua più pulita e coste più pulite. Così come necessita considerare quanto emerso dal Forum sulla “settimana dell’acqua” organizzato dalle nazioni Unite, dalla Commissione Economica e Sociale dell’Asia Occidentale (ESCWA), dal Partenierato Globale per l’Acqua (GWP), dall’Ufficio di Informazioni del Mediterraneo, Educazione, Cultura e Sviluppo Sostenibile (MIO-ECSD) oltre che dal Ministero dell’Energia e dell’Acqua del Libano. Secondo il Piano di Azione per il Mediterraneo del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP/MAP) le città costiere, l’agricoltura intensiva e l’industria sono tra i maggiori inquinatori del Mediteraaneo: è perciò vitale coinvolgere attivamente gli stakeholders direttamente collegati a queste attività per realizzare misure incisive. Come risposta a questa sfida l’ UNEP/MAP, con il sostegno del Fondo Globale per l’Ambiente (GEF), ha elaborato un programma di azione strategico (SAP/MED) che identifica a livello regionale le sostanze nocive che devono essere eliminate nei prossimi 25 anni e richiede ai paesi della regione di elaborare e attuare piani di azione per combattere l’inquinamento marino proveniente da attività terrestri (NAPs). E dall’altro Forum internazionale di Atene promosso da UNEP/MAP e MIO-ECSD che ha coinvolto più di 100 rappresentanti di Governi, autorità locali, industria, agricoltura e sindacati, ONG e associazioni ambientaliste del Mediterraneo. In pratica, occorre applicare la nuova direttiva UE che indica come tutti i mari europei (ma anche i fiumi e i laghi balneabili) dovranno essere rigorosamente classificati in base alla qualità delle loro acque: scarsa, sufficiente, buona e eccellente. Adottare misure per informare adeguatamente il pubblico, per verificare i valori qualitativi delle acque e per far diventare quanto prima eccellenti o buone quante più acque possibile. In particolare è da considerare che la Commissione europea per l’ambiente ha sottolineato che “Vista la specificità delle acque di balneazione non è possibile garantire l’assenza assoluta di rischi. Per questo motivo, e visto che non è ancora possibile fare previsioni sulla qualità delle acque, è fondamentale fornire ai cittadini tutti gli elementi necessari affinché possano scegliere consapevolmente dove e se praticare la balneazione” Per l’avvio di una nuova politica sulle acque di balneazione è indispensabile l’applicazione della direttiva e,quindi: “Informazione, partecipazione dei cittadini e presentazione di relazioni”. Informare fattivamente i cittadini sulla qualità delle acque di balneazione, compresi tutti i fattori conosciuti che possono avere effetti sulla qualità; queste informazioni devono essere sempre a disposizione nelle zone di balneazione; i cittadini, inoltre, devono poter accedere facilmente e in qualsiasi momento al profilo di ciascuna spiaggia e conoscere l’andamento della qualità delle sue acque negli anni. Lo strumento migliore e raccomandato a tal fine è Internet: i profili, le carte geografiche, i dati sul controllo della qualità e i programmi di azione relativi a ciascuna zona di balneazione possono infatti essere agevolmente pubblicati su siti locali e regionali , cui tutti - cittadini, ONG, legislatori o scienziati - possono poter accedere agevolmente da casa via computer, dalle biblioteche o presso gli uffici del turismo. “Le informazioni non devono, tuttavia, essere divulgate solo via Internet, ma anche attraverso mezzi di comunicazione più tradizionali come i giornali locali, gli opuscoli distribuiti nei luoghi pubblici, ecc. Gli " effetti collaterali " positivi dell’informazione dei cittadini si possono così riassumere: 1) i cittadini possono segnalare i casi reali o sospetti di inquinamento; 2) essi avrebbero una migliore conoscenza delle tematiche e dell’impegno profuso dai responsabili della gestione della qualità. Quando fossero necessari interventi per risolvere un problema, soprattutto, ma non solo, se si tratta di grandi opere di infrastruttura, i cittadini dovrebbero poter partecipare alla definizione dei necessari programmi d’azione.” == ANTICAZIONE RAPPORTO STATO SALUTE MARI 2007 L’uscita di Tremonti sul prolungamento delle concessioni delle spiagge, ritenuta dannosa dal punto di vista ambientale ed economico, non favorisce né il turismo e la valorizzazione degli oltre 715 Km di costa, né lil risanamento del degrado idrogeologico necessari per lo sviluppo della Calabria. Il vicepremier, in pratica ripropone, oggi solo per il Sud, il contenuto nell’art.71 della sua prima Finanziaria, un marchingegno contrastato fortemente da tutte le organizzazioni interessate alla reale valorizzazione del patrimonio ambientale del Belpaese e vanificato in parlamento nel 2002. Lo sviluppo del turismo sulle spiagge non può essere pensato separatamente dal resto del contesto territoriale retrostante. E ciò anche in considerazione del fatto che gli assetti idrogeomorfologici delle colline e delle montagne condizionano e sono condizionati dagli interventi antropici e naturali sulle coste. Cerzeto, Filadelfia, Favazzina, San Nicola Arcella sono alcuni dei centri abitati interessati dalle migliaia di frane rilevate sulle colline e montagne della regione con il Piano di Bacino regionale. Inoltre rischio alluvione su molte centinaia di ettari di pianure, decine di chilometri di divieti di balneazione danno l’idea delle dimensioni e diffusione del dissesto idrogeologico, definito “disastroso” in tutto il Belpaese dal ministro dell’Ambiente. Il degrado idrogeologico non è limitato alla “terra ferma” ma riguarda anche il mare, a causa del malgoverno del territorio e delle sue risorse naturali. Infatti, in Calabria, “il mare non è stato sinora considerato una risorsa ma una discarica che tutti possono utilizzare pur di risparmiare soldi pubblici e privati” come evidenziato nei mesi scorsi dalla Corte dei Conti. Un ruolo determinante per l’insorgenza del rischio idraulico e geologico è svolto dalle modalità d’utilizzo della risorsa acqua, dall’oro blù del terzo millennio, dall’elemento all’origine di gran parte dei conflitti in atto sul Pianeta e al centro della campagna promossa recentemente dall’ UNICEF in considerazione del fatto che il 21% dei bambini dei paesi in via di sviluppo soffre la penuria di acqua. Invece di sviluppo e ricchezza, la troppa acqua disponibile in Calabria, perché, mediamente, piove di più che nelle altre regioni, provoca: movimenti franosi sui rilevi collinari e montani, alluvioni in pianura con l’allagamento ed il convogliamento anche di rifiuti e,quindi, l’inquinamento delle falde idriche e delle acque marine. E qual’è lo stato di salute del mare? Quali interventi sono stati adottati per eliminare o ridurre l’inquinamento e l’erosione e, quindi, gli oltre 88 chilometri di divieti di balneazione dichiarati nel marzo scorso dalla regione Calabria? Se, a queste domande, si risponde tenendo conto dei dati ufficiali, ad oggi, resi noti e di quanto accaduto nei mesi scorsi emerge che si è continuato con la tendenza ad impedire ai cittadini di fare il bagno invece di risolvere i problemi dell’inquinamento e dell’erosione. Dati e fatti che, tra l’altro, indicano un peggioramento, ad esempio, sono: 1) Nel marzo 2004 la Giunta regionale dichiarava il divieto di balneazione su oltre 88 chilometri metri di costa con rilevante aumento degli stessi divieti rispetto l’anno precedente. 2) Alla data del 30 settembre, di chiusura della stessa stagione balneare, i divieti di balneazione sono aumentati di circa tre chilometri, fino ad arrivare complessivamente a 91.422 metri. In particolare, i dati pubblicati dal Ministero della Salute, evidenziano un aumento di oltre un chilometro nella Provincia di Catanzaro dove a fine stagione i divieti risultano complessivamente 8.151 metri mentre all’inizio erano 7.028 metri. Nella Provincia di Cosenza da 31.959 metri, i divieti aumentano a 32 713 metri, mentre in quella Vibo Valentia da 3000 metri, aumentano a 4.485 metri. Anche nella provincia di Crotone da 10.593 i divieti aumentano a 11.274 metri. In controtendenza, i dati della Provincia di Reggio Calabria dove i divieti dichiarati a marzo risultavano 35.950 metri mentre a fine stagione sono stati ridotti a 34.779 metri. 3)Nel periodo compreso tra la data di chiusura della stagione balneare 2004 e la data di apertura della nuova stagione si sono e verificati episodi d’inquinamento per il blocco degli impianti di depurazione provocati anche dalla mancata erogazione dell’energia elettrica;e con effetti intuibili, ma non resi noti, sullo stato di salute del mare. 4) Si è continuato, da parte degli Enti preposti, con le “carenze informative” sottolineate nella “Seconda relazione sull’inquinamento delle coste e gestione degli impianti di depurazione nei comuni costieri della fascia tirrenica compresi nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza” della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti. In pratica, “nessuna puntuale informazione alla popolazione, alle imprese, alla comunità scientifica è stata fornita dalle autorità, nonostante nella stagione balneare i risultati esposti negli allegati – ben noti alle autorità sanitarie – concretino l’esposizione della popolazione ad una serie di possibili rischi derivanti dalla balneazione. Al proposito è bene segnalare che la maggior parte delle ASL (v. ad esempio, Paola, Lamezia Terme, Vibo Valentia) non ha ritenuto di adottare nessuna misura consequenziale rispetto alla gravità della situazione già illustrata nella precedente relazione.” Sul che fare per la messa in sicurezza delle popolazioni e del territorio calabrese è di estrema attualità la “ricetta”, prescritta mezzo secolo fa, da M. Rossi-Doria: “ i grandi problemi della lotta contro l’erosione e per la regolazione delle acque si affrontano nei modi e coi mezzi di una guerra moderna, secondo piani attentamente studiati e scrupolosamente attuati. Se si avrà il coraggio di imboccare e percorrere decisamente questa strada, di far precedere la fase della realizzazione da una rapida ma intensissima fase critica di studio e di progettazione per la elaborazione di piani organici pluriennali, anche il problema della montagna calabrese e della difesa idrogeologica potrà essere risolto. Se questo coraggio mancherà e si continuerà col sistema dei ribassi d’asta nei quali spesso vincono le imprese meno attrezzate al lavoro e più alla gara, la rovina non si arresterà e alla rovina delle risorse naturali continuerà ad aggiungersi quella psicologica ed economica della organizzazione parassitaria dei lavori pubblici.” In Calabria, per passare dalla logica dell’emergenza a quella della prevenzione occorre capacità e volontà di concertare tra i vari enti interessati al governo del territorio un progetto di intervento strategico idoneo a coordinare piani, risorse finanziarie e competenze operative per affrontare tutti gli obiettivi prioritari: dalla riqualificazione delle aree fluviali e difesa delle coste al consolidamento dei territori soggetti a frane; dalla prevenzione del rischio sismico al recupero dei centri storici e delle periferie degradate ed abusive, dalla tutela dei boschi rispetto agli incendi agli interventi di sviluppo nelle zone collinari e montane ed alla valorizzazione di tutte le risorse naturali disponibili. == Geologo Mario Pileggi
 
pileggi
pileggi il 24/07/09 alle 13:15 via WEB
Sul Tirreno e sullo Jonio della Calabria i tratti di costa dove è possibile fare i bagni sono lunghi complessivamente 616,31 chilometri, una lunghezza pari ad un quinto della costa balneabile dell’intera penisola, e superiore a quella disponibile nell’insieme di sette regioni: Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e Friuli Venezia Giulia. La lunghezza di tutte le spiagge attualmente balneabili, secondo i dati del ministero della salute, supera di cinque Km anche quella disponibile in Calabria all’inizio della precedente stagione balneare. Il dato sulla quantità e ancor di più i dati sulla qualità e specificità geoambientali dei 715,7 chilometri di coste della Calabria rendono le stesse un patrimonio unico in Europa, caratterizzato da straordinarie geodiversità, con rocce di tutte le ere geologiche e assetti idrogeomorfologici favorevoli allo sviluppo della più grande varietà di habitat e forme di vita in ambiente acquatico e terrestre. Grazie anche ai preziosi accumuli di minerali delle più antiche e diffuse rocce granitiche e metamorfiche che rendono unica la mineralizzazione delle acque, quasi ovunque, di ottima qualità per i viventi. Specificità che condiziona la vita di animali e vegetali sulle coste e anche nei mari della Calabria dove esiste la più grande varietà di specie marine anche rare tutelate da Direttive europee e dalla Convenzione di Rio de Janero. Tra le specie marine protette in Calabria ci sono: tredici mammiferi; quattordici molluschi; sette crostacei; otto squali; cinque rettili marini; quattro echinodermi; cinque spugne; sei antozoi; sei pesci e oltre quarantacinque uccelli marini. Ma c’è di più: la specificità e abbondanza dei Coralli, rosso e bianco, del Tirreno reggino, e dei cavallucci marini dello Jonio catanzarese, ad esempio, non esiste in nessun’altra regione d’Italia e del Mediterraneo. Così la facies a grandi Briozoi ramificati individuata nel Tirreno vibonese, considerata un Habitat determinante per la sua grande vulnerabilità, l’elevato valore naturalistico e la sua rarità. Oltre ad una grande varietà di preziosi aspetti naturalistici e ambientali, sulle rocce che formano le coste calabresi, sono impresse le più ampie e remote testimonianze della nascita ed evoluzione del paesaggio terrestre del Mediterraneo e degli insediamenti umani; testimonianze di grandissimo interesse scientifico e oggetto di studio da parte di centri di ricerca e università di tutti i continenti. Questi e gli altri dati che caratterizzano il patrimonio costiero dei vari comuni della regione sono stati e continuano a essere ignorati o sottovalutati da molti amministratori locali incapaci di governare e valorizzare le specificità dei propri territori comunali e, quindi, di evitare i processi di degrado e d’inquinamento, ai quali sono connessi molti divieti di balneazione. Attualmente, i tratti sottoposti a divieto sono 166 con una lunghezza complessiva di 99 Km dei quali, come gli anni scorsi, circa un terzo è dovuto a “motivi diversi dall’inquinamento” e, quindi, alla presenza di porti, zone industriali e scogliere. Rispetto all’inizio della precedente stagione balneare la riduzione dei divieti non è omogeneamente distribuita nelle province: diminuzioni rilevanti si registrano in quelle di Reggio Calabria e Cosenza e, in misura minore in quella di Vibo Valentia; aumento invece nella provincia di Crotone e, in soprattutto, in quella di Catanzaro, dove in due comuni, Curinga e Nocera Tirinese, del Tirreno l’aumento è di alcuni chilometri. Nella provincia di Reggio Calabria la somma di tutti i divieti è di 34,69 Km di cui 14 Km per motivi diversi dall’inquinamento, mentre nella provincia di Cosenza è di 33,93 km di cui 29,6 per inquinamento. Al netto dei km di costa sottoposti a divieto la provincia di Cosenza dispone comunque di una quantità di spiagge balneabili superiore a quella complessiva di tre regioni come Veneto, Basilicata e Marche; nella provincia di Reggio Calabria la disponibilità supera quella offerta insieme dalle regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Sul Tirreno e sullo Jonio della provincia di Catanzaro i tratti di costa dove è possibile fare i bagni sono lunghi complessivamente 88.997 metri, una lunghezza superiore alla disponibilità di costa balneabile in quattro province come Rimini, Trieste, Ferrara e Forlì. I venti comuni bagnati dallo Jonio catanzarese, attualmente, offrono una quantità di spiagge balneabili superiore a quella dell’intera regione Basilicata. Il dato sui divieti di balneazione, anche se inferiore rispetto a quello relativo all’inizio della stagione balneare scorsa, resta rilevante sia per l’elevato pregio e preziosità di ogni metro di spiaggia calabrese sia per il fatto che gli stessi divieti sono legati essenzialmente a reflui e rifiuti non di origine industriale e chimica. E, quindi, a differenza di tante altre realtà gravemente compromesse del Mediterraneo, nei calabresi i divieti, localizzati essenzialmente in prossimità della foce dei corsi d’acqua e di scarichi non depurati delle acque reflue, possono essere risanati e revocati con puntuali e semplici interventi di bonifica. D’altra parte, se i dati relativi ai divieti e alle disponibilità si confrontano con quelli delle altre realtà italiane emerge che la balneabilità dei mari calabresi non è di meno di quelle classificate e premiate tra le più virtuosi. Anzi, il confronto con le altre realtà del Belpaese evidenzia che le coste calabresi sono più balneabili di quelle del centro e del nord Italia. Significativo è l’esempio della provincia di Catanzaro dove, attualmente, l’insieme di tutti divieti è di 13,6 Km e, quindi, con i restanti 89 km di costa senza divieti. Considerando i dati meno favorevoli contenuti nel Rapporto 2008 del Ministero della Salute emerge che su 102,6 km di costa disponibile, a Catanzaro le spiagge balneabili sono 87,1 Km, mentre, in tutta la regione Friuli con una disponibilità di 111,7 Km la lunghezza della costa balneabile è di 59,1 Km. In pratica, pur disponendo di più km di costa, la regione Friuli offre 30 km in meno delle spiagge balneabili nella provincia di Catanzaro. Altrettanto emblematico è il raffronto con altre due province del nord: Genova con una disponibilità di 103,1 km di costa sul Tirreno e Venezia con una disponibilità di109,2 km sull’Adriatico, dove la disponibilità di costa balneabile risulta rispettivamente di 78,3 km e di 85,4 Km. Favorevole per la Calabria anche il confronto con altre quindici regioni italiane bagnate dai mari in base ai dati contenuti nella relazione annuale sulla qualità delle acque di balneazione dell’Agenzia Europea dell’Ambiente. Di questo non si tiene conto, evidentemente, nell’assegnazione delle varie bandierine colorate che ad inizio di ogni stagione balneare promuovono o condannano le spiagge del Belpaese. Così come vengono ignorate o oscurate da molti mezzi di informazione nazionali con sedi ed interessi nel centro-nord, le magagne sulle modalità di calcolo delle percentuali di costa balneabile. Le magagne, deplorate dall’Unione europea, non sono evidenziate dalle modalità di confronto ed elaborazioni dei dati da parte del Ministero della salute che, a tutt’oggi, non ha ancora provveduto a pubblicare il Rapporto 2009 relativo alla stagione balneare 2008. Sui discutibili criteri di rappresentazione dei dati è da notare che, nella tabella della balneabilità riportata nell’ultimo Rapporto pubblicato dal Ministero della Salute, le province di Ferrara e Trieste sono indicate ai primi posti e con il cento per cento di costa balneabile; e questo, nonostante nelle stesse due province la lunghezza di costa con divieti di balneazione è quasi la metà di quella disponibile. I dati dimostrano che la lunghezza delle spiagge balneabili è: di 20,2 Km sui 39,8 Km di costa disponibile nella provincia di Ferrara; e di 24,6 Km sui 48,1 di costa disponibile nella provincia di Trieste. Il trucco per raggiungere percentuali elevate di costa balneabile sta nell’adibire alla balneazione e, quindi, sottoporre a controllo soltanto una parte di tutta la costa disponibile. Così facendo i dati utilizzati per il calcolo della percentuale diventano uguali o di poco differenti ed il valore s’innalza. Le preziose specificità geoambientali del patrimonio costiero, spesso ignorati anche in Calabria, non sfuggono all’attenzione di osservatori stranieri, come ad esempio il noto giornale inglese Times che pubblica nel suo sito web la graduatoria delle venti migliori spiagge d’Europa per le vacanze; graduatoria che vede al primo posto proprio una spiaggia calabrese, quella di Tropea, e che può essere consultata da chiunque con un semplice collegamento internet. Altra graduatoria d’interesse, pubblicata nei giorni scorsi dall’Ansa, è quella redatta dall’Associazione dei Contribuenti “su quanto costa fare il bagno in Italia” dove emerge che la Calabria è al primo posto come la regione dove si spende meno per ombrellone e lettini sdraio. Lo scarso interesse di molti rappresentanti di istituzioni ed enti locali è stato confermato di recente con la scarsa partecipazione al seminario su “Politiche e interventi per l'ambiente e lo sviluppo sostenibile della Calabria nel periodo 2007-2013” organizzato dalla regione Calabria. Un disinteresse contrastante con le dichiarazioni fatte in apertura dello stesso seminario dal governatore Loiero, e riprese da molti mezzi d’informazione, sulla necessità di attivare azioni sinergiche tra tutti, e di porre tra le priorità delle propria agende “la questione ambientale”. Il disinteresse anche da parte del governo nazionale è confermato dai continui richiami della Commissione EU all’Italia per il ritardo nell’applicazione delle direttive in materia. L’ultimo richiamo è dei giorni scorsi e riguarda le acque di scarico dei 500 comuni d’Italia fuorilegge: secondo le regole europee in vigore, le città con oltre 10.000 abitanti che scaricano le acque reflue in zone sensibili sotto il profilo ambientale devono dotarsi di un sistema di raccolta e di trattamento nel rispetto di norme più rigorose. E questo per evitare contaminazione da batteri e virus, ma anche a fenomeni che possono contribuire alla crescita eccessiva di alghe in mare. «I rischi costituiti dallo smaltimento incontrollato dei rifiuti e dal mancato trattamento delle acque reflue urbane - ha detto il commissario all’Ambiente, Stavros Dimas - sono tra i motivi che hanno portato a norme che garantiscono i più elevati livelli di protezione dei cittadini. Il governo italiano deve agire rapidamente». Bruxelles bacchetta l’Italia e la mette in guardia contro il rischio di sanzioni, anche per il fatto di non intravedere soluzioni risolutive per lo smaltimento illegale dei rifiuti, “un problema - dice - che continua a essere di vasta portata e interessa quasi tutto il territorio nazionale”. In particolare va applicata la direttiva UE sulle acque di balneazione che indica come tutti i mari europei (ma anche i fiumi e i laghi balneabili) devono essere rigorosamente classificati in base alla qualità delle loro acque: scarsa, sufficiente, buona ed eccellente. E indica, tra l’altro, di adottare misure per informare adeguatamente il pubblico, per verificare i valori qualitativi delle acque e per far diventare quanto prima eccellenti o buone quante più acque possibile. In proposito, la Commissione europea per l’ambiente ha sottolineato che “Vista la specificità delle acque di balneazione non è possibile garantire l’assenza assoluta di rischi. e visto che non è ancora possibile fare previsioni sulla qualità delle acque, è fondamentale fornire ai cittadini tutti gli elementi necessari affinché possano scegliere consapevolmente dove e se praticare la balneazione”. In particolare, la Direttiva EU sulle acque di balneazione, tra l’altro, prevede: “1) Gli Stati membri incoraggiano la partecipazione del pubblico all'attuazione della presente direttiva e assicurano che siano fornite al pubblico interessato opportunità: di informarsi sul processo di partecipazione e di formulare suggerimenti, osservazioni o reclami. 2) Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano divulgate attivamente e messe a disposizione con tempestività durante la stagione balneare in un’ubicazione facilmente accessibile nelle immediate vicinanze di ciascuna acqua di balneazione: a) la classificazione corrente delle acque di balneazione e l'eventuale divieto di balneazione o avviso che sconsiglia la balneazione mediante un segno o un simbolo chiaro e semplice; b) una descrizione generale delle acque di balneazione, in un linguaggio non tecnico, basata sul profilo delle acque di balneazione; c) nel caso di acque di balneazione soggette ad inquinamento di breve durata: notifica che l'acqua di balneazione è soggetta ad inquinamento di breve durata, indicazione del numero di giorni nei quali la balneazione è stata vietata o sconsigliata durante la stagione balneare precedente a causa di tale inquinamento, e avviso ogniqualvolta tale inquinamento è previsto o presente; d) informazioni sulla natura e la durata prevista delle situazioni anomale durante tali eventi; e) laddove la balneazione è vietata o sconsigliata, un avviso che ne informi il pubblico precisandone le ragioni; f) ogni qualvolta è introdotto un divieto di balneazione permanente o un avviso che sconsiglia permanentemente la balneazione, il fatto che l'area in questione non è più balneabile e le ragioni della sua declassificazione; e g) un’indicazione delle fonti da cui reperire informazioni più esaurienti. 3) Gli Stati membri sfruttano adeguati mezzi e tecnologie di comunicazione, tra cui Internet, per divulgare attivamente e con tempestività le informazioni sulle acque di balneazione, nonché le seguenti informazioni in varie lingue, ove opportuno: a) un elenco delle acque di balneazione; b) la classificazione di ciascuna acqua di balneazione negli ultimi tre anni e il relativo profilo, inclusi i risultati del monitoraggio effettuato ai sensi della presente direttiva dopo l’ultima classificazione; c) nel caso di acque di balneazione classificate "scarse", informazioni sulle cause dell'inquinamento e sulle misure adottate per prevenire l'esposizione dei bagnanti all’inquinamento e per affrontarne le cause; d) nel caso di acque di balneazione soggette a inquinamento di breve durata, informazioni generali relative: alle condizioni che possono condurre a inquinamento di breve durata, al grado di probabilità di tale inquinamento e della sua probabile durata, alle cause dell'inquinamento e alle misure adottate per prevenire l'esposizione dei bagnanti all'inquinamento e per affrontarne le cause.” L’esigenza d’interventi coordinati e sinergici è evidenziata anche nel Piano di Azione per il Mediterraneo del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP/MAP) che individua nelle città costiere, nell’agricoltura intensiva e nell’industria i maggiori inquinatori del Mediterraneo, e rileva la necessità di coinvolgere attivamente gli stakeholders direttamente collegati a queste attività per realizzare misure incisive. In proposito e come risposta a questa sfida, l’UNEP/MAP, con il sostegno del Fondo Globale per l’Ambiente (GEF), ha elaborato un programma di azione strategico (SAP/MED) che identifica a livello regionale le sostanze nocive che devono essere eliminate nei prossimi 25 anni e richiede ai paesi della regione di elaborare e attuare piani di azione per combattere l’inquinamento marino proveniente da attività terrestri (NAPs). Azioni di grande rilevanza soprattutto in Calabria dove le acque marine costiere, per le peculiari caratteristiche orografiche ed idrografiche del suo territorio, rappresentano uno specchio fedele delle attività antropiche che si registrano sulla terra ferma. Se tutto ciò continuerà ad essere ignorato o trascurato a Roma e nei vari comuni della Calabria, difficilmente la “questione ambientale” troverà una soluzione utile a migliorare la qualità della vita dei calabresi. I dati sopra accennati anticipano alcuni dei temi sviluppati nel Rapporto sullo stato di salute dei mari che sarà presentato dopo la chiusura della stagione balneare. (*) Geologo del Consiglio nazionale. Amici della Terra I TRATTI INTERESSATI DAI DIVIETI DI BALNEAZIONE AD INIZIO LUGLIO 2009 (**) NELLE CINQUE PROVINCE 1) Tutti i divieti nella Provincia di Catanzaro Belcastro: 200 m Foce Fiume Tacina metri 200. Botricello: Fiume Crocchio metri 200. Catanzaro: Fiume Corace 556 metri; Porto di Catanzaro lido metri 200; Torrente Fiumarella metri 42. Cropani: 300 m Nord Fiume frasso metri 301; da 200 metri Foce Fiume Frasso metri 200; Fiume Crocchio metri 200. Curinga: 500 m Nord Torrente S. Eufrasia metri 1604; Torre Mezza Praia metri 1731. Gizzeria: Lido S. Antonio metri 580. Isca sullo Ionio: Torrente Gallipari metri 402. Lamezia Terme: da 200 m a destra Foce del Fiume Amato a 200 m a sinistra Foce del Fiume Aamato metri 400; da 200 m a DX Foce Fiume Bagni a 200 m a SX Foce Fiume Bagni metri 400; 500 m a SUD Torrente Bagni metri 791; da centro della zona La Conchiglia a 200 m SUD della stessa metri 200; da Direzione Stazione FFSS S. Pietro a Maida a 200 m NORD metri 200. Nocera Tirinese: da 200 m DX Foce Fiume Savuto a 200 m SX Foce Fiume Savuto metri 400; 200 m NORD Fiume Savuto metri 1215. Satriano: Fiume Ancinale metri 229. Sellia Marina: da 200 m DX Foce Torrente Chiaro a 200 m SX Foce Torrente Chiaro metri 400; da 200 m DX Foce Torrente Uria a 200 m SX Foce Torrente Uria metri 400; da 200 m Foce Fiume Frasso metri 200; da 200 m Foce Fiume Simeri metri 200. Simeri Crichi: da 200 m Foce Fiume Simeri metri 200; Fiume Aalli metri 458. Soverato: Fiume Ancinale metri 229; Loc. Corvo metri 692; Torrente Soverato metri 394. 2) Tutti i divieti nella Provincia di Cosenza Acquappesa: Foce Torrente Fiumicello metri 182. Amantea: 200 m DX Torrente Catocastro metri 681; 200 m SX Torrente Catocastro metri 104; Foce Fiume OLIVA metri 194; Foce Fiume Torbido metri 183; Foce Torrente Catocastro metri 191; Torrente Colongi metri 1142. Belmonte Calabro: Foce Torrente Verde metri 277; Belvedere Marittimo:100 m DX T. Di Mare L.Ta Capo Tirone metri 512; 100 m SX T. Di Mare L.Ta Capo Tirone metri 216; 250 m DX Fiume Soleo metri 326; 250 m SX Fiume Soleo metri 542; Foce Fiume Soleo metri 483; Foce Torrente Vallecupo metri 190; Torre di Mare metri 202. Bonifati: 200 m DX Torrente Bambagia metri 378; 200 m SX Torrente Bambagia metri 206; Foce Torrente Bambagia metri 372. Cariati: 150 m a SX Torrente Maddalena metri 774; 200 m SX Canale Moranera metri 219; Foce Torrente Pannizzaro metri 1082; Porto di Cariati metri 727 metri. Cassano alla Ionio:100 m DX Canale Vena Morta metri 100; 250 m DX e SX I Casoni metri 500; Foce Fiume Crati metri 777. Cetraro: Foce Fiume Aron metri 172; Porto di S. Benedetto metri 1017. Corigliano Calabro:100 m DX T. Coriglianeto metri 338; 100 m DX T. Giennarito metri 891; 100 m SX T. Coriglianeto metri 514; C.le Missionante metri 365; Canale Armirò-Lido Oasi metri 181; Canale S. Mauro metri 176; Canale Salice metri 179; Canale Scavolino metri 171; Foce Torrente Coriglianeto metri 178; Porto di Schiavonea metri 184;Torrente Gennarito metri 181. Crosia: sbocco Fosso Decanato metri 1058. Diamante:100 m DX E SX Foce Torrente Corvino metri 200; Porto Damante metri 270. Falconara Albanese: Foce Torrente Malpertuso metri 153. Fiumefreddo Bruzio: Foce Torrente Fiume di Mare metri 181. Fuscaldo:150 m DX Torrente Maddalena metri 305; Foce Torrente Lavandaia metri 85;Foce Torrente Maddalena metri 282; inizio Lungomare metri 512. Grisolia: da 100 m a DX del Canale Fiumicello a 100 m a SX del suddetto metri 200. Guardia Piemontese: Foce Fiume Bagni metri 265. Longobardi: Torrente Cordaro metri 1240. Mandatoriccio: 100 m DX C. Armirò Lido Oasi metri 581; Foce Torrente Acquaniti metri 178. Paola: 100 m DX Torrente S. Francesco metri 316; DX Torrente Deuda metri 400; 300 m SX C.da Petraro metri 197; C. Petraro T S. Domenico - C. Fiumara metri 243; Foce Torrente Deuda metri 371; Foce Torrente Laponte metri 78; Foce Torrente S. Francesco metri 184. Pietrapaola: Foce Torrente Aacquaniti metri 178. Praia a Mare:100 m A DX Canale FIUMARELLA metri 100;100 m A DX e a A SX sbocco Canale SOTTOMARLANE metri 200;100 m SX Canale Fiumarella metri 100. Rocca Imperiale:Torrente Canna metri 1294. Roseto Capo Spulico: Il Castello metri 761. Rossano:100 m DX A 100m SX Torrente COSERIE metri 200; 200 m NORD e 200 m SUD dalla Foce del Fiume Trionto metri 400; Centrale ENEL metri 1000; Foce Torrente Cino Piccolo metri 172; Foce Torrente Colognati metri 188; Foce Torrente Coserie metri 200; Fosso Nubrico metri 400: San Lucido:150 m NORD Torrente S. CONO metri 148; da 100 m SUD alla Foce del Torrente Malpertuso metri 100; da 200 m NORD alla Foce del Torrente Deuda metri 200; Foce Torrente Torbido metri 94; Porto di S Lucido metri 585;Torrente Petralonga metri 200. Sangineto: 150 m A DX Fiume Sangineto metri 614; Foce Fiume Sangineto metri 271. Santa Maria del Cedro: da 200 m DX della Foce Fiume Abatemarco a 200 m SX della Foce Fiume Abatemarco metri 400. Scalea: da 150 m Canale Revoce DX a 150 m Canale Revoce SX metri 300; da 150 m DX Canale Tirello a 150 m SX Canale Tirello metri 300; da 250 m DX Foce Fiume LAO a 250 m SX Foce Fiume Lao metri 500; da 300 m DX Canale Varchera a 300 m SX Canale Varchera metri 600. Tortora: Foce Fiume Noce metri 295. Trebisacce: Foce Torrente Pagliaro metri 400. Villapiana: Fiumara Saraceno metri 1331. 3) Tutti i divieti nella Provincia di Crotone Cirò Marina:Porto di Cirò Marina metri 457; Torrente Lipuda metri 403. Crotone: Fiume Neto Confinante con il Fiume di Strongoli metri 600; Porto NORD metri 1200; Zona Industriale metri 7000. Crucoli: Foce Fiume Nikà metri 603. Cutro: Caterisano metri 1412; da 200 m dalla Foce Fiume Tacina metri 200. Isola di Capo Rizzuto: Porto Le Castella metri 589. 4)Tutti i divieti nella Provincia di Reggio Calabria Bagnara Calabra: 200 m Sud Torrente Praia Longa metri 1863; Scogliera di Bagnara Calabra metri 515. Bianco: CAamping Ioinio Blu metri 810. Bova Marina: Km 50 S.S. 106 Scogliera inaccessibile di Bova M. metri 852. Brancaleone: ID Brancaleone metri 1668; Pontile metri 1096. Gioia Tauro: Porto di Gioia Tauro metri 3951. Montebello Ionico: Porto di Saline metri 820. Motta San Giovanni: Lazzaro - Torrente San Vincenzo metri 1010. Palmi: Scogliera di Palmi metri 1136; Scogliera inaccessibile di Palmi metri 898. Reggio Calabria: Archistazione metri 1215; Calamizzi - Capannina metri 3020; Catona- Bar Reitano metri 905; Circolo Nautico metri 782; da Circolo Velico a 500 m Tott. Annunziata metri 3074; Gallico Limoneto metri 1009; Lido Comunale Villa Zerbi metri 437; Pellaro Lume metri 1371; Pentimele metri 575;Porto di Reggio Calabria metri 512. Roccella Ionica: Porto di Roccella metri 442. San Ferdinando: da 250 m Sud Fiume Mesima alla Foce del Fiume Mesima metri 250; Delta Mesima metri 420. Scilla: Scogliera di Scilla metri 221. Seminara: Punta Sorrentino metri 3135. Villa San Giovanni: 300 m a Nord dal Ristorante La Botte metri 821; Direzione Ristorante La Botte metri 362; Porto di Villa S. Giovanni metri 1524. 5) Tutti i divieti nella Provincia di Vibo Valentia Briatico: 200 m a SX T. Trainiti metri 868. Filogaso: Fiumara Spadaro metri 541; Fiume POTAME metri 418. Nicotera: 200 m a DX F. Mesima metri 560; 250 m NORD e SUD Fiume Mesima metri 96. Pizzo: da 200 m DX della Foce del Fiume Angitola a 200 m SX della stessa metri 400; da ZONA SEGGIOLA a 200 m dalla stessa metri 250. Vibo Valentia: Porto di Vibo V. metri 500; Torrente S. Anna metri 467 ; Torrente TRAINITI metri 391. Zambrone: Fiume Potame metri 200. (**) Dati del Ministero della Salute – 6 luglio 2009
 
pileggi
pileggi il 24/03/09 alle 10:45 via WEB
Nella regione più ricca di risorse idriche, con 716 Km di coste bagnate da due mari e con il più diffuso e grave degrado idrogeologico del Belpaese, nessuna iniziativa dei responsabili della gestione e tutela dell’oro blu per la Giornata mondiale dell’acqua promossa dalle Nazioni Unite per il 22 marzo. A differenza di quanto si è verificato nelle altre regioni e in tanti altri luoghi del Pianeta, in Calabria si è persa un’altra occasione per: - informare e educare tutti i cittadini affinché diventino soggetti attivi nel processo di gestione delle risorse idriche e di tutela dell'ambiente da cui l'acqua trae origine; - assicurare il riconoscimento generale dell'acqua come elemento prezioso e vitale da rispettare attraverso un uso sostenibile; - promuovere la conoscenza dell'acqua come fattore essenziale per l'agricoltura e per una sana alimentazione. La grande disponibilità d’oro blu nella regione è ben documentata nello Studio Organico Delle Risorse Idriche della Calabria, “Progetto Speciale 26”, Studio che, tra l’altro, conferma quanto già rilevato negli anni trenta del secolo scorso quando furono individuate e descritte trenta mila sorgenti. E precisamente: 4.598 sorgenti con portate superiore a un litro al secondo e 14.744 sorgenti con portata superiore a 60 litri al minuto, con disponibilità complessiva di 43.243 litri al secondo. A queste sono da aggiungere altre 10.442 sorgenti con portata inferiore a sei litri al minuto e le falde freatiche ed artesiane delle tre pianure della regione. Sulla rilevanza di questo prezioso patrimonio è inoltre da considerare che tra le sorgenti con portata superiore ad un litro al secondo ben 211 sono caratterizzate da acque calde e 5 termali con temperatura superiore a 30 gradi centigradi. E, non è per caso che, nella stessa Calabria ricchissima d’acqua, la Direttiva dell’Unione europea e le norme “in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento” restano ampiamente non applicate. La mancata raccolta e l’irrazionale utilizzo delle preziose sorgenti collinari e montane, oltre a limitare lo sviluppo ed a creare disagi nelle popolazioni, accentuano i ben noti processi di degrado e dissesto idrogeologico del territorio. Nelle zone di pianura costiera l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non essendo compatibile con i tempi di ricarica sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre ed il costipamento delle rocce serbatoio, con il ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare. In pratica invece di sviluppo e ricchezza, la troppa acqua disponibile provoca: movimenti franosi sui rilevi collinari e montani, alluvioni in pianura con l’allagamento ed il convogliamento anche di rifiuti e, quindi, l’inquinamento delle falde idriche e delle acque marine. Oltre all’irrazionale utilizzo, in Calabria, si continua a trascurare che l’acqua disponibile oltre ad essere abbondante è d’ottima qualità e tra le migliori d’Italia e d’Europa. Per le caratteristiche geolitologiche delle rocce serbatoio e per la composizione dell’aria attraversata dalla pioggia prima d’infiltrarsi nel sottosuolo, l’acqua delle sorgenti calabresi presenta composizione chimica, biologica e temperatura ottimali dal punto di vista della potabilità. Grazie ai preziosi accumuli di minerali presenti nelle antichissime rocce costituite prevalentemente da Graniti, Scisti, Gneiss che non si trovano in nessuna regione della catena appenninica la mineralizzazione delle acque calabresi, è particolarissima. La diffusione di queste rocce, i processi geodinamici e la piovosità molto elevata (la Calabria è una delle regioni più piovose d’Italia) rendono il territorio calabrese ricco di suoli fertilissimi e di numerose sorgenti e falde d’acqua potabile ed anche termale di rilevante importanza. Sui processi di formazione, in generale, va considerato che una prima mineralizzazione avviene durante l’infiltrazione nei suoli che forniscono sali minerali e ioni derivanti dall’alterazione delle argille. Più in profondità, gli ammassi rocciosi entro cui circolano le acque possono essere schematicamente distinti in: rocce a composizione prevalentemente silicea chimicamente poco o pochissimo solubili, caratterizzati da permeabilità decrescente e fessure che tendono ad occludersi per il deposito di caolino ed argilla originati dall’alterazione dei feldespati; e rocce a composizione calcarea con elevata solubilità che aumenta con il grado d’acidità delle acque meteoriche e permeabilità crescente. In particolare, il tipo di fessurazione e la localizzazione di Graniti, Scisti, Gneiss, Porfidi a composizione silicea della Sila, della Catena Costiera, delle Serre e dell’Aspromonte favoriscono sistemi di filtrazione e adsorbimento con formazione di sorgenti di buona ed ottima qualità riguardo anche l’assenza d’inquinamenti chimici e microbici. D’altra parte, nei terreni sedimentari presenti in corrispondenza delle tre grandi pianure di Sibari, S.Eufemia e Gioia Tauro e nelle fasce costiere della Calabria si alternano strati permeabili di ghiaie e sabbie a strati impermeabili all’acqua, come argille e limi, con più falde idriche di qualità e quantità variabile secondo i terreni attraversati e dal tempo di circolazione. Va anche considerato che la pioggia che alimenta le falde non è acqua distillata, ma può contenere una gran varietà di sostanze come:ioni e composti azotati derivanti, ad esempio da polveri portati dal vento, spray marini, gas e sublimazioni di solidi della crosta terrestre ed emesse da attività vulcaniche, prodotti metabolici immessi nell’atmosfera da organismi viventi, ecc. Oltre che dalla qualità dell’aria, l’identità chimico-fisica delle acque sotterranee dipende principalmente dalla composizione della roccia serbatoio e da altri fattori quali la permanenza nel sottosuolo, l’interazione fra acqua e roccia e l’eventuale mescolamento fra acque con diverse caratteristiche. In base alla quantità di sali minerali contenuta ed alla legislazione vigente le acque sono classificate in minimamente mineralizzate, oligominerali, minerali e ricche di sali minerali. Secondo il tipo di sostanza prevalente sono dette solfate, fluorate, calciche, bicarbonatiche, magnesiache, ecc. Evidentemente gli effetti sulle persone possono variare moltissimo secondo le particolari condizioni fisiologiche di ogni individuo: il fluoro, ad esempio, utile per combattere la carie e l’osteoporosi se in eccesso può provocare intossicazioni, anche il sodio che è fondamentale nel biochimismo generale se presente in quantità elevate determina ritenzione idrica con conseguenze sull’apparato circolatorio. I diversi effetti prodotti dalle acque calabresi sui viventi sono noti e descritti fin dai tempi più remoti. In proposito è significativo quanto descritto da Gaio Plinio Secondo nella Storia Naturale. Riferendosi alla diversa proprietà delle acque di due corsi d’acqua della Piana di Sibari ed in modo suggestivo, Plinio riferisce che:“A Turii, secondo Teofrasto, il Crati conferisce biancore a buoi e pecore, il Sibari color nero; perfino le persone risentono di tale differenza di effetti: quelli che bevono dal Sibari, infatti, sono più scuri, più duri e di capelli ricci, quelli che bevono dal Crati chiari di carnagione, più molli e con la chioma lunga”. Paradossalmente, nella regione che può vantare le fonti più esclusive e le migliori qualità, si continua ad ignorare o a sottovalutare anche la tendenza in atto e sempre più diffusa nei locali di ristoro di presentare con la carta dei vini anche la Carta delle Acque. I gravissimi danni provocati dall’acqua negli ultimi mesi ed il loro progressivo aumento ad ogni nuovo evento piovoso impongono una vera svolta nell’utilizzo del prezioso patrimonio idrico della regione. Svolta che richiede una concreta politica d’investimento e difesa del suolo ed i vari strumenti normativi, attuativi e di programmazione indicati nella Direttiva 2000/60 dell’Unione europea; politica e strumenti mirati a proteggere la risorsa acqua, promuovere un suo utilizzo sostenibile in tutti i settori e allo stesso tempo garantire la sua conservazione per le generazioni future.
 
« Precedenti
 
 

RISORSE & RISCHI

- IMMAGINI risorse e rischi Territorio
- GEOLGIA AMBIENTALE
- GIORNATA MONDIALE ACQUA AMICI della TERRA ITALIA
- LAMEZIAOGGI
- TERREMOTO CAUSE E RIMEDI Calabresi.net
- L'Officina dell'Ambiente
- AreaLocale
- DISSESTO IDROGEOLOGICO
- Amici della Terra Pollino
- l'Altro Quotidiano
- ZONE A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA
- MARI TIRRENO E JONIO (2009)
- SALUTE DEI MARI NEGLI ULTIMI 10 ANNI
- RISCHIO SISMICO
- I GIACIMENTI MINERARI
- L'ACQUA PIù BUONA D'EUROPA
- CONDIZIONE DEL MARE - INTERROGAZIONE VENDOLA CAMERA DEPUTATI
- qlk dato
- I buchi del BelPaese - alluvione di FI
- GUIDA BLU
- X LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO D RISORSE NATURALI
- L’argento del Valanidi
- GUIDABLU
- MARE LUGLIO 09
- GEOLOGIA AMBIENTE TERRITORIO
- APERTURA STAGIONE BALNEARE2010
- ARPACAL balneazione 2010
- http://www.lameziaclick. risorse-naturali
- HA PRESO IL VIA LA STAGIONE BALNEARE
- ANNIVERSARIO ALLUVIONE DI FIRENZE
- MARE 2008 CITTA' di PALMI
- monitoraggioidrografico RAPPORTO STATO SALUTE MARI 2009
- MINIERE IDENTICHE ESTREMITA' PENISOLA DEL BELPAESE
- GEO-ARCHEOLOGIA
- UNICAL seminario RISCHIO IDROGEOLOGICO
- 100 anni dopo il terremoto cosa è cambiato
- IL CAMPO mari 2009
- fai notizia
- dissesto idrogeologico parte 1/5
- Gazzetta del Sud mare 2010 tirreno catanzarese
- http://www.provincia.cosenza
- QuiMETEO
- http://www.ntacalabria.it/acquapiubuona.htm
- calabrianostra
- area locale mare 2007
- calabriaonline
- Provincia Cosenza comitato rischi
- PROTEZIONE CIVILE
- curingaonline.it/col/in-prima-pagina/in-prima-pagina-tratti-non-balne
- http://it-it.facebook.com/posted.php?id=114073158621909
- lameziaweb.biz
- RAPPORTO SALUTE MARI 07
- 09 RAPPORTO SALUTE MARI
- http://datpresenter.com
- SITO WEB
- STATO SALUTE MARI
- RAPPORTO MARE 2009
- RASSEGNA STAMPA UNIVERSITA' RC
- RISCHIO SISMICO CN24
- GIORNATA MONDIALE ACQUA
- ACQUA
- RISCHIO TERREMOTO NELLO STRETTO
- ALCUNI VIDEO
 

HTTP://NOTIZIE.LIBERO.IT/

Caricamento...
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963