IL MIO TEMPO

Post N° 66


NIENTE NEBBIA IN VAL PADANA   Dario Fo Chi ha vissuto in Lombardia (Pianura Padana), sa cosa volavano dire almeno fino agli anni 70, gli inverni (autunni) in cui non si vedeva niente, ma proprio niente. La nebbia, tanto per cominciare, era una risorsa economica. Catalizzava le marcite utili ai campi ed era necessaria alle colture di riso. Vivere nella nebbia, poi era un po’ come andare in letargo che è un fatto straordinario del ciclo della natura e degli animali, in cui la vita biologica stessa si modifica. Con la nebbia a modificarsi è la percezione della realtà: confonde i contorni e attutisce i rumori, ti senti trasportato in un mondo irreale che ha dato vita a divertenti leggende come quella secondo cui nel Risorgimento le truppe austriache e piemontesi si trovarono nella nebbia le une accanto alle altre, sfiorandosi indifferenti senza nemmeno spararsi. “ La neve l’è il pan d’la tera, la nebia l’è il vin”, diceva mio nonno, proprio per dire che la nebbia ti da quella sensazione unica di stordimento e inebriamento come certe belle ubriacature. Non a caso è la gioia degli amanti. A Franca e a me capitò un fatto che poi finì anche nel film Lo Svitato: eravamo abbracciati su un prato, umidi, ma, almeno così credevamo, protetti dalla nebbia. A un certo punto sentimmo la voce di una ragazza che se la prendeva col fidanzato per una vance di troppo, e poiché seguirono altre voci infastidite da quel bisticcio, capimmo di essere una folla di coppie che vivevano i loro amori. Protetti dalla nebbia.