IL MIO TEMPO

PIERPAOLOPASOLINI


Il 5 Marzo 1922 è il giorno in cui naque P.P.Pasolini.Non c'è bisogno di starvi a raccontare chi fu e come lo divenne...Se però,come spero,avrete voglia di addentrarvi nella galassia Pasoliniana,internet può offrirvi oggigiorno una fonte inesauribile di reperti.Troverete tracce di un poeta sublime e ruvido,come può essere la carezza fatta dalle mani di un contadino,troverete pagine degne della scuola del perfetto giornalista,troverete di un saggista lucido,analitico e profondamente consapevole della sua perfetta visione di ciò che lo circonda,tanto da doverne riconoscere,ora lo sappiamo,la straordinaria lungimiranza.Uomo di sentimenti forti e parole dunque,scritte,pronunciate e stimolate.Per taluni un provocatore,un piantagrane,il campione di tutte le perversioni,l'uomo che venne processato per vilipendio alla religione...Già dimenticavo,anche regista..Il regista di quel Vangelo secondo Matteo che a mio blasfemo giudizio andrebbe proiettato in ogni scuola,magari nell'ora di religione...Ma tantè...Un intellettuale in Italia è un accessorio inutile,se poi si tratta di uno dei maggiori in assoluto del XX secolo,tanto peggio...Non per nulla è conosciutissimo ed universalmente celebrato...Fuori dai nostri confini...Mi pareva giusto ricordarlo con una delle sue poesie,una di quelle scritte quando tornò nella sua Casarza,dopo essere stato per un pò di tempo un mio corregionale...Ho scelto questa,spero possa piacervi.Buona serata.. Cansion Lassàt in tal recuàrt
a fruvati, e in ta la lontanansa a lusi, sensa dòul jo i mi inpensi di te, sensa speransa. (Al ven sempri pì sidìn e alt il mar dai àins; e i to pras plens di timp romai àrsit, i to puòrs vencs ros di muarta padima, a son ta l'or di chel mar: pierdùs, e no planzùs). Lassàs là scunussùs ta ciamps fores-c' dopu che tant intòr di lòur ài spasemàt di amòur par capiju, par capì il puòr lusìnt e pens so essi, a si àn sieràt cun te i to òmis sot di un sèil nulàt. [...]CANZONE. Lasciato nella memoria a logorarti, e nella lontananza a splendere, io mi ricordo di te, senza pena, senza speranza. (Si fa sempre più silenzioso e alto il mare degli anni; e i tuoi prati pieni di tempo ormai arso, i tuoi poveri venchi rossi di un morto riposo, sono sull'orlo di quel mare: perduti e non pianti). Lasciati là sconosciuti, in campi stranieri dopo che tanto intorno ad essi ho spasimato di amore per capirli, per capire il povero, lucente e duro loro essere, si sono chiusi con te i tuoi uomini sotto un cielo annuvolato. [...] (da La meglio gioventù)