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un omaggio a Francesca


 ...e da genitore un pensiero per questa sfortunatissima ragazza e un grande e forte abbraccio ai suoi genitori, pensando che da oggi per tutti noi, c'e un bellissimo angelo in piu'....(mi ha colpito molto qst notizia e vicenda pur nella iniziale distrazione e nell'atroce velocita' con la quale consumiamo tutto....e allora volevo fissare un pensiero)Oggi pomeriggio a Baril'addio a Francesca(Roberto - 01-04-2009)
(addio francy, non poter più ascoltare la tua voce che mi chiama "fratellone" credo sia il giusto fardello che dovrò portare per tutta la mia vita, la giusta punizione per non aver fatto pace con te dopo quella lite maledetta, che mi avrebbe permesso di riabbracciarti l'ultima volta e starci vicino come volevo... addio francy, il mondo non è posto per angeli come te)
Un'onda di emozioni. Per Francesca. Per la sua scomparsa così prematura, così incredibile per una ragazza di 18 anni, stroncata da una encefalite virale al ritorno dalla gita scolastica. Oggi gli amici e tutti quanti si sono sentiti colpiti dalla vicenda si ritroveranno nella Chiesa di San Francesco di Paola alle 16 per l'ultimo saluto alla studentessa del liceo scientifico Scacchi di Bari 
IL PAPA' DI FRANCESCA: «NON SONO RIUSCITO A SALVARLA»di GAETANO CAMPIONEBARI - La morte clinica di Francesca Maggi è stata dichiarata ieri sera. I funerali della ragazza di 18 anni, colpita da encefalite virale fulminante, si terranno oggi, alle 16, nella chiesa di San Francesco da Paola. Alla fine, davanti alla malattia, si sono dovuti arrendere tutti: i medici del Policlinico che hanno tentato l’impossibile, le centinaia di amici che hanno tenuta accesa per ore la fiammella della speranza, i genitori. Il pellegrinaggio, nel piazzale di Asclepios, davanti all’ing resso della stanza rossa dell pronto soccorso, dove la ragazza era ricoverata, è stato incessante. Travolgente. Come il carattere di Francesca. «Un turbine», la definisce papà Mimmo, pediatra, dotato di una forza interiore straordinaria. Abbraccia gente, stringe mani, distribuisce pacche sulle spalle. Lui, ha parole di conforto per chi si presenta con gli occhi lucidi. E sono tanti. I compagni di classe della V sezione A del liceo scientifico «Scacchi», i professori. Ma soprattutto gli amici. Tanti. «Vuol sapere che tipo era la mia figliola? » chiede il genitore. «Si guardi intorno e capirà. Guardi quanta gente. È commovente». C’è Luca, il ragazzo coinvolto in un incidente stradale, per sei mesi costretto a letto, assistito ogni giorno da Francesca. Ieri si è alzato per la prima volta: «Dovevo farlo per lei», ha detto stringendo forte Mimmo. C’è Angelo, il fidanzatino: «Era una cosa iniziata da poco - spiega papà Mimmo - ma si vedeva che era intensa, che sarebbe durata. Noi però avevamo preferito non interferire. Insomma, niente presentazioni ufficiali. Lo chiamerò». Mimmo è un monolite: «E cosa dovrei fare? Ho riunito la famiglia. Siamo rimasti in tre e ho detto: dobbiamo reagire, altrimenti ci distruggeremo, non avremo futuro. Un lutto può essere devastante. Eccomi qui, a parlare, parlare e ancora parlare. Io sono morto dentro. Ho salvato tanta gente nella mia vita professionale, ma per mia figlia, non c’era nulla da fare. Questa malattia non lascia scampo, anche se non è contagiosa. Lo scriva a lettere cubitali. Praga, la gita, non c’entrano nulla. Le statistiche parlano chiaramente: si verifica un caso ogni tre milioni. E noi abbiamo vinto la lotteria della sfortuna». Francesca e la voglia di vivere: «Dove c’era una festa, c’era lei. Sempre pronta a chattare, a chiamare col telefonino amici e conoscenti. Le piaceva la kick boxing. Lo studio, un po’ meno. Dopo gli esami di maturità avrebbe tentato i test d’ing resso per la facoltà di Medicina. Il sogno si è infranto». Francesca e la malattia: «Per me è morta domenica sera, a casa. Ha vomitato ed è caduta per terra. L’edema cerebrale era esteso, il virus si è annidato nel cervello, bloccando le funzioni vitali. Minuto dopo minuto, ora dopo ora. I bollettini medici sembravano bollettini di guerra: coma di primo grado, poi di secondo. Fino ad arrivare all’ultimo grado, il quarto, quello irreversibile». La gente si avvicina con discrezione. Ancora abbracci e strette di mano. «Non ho più la forza di piangere», sibila Mimmo. «La nostra casa sarà vuota, silenziosa. A Francesca non bastavano due telefoni cellulari. Erano sempre senza credito. Allora, chiedeva il mio. Ora quella ricarica da 50 euro mi durerà una vita». L’elaborazione del lutto è personale. È un processo lento. Rimarginare una ferita così profonda richiede tempo e pazienza. Mimmo lo sa. E si difende parlando: «Pensavo di aver già vissuto con Francesca i 30 secondi più lunghi della mia vita. Aveva tre anni. Un pezzo di wurstel le bloccò la trachea. La salvai d’istinto, afferrandola e mettendola a testa in giù». Lui, da medico, avrebbe voluto donare gli organi della figlia. «Ma il virus è inesorabile. Si attacca ovunque. Anche alle cornee». Il ricordo, però, quello nessuno potrà cancellarlo. «La disperazione non avrà il sopravvento. Sono uno che combatte a viso aperto, non mi rassegno. Francesca c’è e sarà sempre con noi. Lei era una casinista nata. La parola giusta è questa. Immagino che si comporterà così anche lassù. Avremo un angelo custode in più. Con delle ali grandi quanto quelle di un bombardiere B-52. Ciao, Francesca».