Oggi a Lampedusa,
insieme alle sei navi “precettate” dal governo per imbarcare migliaia di migranti sbarcati sull’isola per smistarli in
tendopoli allestite in varie zone d’Italia, arriverà anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per rendersi conto di persona della gravità della situazione. È probabile che, a differenza di lunedì mattina quando davanti al tribunale di Milano, dove si recò per presenziare all’udienza del
processo Mediatrade in cui è imputato per frode fiscale, trovò ad attenderlo una decina di fans osannanti che lo indussero a improvvisare un nuovo predellino, sull’isola sarà accolto dalla rabbia dei lampedusani stremati e stanchi di sentirsi abbandonati dalla istituzioni. Perché, è inutile negarlo, se a Lampedusa, nel giro di poche settimane, si è arrivati a una situazione di collasso per gli sbarchi di oltre seimila profughi, quasi il doppio degli abitanti, creando situazioni allarmanti sia a livello di
ordine pubblico che
sanitario la responsabilità è del governo, della palese indecisione con cui si è mosso per fronteggiare un’emergenza prevedibile come più di un ministro aveva preavvisato all’indomani delle rivolte in Tunisia e in Egitto e soprattutto dopo la decisione dell’ONU di intervenire militarmente in Libia con bombardamenti aerei per sostenere la rivolta contro Gheddafi e le sue ritorsioni assassine nei confronti dei ribelli.Nel momento in cui
il Capo dello Stato definisce “inaccettabile” quanto sta avvenendo a Lampedusa, si ha la sensazione che le sue parole siano un implicito monito al governo per l’inefficienza con la quale finora ha gestito la situazione sbarchi sull’isola.
E seppure fosse vero, come da più parti si sussurra, che l’Europa ci avesse abbandonato nella gestione della crisi, non ci voleva mica un genio della politica per immaginare che, se non si fossero presi subito drastici provvedimenti per arginare la situazione, Lampedusa sarebbe “morta”.Intanto a Ventimiglia, al confine tra Italia e Francia,
i francesi non si stanno facendo scrupoli di rimandare nel nostro paese i profughi, quasi tutti tunisini, che cercano di entrare oltralpe.A questo punto una domanda nasce spontanea: l’indecisione del governo nella gestione della crisi migranti è dovuta 1) alla presenza nell’esecutivo di ministri leghisti che non ne vogliono sapere di mandare profughi nelle regioni del nord per non inimicarsi l’elettorato, minacciando tacite ritorsioni verso il governo, se ciò avvenisse, fino a farlo cadere? 2) dalla presenza sul nostro territorio del Vaticano il quale, non gradendo un’azione perentoria di rimpatrio forzato dei profughi in nome della tanto predicata solidarietà tra i popoli, potrebbe ulteriormente raffreddarsi nei confronti di un esecutivo- in particolare il Premier il cui comportamento “libertino” non poche critiche ha sollevato negli ambienti ecclesiastici – e creargli difficoltà alle prossime elezioni? 3) alla presenza di entrambi che come una morsa stringono tra loro chi dovrebbe guidare il paese nel nome dell’Unità nazionale e della laicità dello Stato, condizionandone le scelte a scapito dei cittadini?Nell’attesa di una risposta, l’unica certezza è che il disordine di Lampedusa non è certo colpa dei lampedusani né dei profughi ma di chi ha il compito di gestire la crisi e dà invece l’impressione di non sapere che pesci prendere!