LA VOCE DI KAYFA

LE ANGOSCE DI UN PADRE DOPO LA STRAGE DI UTOYA


Non è facile per un padre che ha due figli della stessa età dei ragazzi trucidati sull’isola di Utoya dalla follia omicida Breivik, allontanare dalla mente le immagini del killer in muta subacquea, armato di fucile automatico, che spara a sangue freddo sulle vittime. In particolare non è facile annullare il fotogramma in cui si vede un ragazzo in acqua implorare pietà mentre il killer avanza verso di lui tra i cadaveri disseminati sulla spiaggia per ucciderlo. Una sequenza agghiacciante, da film horror più che thriller, che ti gela il sangue nelle vene.Da genitore, se cerchi di immedesimarti nei papà e nelle mamme dei ragazzi uccisi o feriti, ti assale l’angoscia: è da brivido l’idea che mandi i tuoi figli in campeggio su di un’isola tranquilla, immersa nell’incantevole scenario dei fiordi norvegesi, perché si ritrovino e si confrontino con altri coetanei che come loro nutrono la passione per la politica, e prima di tutto quella per la vita, quella vita che è un diritto della gioventù godere spensieratamente,  e te li ritrovi all’improvviso uccisi in una bara, in un lettino d’ospedale feriti in modo grave o, se ti va bene, tremanti e choccati da un mostro, come lo stesso Breivik si definiva con orgoglio nel memoriale che aveva postato su internet, in cui affidava i suoi folli pensieri, poco prima di mettere in pratica il duplice piano criminale, il quale, in difesa dell'identità nazionale, a suo dire messa in discussione dalle politiche laburiste troppo permessive verso l'immigrazione, non si è premurato di mietere le loro vite solo perché partecipavano a un raduno giovanile del partito laburista. Dopo quanto è successo in Norvegia, sei i tuoi figli ti chiedono di poter andare in vacanza con gli amici, pur sapendo che non puoi rifiutarti, dentro di te la tentazione di dissuaderli è tanta. Vorresti addurre le scuse più subdole nel disperato tentativo di evitare che partano, che restino a casa sotto la tua protezione sicura. Ma poi rifletti e ti rendi conto che nella vita nulla è sicuro, tutto è eternamente in bilico tra la vita e la morte, tra il bene e il male; che la follia si annida perfino tra le pareti di casa per cui, per quanto i tuoi timori di padre siano giustificati dalla terrificante emozione suscitata dalla strage di Utoya, ti ripeti nella mente come un mantra “la vita continua… la vita continua…” e con un sorriso forzato auguri buone vacanze ai tuoi figli, mentre dentro di te la tempesta non si placherà fino a quando non faranno ritorno a casa!