Si resta quanto meno basiti nel leggere
l’editoriale di Vittorio Feltri pubblicato ieri su IL GIORNALE intitolato QUEI GIOVANI NORVEGESI INCAPACI DI REAGIRE. Talmente forte è il senso di disagio che provi dopo averlo letto che, convinto di aver frainteso il senso delle parole dell’illustre giornalista, lo rileggi con la convinzione che dopo tutto ti sarà più chiaro. E invece, dopo la seconda, la terza e anche la quarta rilettura, il disagio aumenta trasformandosi in rabbia perché ti rendi conto che davvero Feltri voleva intendere ciò che speravi di aver frainteso: sull’isola (un chilometro quadrato, quindi piccola) si trovavano circa 500 partecipanti a un meeting annuale di laburisti. Un numero considerevole. Quando Breivik ha dato fuori da matto e ha cominciato a sparare, immagino che lo stupore e il terrore si siano impadroniti del gruppo intero. E si sa che lo sconcerto (accresciuto in questa circostanza dal particolare che il folle era vestito da poliziotto) e la paura possono azzerare la lucidità necessaria per organizzare qualsiasi difesa che non sia la fuga precipitosa e disordinata, contro un pericolo di morte. Ciononostante, poiché la strage si è consumata in 30 minuti, c’è da chiedersi comunque perché il pluriomicida non sia stato minimamente contrastato dal gruppo destinato allo sterminio. Ragioniamo. Cinque, sei, sette, dieci, quindici persone, e tutte disarmate, non sono in grado di annientare un nemico, per quanto agisca da solo, se questo impugna armi da fuoco. Ma 50 - e sull’isola ce n’erano dieci volte tante-se si lanciano insieme su di lui, alcune di sicuro vengono abbattute, ma solo alcune, e quelle che, viceversa, rimangono illese (mettiamo 30 o 40) hanno la possibilità di farlo a pezzi con le nude mani.No, non avete capito male: nel suo pezzo Feltri ammonisce le giovani vittime per non aver fatto fronte comune nel fronteggiare il killer armato di fucile automatico e pistole, ma di essersi lasciate prendere dal panico e fuggire di qua e di là lasciando che Breivik portasse al termine il suo delirante macello senza trovare alcun ostacolo. Nemmeno per un attimo il giornalista sembra venire sfiorato dal dubbio che, seppure i ragazzi partecipanti al raduno laburista fossero più di 500, si trattava pur sempre di giovani giunti sull’isola per divertirsi e discutere di politica, i quali erano già sgomenti per aver appreso dalla televisione dell’attentato a Oslo di qualche ora prima, ritenuto inizialmente opera dei fondamentalisti islamici. Pertanto tutti loro erano in uno stato di agitazione tale che, non appena hanno sentito sparare, avranno pensato a un commando terroristico in azione e quindi, non potendo sapere che l’attentatore era uno solo, hanno semplicemente pensato a mettersi in salvo, come avrebbe fatto qualunque essere umano. E se anche avessero immaginato che Breivik agiva autonomamente, penso che nessuno di loro avrebbe comunque avuto la folle idea di fronteggiarlo con pietre e bastoni come altrettanto non avrebbe fatto chiunque di noi al loro posto, Feltri incluso!È vero che in Italia esiste la libertà di stampa ma, francamente, l’editoriale di Feltri, più che un fondo di giornale, sembra un’offesa alle vittime e ai superstiti di Utoya tanto che perfino
i lettori del suo quotidiano si sono opportunamente ribellati al suo pezzo. Chissà se altrettanto farà il suo editore, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi...