LA VOCE DI KAYFA

GIUSEPPE D'AVANZO:IL GRANDE GIORNALISTA SALUTA LA VITA DA SPORTIVO


Giuseppe D’Avanzo non è più! La prima firma di Repubblica è improvvisamente scomparso ieri stroncato da un infarto mentre si allenava in bicicletta con l’amico/collega Attilio Balzoni e altri ciclisti per un tour amatoriale che si sarebbe svolta tra qualche settimana. Autore di tanti scoop, D’Avanzo aveva fatto fare un salto di qualità al giornalismo italiano ponendo le fatidiche 10 domande a Berlusconi all’indomani dello “scandalo” Noemi Letizia, la ragazzina di Casoria che lo chiamava simpaticamente papi, al cui diciottesimo compleanno il Premier partecipò alimentando un’infinità di pettegolezzi e dubbi sulla sua condotta morale tanto che la moglie chiese pubblicamente il divorzio dichiarando non posso stare con un uomo che va con le minorenni.  Oltre a essere un grande giornalista, D’Avanzo era anche un vero sportivo. Nel senso che lo sport lo praticava per davvero anziché “viverlo” come tanti pseudo sportivi in poltrona davanti al televisore o attraverso i giornali. E come ogni vero sportivo che si rispetti, ma anche come ogni persona che ama la vita, il suo assillo era di non morire di malattia, come rivela quest’oggi Piero Colaprico su Repubblica. Lo stesso pensiero coglie anche me che da anni corro una cinquantina di chilometri a settimana: se potessi scegliere come morire, preferirei essere colto da un infarto mentre corro. È vero, per i miei cari sarebbe un dolore troppo grande sopportare la mia improvvisa scomparsa. Ma essendomi alternato per quattro anni con mia sorella al capezzale di papà allettato dall’alzaimer e avendo vissuto sempre in famiglia altri casi di malati terminali, so cosa vuol dire, sia per l’ammalato sia per i parenti,  sopportare il peso di sacrifici morali, fisici e finanziari che una grave malattia impone. La sensazione di sconforto che ti assale in quei momenti è che tutto ciò che stai facendo serve solo a prolungargli l’agonia e a scombussolare gli equilibri familiari, perché, per quanto la famiglia possa essere solida, la stabilità familiare ne risente, non c’è niente da fare. Ed è allora, ripensando a quei momenti, che speri tanto di non fare quella stessa fine,augurandoti di morire d’infarto mentre stai dormendo o mentre corri.  Lo so, è difficile accettare un  ragionamento simile eppure, solo chi come c’è passato, può capire il pensiero di D’Avanzo. Per quanto paradossale e cinico possa apparire il mio ragionamento - a prescindere che tutti auspichiamo di raggiungere la vecchiaia in una condizione psicofisica tale da non richiedere la presenza costante al nostro fianco di chi ci ama, costringendolo a sacrificare la propria esistenza al nostro fianco – la maniera in cui s’è spento D’Avanzo è quella in cui ogni vero sportivo e amante della vita vorrebbe spegnersi nel dubbio di dover lottare un domani contro un male incurabile che lo svuoti di ogni dignità o di dover affrontare una vecchiaia niente affatto tranquilla, dando di testa e facendo perdere la testa a chi si ama!