LA VOCE DI KAYFA

ITALIANI PRENDETE SPUNTO DAGLI ISLANDESI


 Da quando si è capito che, contrariamente agli enfatici proclami di governo, l’Italia non era affatto immune dalla crisi finanziaria che dal 2008 sta agitando i mercati finanziari e che, dopo la Grecia, potrebbe essere la prossima nazione dell’UE a dichiarare bancarotta con effetti disastrosi per l’euro, sui giornali nazionali e internazionali non si fa altro che seguire con drammaticità e ironia il grottesco varo della manovra finanziaria da parte del governo Berlusconi che, con le modifiche di ieri, è alla sua quinta bozza nel giro di due mesi, probabilmente un record mondiale a testimonianza dell’inadeguatezza del governo a gestire una crisi epocale. Tuttavia questo reiterato pasticcio politico, unitamente alla pruriginose vicende personali del premier che anche quest’estate dominano le prime pagine dei quotidiani, distolgono gli italiani da una vicenda che viceversa meriterebbe la massima attenzione perché ha molto da insegnare a un popolo come il nostro molto tollerante con i propri politici: la silenziosa rivoluzione islandese!  Probabilmente in pochi ricorderanno che la prima nazione europea, seppure non appartenente all’UE,  a risentire della crisi dei mercati finanziari del 2008 fu l’Islanda, un paese ricco il cui reddito procapite è di 45 mila euro. E ancora di meno saranno coloro che avranno saputo, perché taciuto o passato in sordina dai mass media, del modo con cui il popolo islandese ha reagito alla crisi, prima costringendo alle dimissioni il Primo Ministro Geir Hilmar ritenuto incapace di fronteggiarla, quindi riscendendo in piazza per opporsi alla legge varata del Parlamento che obbligava gli islandesi a pagare il debito di 3,5 miliardi di euro contratto dal paese nei confronti di Olanda e Gran Bretagna. La protesta si protrasse fino a costringere il Presidente Olafur Grimsson a indire un referendum abrogativo che con il 93% di no annullò una legge ritenuta dal popolo ingiusta perché lo costringeva a pagare per le colpe di chi, detenendo il potere finanziario, aveva portato il paese alla bancarotta.Di tutto questo in Italia non se ne parla, se non su qualche blog. Magari temendo che, acquisendo consapevolezza di quanto può la forza di un popolo, anche gli italiani si sveglino dal loro fisiologico torpore e occupino la piazza di Montecitorio per chiedere le dimissioni del governo e poi pretendere che a pagare per il macello dei conti pubblici siano politici e poteri finanziari e non i soliti noti, ossia operai, impiegati, pensionati…