LA VOCE DI KAYFA

QUEL CAPRO ESPIATORIO DI NOME TREMONTI


Sembra assurdo eppure, leggendo e ascoltando le dichiarazioni di illustri rappresentanti del governo e della maggioranza, la negata autorizzazione della Camera all’arresto dell’onorevole Marco Milanese, braccio destro di Tremonti, si sta risolvendo in un vero e proprio voto di sfiducia nei confronti del Ministro dell’Economia, la cui assenza giovedì tra i banchi parlamentari durante il voto, ufficialmente giustificata in quanto in quelle stesse ore il Ministro era in volo per l’America dove doveva partecipare a un G20 sull’economia, non è stata affatto digerita dai suoi colleghi di partito e coalizione. Tanto che perfino l’onorevole Scilipoti, il vero perno su cui regge il governo, ne ha chiesto esplicitamente le dimissioni.  Che tra Berlusconi e Tremonti non corresse buon sangue è ormai noto da tempo. Spesso anche in pubblico il Premier e il suo Ministro si sono “accapigliati” garbatamente, soprattutto perché per fronteggiare la crisi - da entrambi prima negata e poi accoratamente conclamata, partorendo cinque finanziarie in meno di due mesi di cui solo le ultime hanno dato un po’ di respiro al paese e ai mercati visto che furono stilate su indicazioni della BCE – Tremonti non escludeva una patrimoniale sui redditi superiori a 90 mila euro, un aumento delle imposte e una revisione delle pensioni. Mentre Berlusconi, probabilmente per non scontentare l’alleato leghista e quella frangia di elettorato del PDL appartenente al ceto medio alto che guadagna 90/100 mila euro all’anno, contrario a una manovra del genere, puntava invece sui tagli alla spesa pubblica. Scontentando sindaci e presiedenti di provincia e di regione, anche quelli eletti sotto la bandiera della coalizione di governo, i quali  scendevano in piazza per protestare contro i tagli agli enti locali che a loro avviso avrebbero indotto le amministrazioni da loro presiedute a tagliare  i servizi ai cittadini per mancanza di fondi.Questo tiro al bersaglio da parte della maggioranza contro Tremonti stride se si considera che in difesa del  Ministro si schiera un’autorevole personalità qual è Mario Monti, ex commissario dell’unione europea nonché da molti indicato come probabile Premier se si andasse a un governo di larghe intese. La sensazione è che Tremonti sia diventato all’improvviso un capro espiatorio. Il cassonetto in cui scaricare e nascondere le colpe e gli errori del Presidente del Consiglio - per Berlusconi la Procura di Napoli configura l’accusa di induzione alla falsa testimonianza nell’inchiesta Tarantini/Lavitola – e della sua raffazzonata maggioranza pur di evitarne le dimissioni con conseguenza nefaste per molti che lo sostengono i quali, se si riandasse alle urne e si votasse consentendo ai cittadini di scegliere il candidato e non solo il partito o la coalizione come avviene oggi con il porcellum, difficilmente torneranno a sedere negli scranni parlamentari perché nessuno o pochissimi se li filerebbero.  Se a questa situazione condizionata da opportunismi personali e di partito, si associa l’ennesimo richiamo al governo da parte di Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria che non è certo un organo comunista, la quale ieri è tornata a chiedere all’esecutivo un’azione decisa per il rilancio dell’economia oppure di dimettersi, l’attacco a Tremonti da parte della maggioranza sembra essere l’ultimo, disperato sussulto di un governo in agonia, che pur di restare al timone di una nave ormai alla deriva cerca di salvarsi gettando in mare i salvagente quasi fossero zavorre di cui disfarsi per riprendere “quota”, restando impettito nella plancia di comando malgrado la nave imbarchi sempre più acqua!