LA VOCE DI KAYFA

LA MORTE DI GHEDDAFI Dà SPUNTO AL NOSTRO PREMIER PER UN'ALTRA GAFFE


A prescindere, qualunque forma di violenza va sempre condannata. Tuttavia le immagini della tragica uccisione di Gheddafi a opera dei ribelli, la loro esultanza e quella del popolo libico dopo l’esecuzione del rais, per quanto crude possano apparire, difficilmente scuotono nelle coscienze un moto di pietà verso quell’uomo inerme vittima di se stesso. Sì perché, dispiace dirlo, per quanto orribile possa essere stata, la morte di Gheddafi è conseguenza dei soprusi e dei crimini compiuti dal colonnello nei confronti del suo popolo nell’arco di quarantadue anni di incontrastata dittatura durante la quale, pur di incrementare e tutelare il proprio potere politico e economico, non si è fatto scrupoli di trucidare con l'ausilio delle forze speciali coloro che si opponevano al suo volere.  Per quarantadue lunghissimi anni Gheddafi è stato il padrone indiscusso della Libia, terra ricca di petrolio e gas al punto che i governanti occidentali, pur di accaparrarsene una parte, hanno avuto nei confronti del colonnello un atteggiamento ambiguo: da un lato ne condannavano l’indole terrorista giungendo a bombardare Tripoli, come fecero gli USA nel 1986 ritenendo che il rais fosse il responsabile dell’attentato alla discoteca LA BELLE a Berlino; dall’altro, seppure con palese ipocrisia, lo trattavano da statista pur di stipulare contratti miliardari che favorissero le proprie aziende. In questa ridda di contraddizioni figlie della ragion di stato, tristemente emerge l’atteggiamento indulgente, oserei dire di assoluta sottomissione al rais, del governo italiano. Sarà difficile infatti dimenticare la tendopoli eretta dal colonnello a Villa Pamphili, le parate equestri organizzate in suo onore, la precettazione di 500 ragazze chiamate ad assistere alla lezione del rais sull’Islam, il nostro Premier che in conferenza stampa lo definisce leader di grande saggezza. Ma soprattutto sarà difficile dimenticare il baciamano di Berlusconi al colonello nemmeno fosse il Papa; o l’ormai tristemente famosa frase non chiamo per non disturbare  con cui il nostro Presidente del Consiglio rispose a quanti reclamavano un suo intervento su Gheddafi affinché il colonnello sospendesse la sanguinaria  repressione con cui stava cercando di sedare la rivolta libica.Oggi che Gheddafi non c’è più molti, pur condannando la violenza della sua fine,  ammettono che la sua scomparsa fa comodo perché con essa vengono seppellite verità scomode. Vi immaginate cosa avrebbe significato allestire un processo al colonnello? C’è da presumere che per difendersi dalle accuse mossegli contro, Gheddafi non avrebbe lesinato a chiamare in causa personaggi di spicco, magari capi di stato e di governo, svelando verità scomode che invece la sua morte nasconderà per sempre.Sic transit gloria mundi. Così ha commentato Berlusconi non appena ha appreso la notizia della morte del suo amico Gheddafi. Questo è bastato per attirarsi addosso, per l’ennesima volta, le critiche di Famiglia Cristiana!