LA VOCE DI KAYFA

PAROLE E POLVERE


Ogniqualvolta mi ritrovo al cospetto di una persona cara prossima a abbandonare questo mondo, osservando il lento alternarsi delle mutazioni somatiche sul suo viso che accompagnano il lento passaggio di stato da questa alla presunta altra vita, mi domando che senso abbia impegnarsi anima e corpo durante la vita per costruire qualcosa che attesti la nostra grandezza come uomini se poi non ci saremo più! Una riflessione, la mia, che contrasta con il senso della vita consistente proprio nella costruzione di qualcosa che lasci una traccia, possibilmente positiva, del nostro passaggio in questo mondo di cui possano beneficiare in piccolo i nostri cari e in grande l’intera società. In quei momenti in cui il rispettoso silenzio si impone verso chi è ormai a un passo dal varcare la soglia e svelare il più grande mistero della vita, ossia cos’è la morte, un’infinità di pensieri e domande si affollano nella mente, tutti e tutte riconducibile a una sola, unica domanda: che senso ha vivere se poi dobbiamo morire? Un quesito sicuramente più grande di me cui, da che esiste l’uomo, hanno cercato di dare risposta le più grandi menti che si sono avvicendate sul pianeta senza però riuscire a dare risposte certe e definitive in quanto l’insondabile è inspiegabile! Finanche le religioni, tutte indistintamente, per quanto coi loro dogma cerchino di architettare un’ossatura di fede nel credente auspicando una vita beata eterna per coloro hanno vissuto un’esistenza morigerata attenendosi ai canoni imposti dal proprio credo (cristianesimo, ebraismo e islamismo) o il succedersi di morti e vite che si reiterano mediante quel procedimento “tecnicamente” chiamato reincarnazione che consentirebbe all’anima di incarnarsi in corpi successivi - dopo un periodo di quiescenza nel “limbo” dell’aldilà allorché sopraggiunge la morte - e riprendere a vivere un’esistenza la cui qualità sarebbe determinata dal bagaglio esistenziale accumulato nelle precedenti vite, karma, portando a compimento quanto si era intrapreso in passato, saldando i debiti e i crediti maturati dalla propria anima rispetto a altre; credenza dogmatica appartenente a tutte le in religioni orientali, in particolare induismo e buddismo, non avulsa ai filosofi greci, ad esempio Platone, Plotino, per citare i pià famosi che ne hanno parlato seppure velatamente nelle loro opere.In questi momenti di profonda riflessione, partorita dalla consapevolezza di trovarmi al cospetto di chi a breve svelerà l’arcano appartenendovi, mi dico che le speculazioni filosofiche, per quanto necessarie affinché cresciamo come uomini, sono relative in virtù del fatto che la vita è relativa. Nel momento in cui veniamo al mondo il nostro sacrosanto diritto e dovere è quello di vivere per costruire una società e un futuro migliori, agendo in modo tale che i nostri cari non abbiano a vergognarsi di noi. Custoditi con gioia negli  scrigni dei loro cuori e dei loro pensieri potremmo dire d’essere anche noi immortali, il resto sono solo parole e polvere!