LA VOCE DI KAYFA

IL PONTE DELLE FREGATURE


 Sull'effettiva necessità di costruire il ponte sullo stretto di Messina per collegare la Sicilia al continente, se ne discute da una vita e se ne discuterà chissà per quanto ancora.Ma che nel ddl di stabilità partorito l'altra notte dal governo - quello stesso in cui da un lato si abbatte di un punto l'Irpef sui primi due scaglioni ma poi si aumenta di un punto l'Iva a partire da luglio 2013; si tagliano di oltre 1 miliardo le spese per la sanità, comprese quelle per gli aiuti ai disabili; si effettuano ulteriori tagli alla scuola - si contempli uno stanziamento di 300 milioni di euro per risarcire quelle imprese verso cui lo Stato si era esposto garantendo a loro gli appati per la costruzione del ponte, è davvero paradossale.È giusto che chi assume degli impegni, in questo caso lo Stato italiano, e poi non li onora paghi una penale. Ma è altresì evidente che la rinuncia al ponte è una incondizionata bocciatura per tutti quei politici favorevoli alla costruzione che in tanti anni ci hanno raccontato quanto indispensabile fosse il ponte, quanti benefici avrebbe portato alla Sicilia, malgrado da più parti si facesse notare la negatività che avrebbe avuto sull'impatto ambientale, l'enormità dei costi finali rispetto a quelli presunti sulla carta e quanto alto sarebbe  il rischio che la marea di soldi investiti finisse nelle tasche della ndrangheta e della mafia.In relazione a quel concetto di equità tanto caro al Premier Monti, non sarebbe più giusto che a pagare quest'enorme indennizzo fossero quei politici che, sordi alle ragionevoli e ragionate contrapposizioni di tecnici, ecologisti, geologi, economisti, magistrati e associazioni di cittadini, assunsero l'impegno della costruzione verso quelle imprese che oggi dovranno essere indennizzate con soldi pubblici per la mancata realizzazione di un'opera inattuabile per quegli stessi motivi per cui tanti vi si frapponevano? Non sarebbe questo un bel modo per ripagare gli italiani di tante fregature e punire per evidente incapacità nella gestione della res pubblica chi appaltò?