LA VOCE DI KAYFA

A BALLARò ALFANO OGGETTO D'IRONIA


 Penso che chiunque ieri sera abbia visto Ballarò non ha potuto evitare di nutrire un senso di divertita pietà verso il Segretario del PDL Angelino Alafno, oggetto di battute al vetriolo non solo da parte di Crozza (“Alfano, Cosentino l'ha definita un perdente vincente. Cosa ha fatto di vincente?”); ma anche di Vendola (“in questo caso non sei masochista”) e del Premier Monti (“Devo dire che quando lo vedo insieme al suo capo non è così vivace”. ). Del resto, da quando fu nominato per acclamazione Segretario nazionale del partito da Berlusconi – assoluta anomalia per qualsiasi partito dove il Segretario è eletto per votazione dagli iscritti scegliendolo tra una ridda di candidati – Alfano è sempre stato considerato da molti alla stregua di un fantoccio sottomesso alla totale volontà di Berlusconi. Ad avvalorare questa impressione fu Dell'Utri che lo definì testualmente “senza palle”, rispondendo ad Alfano che in una puntata di Porta A Porta, parlando della composizione delle liste elettorali, attribuiva a lui e agli altri “impresentabili” molti dei mali del PDL. Posizione ribadita dal Senatore quando sostenne che a scegliere i candidati era Berlusconi, ammettendo tacitamente l'ininfluenza di Alfano sulle scelte fondamentali del partito. Senza contare la “farsa” delle Primarie del Pdl, date per scontate da Alfano e poi miseramente naufragate per l'ennesima discesa in campo di Berlusconi. Se, nella non più tanto remota possibilità, il PDL vincesse le elezioni e Alfano venisse nominato Premier - condizione sine qua non imposta dalla Lega per suggellare l'alleanza col cavaliere - mentre Berlusconi si “limitasse” a fare il Ministro dell'Economia, sorgono seri dubbi che a guidare il paese sarebbe Alfano senza l'interposta persona di Berlusconi! In tal caso che peso avrebbe in Italia e, soprattutto, all'estero un Premier/burattino? I capi di governo stranieri si limiterebbero a scambiarsi una risatina ironica parlando di lui o gli riderebbero esplicitamente in faccia disprezzando il paese che rappresenta? “Essere o non essere?”, direbbe Shakespeare.