LA VOCE DI KAYFA

MORTO IL PD, D'ALEMA AL COLLE NON SA DI INCIUCIO?


 In queste ora sono molteplici le ipotesi che circolano su quali possano essere le cause e i responsabili della fine del PD. Tutte sono accomunate dall'assioma che il “terremoto” sia il frutto della lotta tra “bande” scoppiata drammaticamente all'interno del partito dopo la candidatura di Marini alla Presidenza della Repubblica, apparendo a molti una scelta imposta da Berlusconi a Bersani quale condizione imprescindibile per poter poi dialogare su un governo di larghe intese presieduto dall'ormai ex Segretario del PD, come ha confermato la prima votazione che ha visto votare all'unanimità Marini dal centrodestra, impallinato da molti franchi tiratori del centrosinistra in segno di protesta all'offrire le terga al nemico. L'assioma della guerra tra bande troverebbe ulteriore conferma con l'imprevista trombatura nella quarta votazione di Romano Prodi - approvata all'unanimità in mattinata da tutti i grandi elettori del partito – impallinato da 101 franchi tiratori che gli hanno impedito di superare quota 400 facendogli fare una figura barbina agli occhi del mondo intero, determinando le dimissioni della Bindi e di Bersani. Nessuno prende in considerazione la più realistica ipotesi che a sancire la fine del PD sia stato l'inopinato rifiuto di Bersani di appoggiare la candidatura di Rodotà presentata dal M5S preferendogli quella di Marini tanto cara a Berlusconi il quale non ha mai nascosto di volere al Quirinale una figura di garanzia, probabilmente per tutelarsi da eventuali sentenze giudiziarie che lo riguardano puntando alla nomina di senatore a vita. La scelta Marini, apparentemente incomprensibile, bocciata pubblicamente da molti deputati del PD compresa Alessandra Moretti bersaniana di ferro, avrebbe svelato l'esistenza dell'inciucio tra PD e PDL. Scatenando la furia della base con occupazioni delle sedi del PD, lo strappo o il bruciare le tessere del partito da parte di molti militanti. Nell'attimo in cui ciò è avvenuto non si può escludere che molti parlamentari del PD, neodeputati e non, che vivono la politica come missione al servizio dei cittadini anziché come mezzo per far carriera, scoprendosi a loro volta traditi negli ideali da quelle stesse persone in cui avevano riposto fiducia, prima hanno acclamato alla candidatura di Prodi, illudendo la vecchia dirigenza di aver salvato il partito e dunque se stessa riportando in auge il fondatore del PD, e poi l'hanno bocciata nelle urne per dire basta a chi in tutti questi anni a parole indicava in Berlsconi il nemico da combattere ma poi vi faceva accordi sottobanco spartendosi il paese alla faccia di quei milioni di poveracci che votavano PD speranzosi che, una volta nel Palazzo, i deputati del centrosinistra si sarebbero battuti per tutelare gli interessi loro e dei loro figli. Questo spiegherebbe perché in tutti questi anni alle implorazioni di chi gli chiedeva di dire e fare qualcosa di sinistra – vedi Nanni Moretti con D'Alema – i dirigenti del centrosinistra italiano rispondevano con tante parole di circostanza cui non seguivano mai i fatti! Per quanto riguarda Bersani, francamente stupisce l'ostinazione con cui l'ex Segretario abbia preteso di essere lui il Premier incaricato visto che, all'indomani delle elezioni, dopo le consultazioni con il Capo dello Stato, in conferenza stampa ammise candidamente di non avere né un piano B e nemmeno un piano A. In questa condiziona di assoluto offuscamento mentale non era meglio se il Segretario facesse un passo indietro lasciando spazio a chi un'idea nel partito ce l'aveva? Possibile che nessuno dei dirigenti del PD abbia avuto il buonsenso di farglielo presente non immaginando le gravi conseguenze che potevano derivare dal muoversi al buio? Una delle principali qualità che si richiedono a un politico è la lungimiranza. Se il PD è morto, la causa è la totale cecità del suo gruppo dirigente. Da qui sorge il dubbio che, al momento, al vertice del partito di politici veri non ce ne sono! Si parla di D'Alema come probabile nuovo candidato al Quirinale. Siamo certi che proporre alla Presidenza della Repubblica colui che fece la bicamerale con Berlusconi ed è ben visto dal centrodestra non alimenti ulteriori dubbi di inciucio, riaccendendo la rabbia della base che al Colle vedrebbe di buon grado Rodotà? Inoltre, se D'Alema accettasse la candidatura e fosse eletto Presidente della Repubblica, non rischierebbe di essere considerato quale artefice dei giochi sporchi che hanno fatto fuori Bersani, Prodi e portato al collasso il PD? Quanto converrebbe a D'Alema essere additato come lo Iago del centrosinistra italiano?