LA VOCE DI KAYFA

ADDIO ANDREOTTI, STATISTA VERO!


 Com'era prevedibile, la scomparsa di Giulio Andreotti sta alimentando un focolaio di polemiche e illazioni. Motivo la prescrizione per il reato di concorso in associazione mafiosa del senatore a vita fino alla primavera del 1980 e la sua assoluzione per insufficienza di prove per il periodo successivo. Due sentenze che, contrariamente agli entusiasmanti proclami della stampa di parte e dei suoi  amici, non assolvevano Andreotti dall'accusa. Ma essendo il nostro un paese dove la verità è spesso un arbitrato sancito dagli interessi di parte dei media, ed essendo stato Andreotti un mostro sacro della politica italiana, sulle sue vicende giudiziarie si è sempre cercato di gettare acqua sul fuoco. Già questo testimonia l'immenso potere del personaggio. Il quale, bisogna dargliene atto, nel momento in cui sono iniziati i processi a suo carico, non ha mai gridato al complotto della magistratura comunista, né organizzato sit in di protesta sulle scale dei tribunali in cui erano in corso le udienze facendosi passare per martire. Bensì ha sempre mostrato il massimo rispetto verso la giustizia e i suoi rappresentanti. Confidando che, alla fine, la verità si sarebbe affermata. Uno stile quello di Andreotti inimitabile, da gran signore. Che non ha nulla a che vedere con quello di cartapesta di molti attuali pseudopolitici i quali non si fanno scrupoli di sbraitare volgarità pubblicamente, offendere in maniera becera i propri avversari politici, deridere la scarsa avvenenza delle parlamentari dell'altro schieramento, raccontare in consessi istituzionali barzellette che farebbero arrossire perfino uno scaricatore di porto, far passare per nipoti di capi di stato minorenni sbandate frequentatrice equivoche delle loro case. Il dubbio che Andreotti abbia avuto rapporti con la mafia, anche solo per motivi di ragion di Stato, non autorizza a sparlare di lui. Soprattutto ora che non c'è più e non può difendersi. Di sicuro gli va riconosciuto il merito di non averc mai fatto vergognare gli italiani di rappresentarli ogni volta che ricopreva un incarico istituzionale. Il che è un pregio che gli va apertamente riconosciuto. Soprattutto in un epoca in cui la politica italiana è sempre più un'accozzaglia di millantatori che si proclamano sfacciatamente paladini della patria e degli italiani. Senza poi farsi alcuno scrupolo di offendere l'Italia e gli italiani pur di difendere i propri personali interessi. Rendendo i palazzi istituzionali dei bordelli per appagare i languidi pruriti dell'età avanzata. Sicuramente Andreotti non è stato un santo – “i santi stanno in paradiso”, ammoniva Padre Pio chiunque gli attribuisse tale appellativo. Ma come statista ha sempre dimostrato attaccamento alla Patria e alle istituzioni. Non escludendo che nella sua lunga carriera politica non abbia commesso più di un peccato grave (ognuno pecca in rapporto al ruolo e alle occasioni che la vita gli riserva), penso che comunque gli vadano riconosciuti gli onori delle armi. A giudicarlo in terra saranno gli storici. In cielo Dio, se esiste. Noi limitiamoci a levare il cappello al passaggio del suo feretro!