LA VOCE DI KAYFA

CAPACI, 23 MAGGIO 1992 - PALERMO, 23 MAGGIO 2013


Come avevo anticipato nel precedente post, ecco l'articolo di Laura Bercioux sulla manifestazione svoltasi ieri a Palermo per commemorare il 21° anniversario della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Porto di Palermo, 23 maggio 2013. Eccoli. Sono arrivati, sbarcati dalle navi “Giovanni” e “Paolo”: 2.600 tra studenti e docenti venuti da ogni parte d’Italia per partecipare in massa alla commemorazione di una giornata particolare. Una città in movimento. Si respira un’aria diversa. Un’aria che sa di buono, “di pulito”. Vedi l’orgoglio e l’entusiasmo in quei mille sguardi, ispirati e guidati da chi li ha difesi da Cosa Nostra.
Un dono, un messaggio di legalità infinito e forte: lotta alla mafia. Un messaggio limpido da chi, con una morte orribile, profondamente ingiusta, è entrato a far parte nella memoria collettiva: Per non dimenticare mai: I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le loro scorte e le “troppe” vittime cadute per mano di spietati criminali al soldo di invisibili criminali ancora più spietati, oggi  vivono con le loro idee nelle nostre menti e camminano con le nostre gambe. Nostre? Sì, perché chi è dei nostri crede e spera in quel lavoro spasmodico, certosino, infallibile che questi uomini hanno fatto per il nostro Paese. A distanza di ventun’anni da quel 23 maggio 1992 si rinnova l’impegno per la Giustizia... La Strage di Via D’Amelio: Paolo Borsellino che muore pochi mesi dopo con i suoi uomini sempre per mano della mafia. Rimbombano ancora oggi le parole di Caponnetto: "è finito tutto". Oggi quei ventimila ragazzi che hanno sfilato davanti all’albero Falcone,
simbolo della lotta alla mafia, hanno dato un segnalo certo: la legalità e la giustizia sono l’unica cura per il cancro mafia, che oggi, con la crisi che incombe, la corruzione e la mala politica, certamente non sta a guardare. Falcone è stato celebrato ovunque. L’FBI della Virginia lo celebra con un busto all'ingresso della propria scuola a Quantico. Le sue indagini internazionali e quel “metodo Falcone” unico nel suo genere, preso a modello dagli americani, e non solo da loro, per combbattere la criminalità organizzata. Giovanni Falcone e il suo amico Paolo. Storie di amicizia e condivisione. Un’amicizia che li ha uniti anche nella morte. Il processo a Caltanissetta e quella verità che tarda ad arrivare. E sulla pelle l’entusiasmo di questa folla oceanica che ha bisogno di verità. Una società che subisce, tra mille disagi, una crisi senza precedenti dove la criminalità si annida. Leggi che non si fanno, leggi che si disfanno: uno Stato di non diritto, sfracellato da una classe di impuniti e di molti uomini affaccendati alle poltrone. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vittime di una grande solitudine finale: uomini “sacrificati” per la grande rettitudine e coerenza, che non si potevano comprare. Un'anomalia in una società dove si può “comprare”. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non erano “commerciabili”. No, sono andati avanti, soli in quei giorni maledetti, ammazzati da chi li seguiva giorno per giorno, ora per ora, senza nessuna pietà. La morte di Paolo Borsellino, che ha visto spirare l’amico Giovanni tra le sue braccia, che ha aspettato di essere ascoltato. Invano. Quell’agenda rossa da cui non si separava mai e… quella verità che aspettiamo di conoscere. Una bisogno di verità, giustizia e legalità che non sono solo parole: è un’esigenza di una società civile che non è disposta a scendere a patti con l’altra parte: illegalità, scelleratezza, immoralità. La politica invasa e pervasa da fiumi di corruzione. In questo giorno, l’Aula bunker, costruita per il maxi processo, è gremita di studenti, giornalisti, gente qualunque, forze dell’ordine, vittime di mafia. Enorme, gigantesca, immensa.
Le Tribune gremite. Le celle dell’Aula bunker, una volta affollate dai mafiosi, disposte a semicerchio di fronte al lungo tavolo dei giudici, sono vuote ma ti ricordano, inesorabilmente, l'impegno e il sacrificio di quei giudici. La maxi sentenza, la maxi operazione, ergastoli e pene pronunciate da quel tavolo. Le celle e il senso di vuoto.
Quei giudici non ci sono più ma vedere quelle speranze, quei bambini che hanno cantato un testo contro la mafia con il tormentone di gnam Style…no mafia Style, con Fabio Fazio che conduceva la celebrazione e il convegno sulla legalità, rinnova il senso della vita e del dovere civico.
Nando Dalla Chiesa, Pietro Grasso, Maria Falcone, Roberto Saviano, il Ministro Cancellieri, il Presidente Crocetta e gli 800 e più presenti in aula, segnano una tappa della giornata. Per strada ho incontrato una piccola delegazione: 4 ragazzi dell’Istituto di Penale Minorile di Airola, in Campania, appena sbarcati dalla nave Paolo, accompagnati dalle loro insegnanti.
Mi hanno raccontato un po’ delle loro idee di legalità, le speranze di chi delinque perché la Società li ha abbandonati, perché il lavoro e la “bassa manovalanza criminale” li inghiotte senza via di scampo. Le loro insegnanti, che ogni giorni li rieducano ad un futuro migliore: quel “penitenziario” è l’unico posto dove si sentono al sicuro. Questi 4 ragazzi hanno partecipato al concorso indetto dalla Fondazione Falcone con il Ministero dell’Istruzione, proponendo le “20 ragioni” per la legalità. In tutta la Sicilia si sono mobilitati per questo 23 maggio. L’Officina della legalità, davanti all’Aula Bunker, presentava una mostra dei disegni che mano a mano, i giovanissimi e i giovani disegnavano per questi nostri eroi.
Altri studenti e insegnanti, con i loro genitori, sono stati a Corleone, la città dei boss di Cosa Nostra che sparsero fiumi di sangue ammazzando ogni speranza. Corleone è una piccola cittadina, bella, immersa tra monti i e la, campagna; una zona ricca di risorse naturali. Pensare che quel paese è diventato famoso grazie a un pugno di criminali ti lascia senza fiato. Il 23 maggio è una giornata intensa. Dopo il grande evento nell’Aula Bunker dal titolo “Le nuove rotte dell’impegno. Geografia e legalità”- il concorso nazionale che ha visto distribuire borse di studio agli studenti che si sono distinti per l’impegno scolastico - , alle 16 il lungo corteo di gente è partito verso l’Albero Falcone, proprio dove vivevano il Giudice e Francesca Morvillo. Lì si sono radunati tutti. Erano tantissimi, finanche venuti dall’estero, per celebrare il giorno della memoria. L’Albero Falcone, addobbato dai disegni e dai messaggi di tanti, è l’albero di una vita che si rinnova come le idee e le azioni che quegli uomini coraggiosi hanno fatto per noi.
Foto, fiori, peluches, magliette, decorano l’albero dal giorno della strage. E lo stesso accade dove fu ammazzato Paolo Borsellino. Ho incontrato i ragazzi di Addio Pizzo Young. Erano lì, numerosi a rappresentare la lotta al “pizzo”, al racket, che oggi vanta tantissime adesioni di commercianti che hanno detto no alla mafia come disse no Libero Grassi.
Nicolò Fabi ha cantato davanti all’Albero tra i ragazzi e gli ospiti della manifestazione, Pietro Grasso ha chiesto alla folla un momento di raccoglimento: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Paolo Borsellino. Silenzio. Sono le 17,58. Il Trombettiere suona il silenzio e quella folla oceanica si unisce in un atto d’amore con un applauso lungo 21 anni. Sulla strada della legalità spianata da quegli uomini immensi, noi, voi e gli altri raccogliamo i frutti preziosi del loro insegnamento. A Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, a tutte le vittime delle mafie. Laura Bercioux